Il futuro di Destiny

Il futuro di Destiny: cosa accadrà dopo il divorzio tra Bungie e Activision

Lo spettro del passato, le speranze per un domani più roseo: ecco cosa comporta la ritrovata indipendenza degli autori di Halo.

Alla fine è successo davvero: nelle scorse ore, Bungie ha annunciato la risoluzione del contratto decennale che la legava ad Activision per il franchise Destiny e, cosa più importante, è riuscita in ciò che non era stata in grado di fare ai tempi di Halo, ovvero mantenere il pieno controllo del brand. Con questa mossa, la casa di Bellevue torna a essere un team indipendente e si assume tutti i rischi di ciò che verrà in futuro. Se da una parte ciò vuol dire che Bungie riuscirà verosimilmente a trasformare Destiny 3 (o ciò che diventerà il franchise dopo la dipartita di Activision) nel progetto che ha sempre sognato di realizzare, dall’altra c’è il rischio che senza le spalle coperte, Bungie possa fare il passo più lungo della gamba e ritrovarsi in seria difficoltà.

D’altronde, la storia insegna che pur essendo uno dei migliori team in circolazione per quanto riguarda l’originalità dei propri concept, il gameplay e la direzione artistica, Bungie sia rinomata per essere un team davvero complesso da gestire.

Halo: Reach è stato l’ultimo capitolo della saga sviluppato da Bungie prima dell’addio a Microsoft.

Ne sa qualcosa Microsoft, che nel 2007 decise infatti di separarsi dal team che diede i natali alla leggendaria saga di Master Chief affidando il pieno controllo al neonato studio 343 Industries, e anche in quel caso, come sottolinea il reporter Jason Schreier di Kotaku, i dipendenti di Bungie esultarono di fronte all’annuncio della ritrovata indipendenza, proprio com’è stato nelle scorse ore dopo l’annuncio della separazione da Activision e della rescissione dell’oneroso contratto che imponeva lo sviluppo di quattro episodi di Destiny entro il 2020.

LA DIFFICOLTÀ DI CHIAMARSI BUNGIE

È innegabile che i rapporti tra Bungie e Activision non siano sempre stati idilliaci, soprattutto di recente, con il publisher che ha manifestato pubblicamente il proprio disappunto per le vendite inadeguate di un’espansione come I Rinnegati, al contrario particolarmente apprezzata dai fan e dalla stessa Bungie. Oltre alle tensioni dovute alle deadline sempre più serrate, il team di sviluppo ha dovuto spesso fare i conti con una community implacabile e sostanzialmente incapace di comprendere cosa vuol dire davvero creare e supportare con costanza un gioco come Destiny. Si può notare dal modo in cui l’utenza reagisce a ogni novità, piccola o grande che sia: il riscontro medio è sempre uguale, nulla è mai all’altezza delle aspettative, le critiche sono onnipresenti e sviliscono qualsiasi sforzo gli sviluppatori facciano per creare nuovi contenuti.

Certo, Bungie ha commesso (e commetterà ancora) tanti errori, come tanti altri team di sviluppo fanno quotidianamente. È il bello di essere umani: si sbaglia, si cerca di imparare dagli errori e far meglio in futuro. Ma sono pochi i casi di community tanto tossiche quanto insaziabili come quella di Destiny. E questo modo di fare ciò non ha certo aiutato chi, su quel gioco, ha sputato sangue ogni singolo giorno dal 2010.

Un’immagine del primo episodio di Destiny, prima che il copione venisse completamente scartato a pochi mesi dal lancio: qui, il personaggio che sarebbe poi diventato il Principe Uldren era noto come “Il Corvo”.

D’altronde, con Activision alle spalle che martellava gli sviluppatori imponendo loro di rispettare un contratto regolarmente firmato dai vertici della software house e scadenze sì proibitive, ma che il team aveva accettato in fase di negoziazione, non è difficile immaginare che l’aria in casa Bungie non fosse certo delle migliori. Ora però il team si è liberato del fardello che lo opprimeva, dello spauracchio a cui sono state attribuite quasi tutte le colpe per ciò che Destiny è diventato dal lancio del suo sequel Destiny 2. Sulle pagine di Reddit è esplosa la gioia dei fan del franchise, che sperano finalmente di poter mettere le mani sul gioco che hanno sempre sognato. Ci sono però alcune precisazioni da fare, discorsi da prendere in considerazione e riferimenti storici da valutare prima di lasciarsi andare all’entusiasmo.

UN ACCORDO IMPOSSIBILE DA GESTIRE

Sì, è vero: Activision ha certamente forzato la mano di Bungie, spingendo il team ad affrettare le cose in più di un’occasione per rispettare le vetrine di lancio imposte da un contratto che, come potrete immaginare, non ha tenuto minimamente conto di quella che è stata la portata mediatica di Destiny. Probabilmente nemmeno Bungie poteva immaginare il successo e l’interesse che il suo progetto ha poi ottenuto, altrimenti non avrebbe mai firmato un contratto come quello che nel 2010 ha letteralmente condannato a morte certa gli sviluppatori.

Come avrebbe potuto infatti un team come Bungie creare quattro giochi dal 2013 al 2020? Come avrebbe potuto farlo senza avere il tempo di respirare, di imparare dai propri errori e di mettere in pratica il feedback degli utenti? Come avrebbe dovuto farlo, poi, vista l’esigenza di lanciare un nuovo DLC ogni tre mesi e presentarsi, puntuale ogni settembre, con una fantomatica Comet, un contenuto major che avrebbe dovuto mantenere vivo l’interesse tra un capitolo principale e l’altro? Non c’era il tempo, la calma, spesso la lucidità di fare le come come si deve. Il reboot del primo Destiny a meno di un anno dal lancio (motivo per cui l’originale uscirà nel 2014, e non nel 2013) ne è la prova, la stessa opera di reboot a pochi mesi dal lancio di Destiny 2 è la conferma.

La roadmap originariamente stilata da Bungie per supportare il primo Destiny: Plague of Darkness diventò l’espansione nota come Il Re dei Corrotti, mentre di Vex Void si sono perse le tracce. Da Forge of Gods nacque parte del sequel Destiny 2, con tempistiche però decisamente differenti.

Bungie non è mai stato un team rapido nello sviluppo dei suoi progetti, tantomeno nel creare un mondo complesso come quello di Destiny. I suoi strumenti di lavoro, come testimoniato dal libro Blood, Sweat, and Pixels dello stesso Schreier, non erano assolutamente adeguati per la portata di un universo condiviso come quello di Destiny. Per caricare un singolo scenario e apportare una piccola modifica (ad esempio, spostare una roccia di pochi pixel) nel primo episodio, Bungie era costretta ad attendere un’intera giornata perché il caricamento fosse completato, costringendo il team ad avviare questo processo al mattino e attendere il giorno successivo. Un delirio assurdo. Bungie ha poi lavorato a nuovi strumenti, un nuovo engine su cui ha basato il suo sequel e grazie al quale il progetto è approdato anche su PC, liberandosi una volta per tutte del fardello creato su piattaforme old-gen.

MILLE PERSONE NON POSSON BASTARE

Eppure, tutto ciò non è stato sufficiente per alleggerire il carico di lavoro di Bungie, che piuttosto ha portato sulle spalle tutto il peso delle innumerevoli aspettative da parte della community. Con Destiny 2 incaricato di risolvere i (piccoli, ma significativi) problemi del suo predecessore, oltre mille persone si sono impegnate sul franchise con lo scopo di fornire una cadenza più rapida per i nuovi contenuti. Non dimentichiamo, infatti, che il “demonio Activision” ha assicurato a Bungie il supporto di team come High Moon Studios e Vicarious Visions, grazie ai quali i giocatori hanno potuto mettere le mani sull’ottima versione PC di Destiny 2, DLC discreti come La Mente Bellica e un’espansione sensazionale come I Rinnegati.

Nulla di tutto ciò sarebbe successo senza l’ausilio di Activision, e soprattutto non con tempistiche simili. Con la ritrovata indipendenza, Bungie ha ovviamente perso il supporto di questi team e dovrà verosimilmente vedersela da sola per lo sviluppo dei nuovi contenuti (a meno di non voler ingaggiare altri team a supporto del progetto), e Dio solo sa quanto tempo potrebbe impiegare la software house a realizzare DLC ed espansioni che possano soddisfare pienamente la sua utenza senza aspettare degli anni tra un contenuto e l’altro.

Destiny 2
Un artwork di quello che, molto probabilmente, sarà il prossimo contenuto major in arrivo nell’universo di Destiny.

Se proprio vogliamo, anche nel caso della separazione tra Microsoft e Bungie ai tempi di Halo, la casa di Redmond era stata vista come il “demonio” di turno, ma la realtà dei fatti è che il modo di fare dei vertici Xbox manteneva in riga i responsabili di Bungie, e permetteva loro di rispettare le deadline. Bungie ha fallito nel lavorare sotto la guida di Microsoft, ha fallito nuovamente sotto l’egida di Activision, e probabilmente deluderà ancora per il nuovo progetto realizzato con i 100 milioni di dollari offerti da NetEase, publisher cinese specializzato in prodotti mobile col quale Bungie ha stretto un accordo per la realizzazione di una nuova proprietà intellettuale dal nome Matter. Bungie è genio e sregolatezza, ha talento da vendere ed è capace di creare mondi tanto unici quanto affascinanti, ma allo stesso tempo ha un serio problema nella gestione delle risorse, nell’organizzazione e strutturazione del proprio team e nel rispetto delle scadenze imposte dai publisher. Con la scelta di auto-pubblicare tutto ciò che verrà nel futuro di Destiny, Bungie può finalmente lavorare con la proverbiale calma al gioco che ha sempre desiderato, ma forse non ha fatto i conti con le reali difficoltà di ciò che vuol dire essere un team indipendente.

Senza Activision, Bungie dovrà ora occuparsi di tutto ciò che riguarda Destiny, e dunque anche PR, marketing, distribuzione, merchandising e via dicendo. Sì, è vero, verosimilmente Bungie ora guadagnerà molti più soldi dal franchise di Destiny e potrà permettersi di rivedere alcune scelte, si pensi alle microtransazioni dell’Everversum introdotte (perlomeno ufficialmente) con lo scopo di rimodulare parzialmente il contratto con Activision, ma avrà anche più spese da affrontare e sarà costretta a gestire autonomamente un’infrastruttura di rete notevole. E non certo sarà una passeggiata. Al momento ci sarebbero i soldi di NetEase, con cui Bungie può finanziare parte del futuro di Destiny oltre al progetto Matter, ma basteranno 100 milioni per tutto? Assolutamente no. Creare un videogioco tripla-A è diventato estremamente dispendioso, e Bungie potrebbe essere costretta a operare scelte diametralmente opposte per mantenere in vita l’universo di Destiny senza dover ridurre drasticamente la cadenza dei contenuti.

Destiny 2: I Rinnegati - Pass Annuale
Bungie ha assicurato che la roadmap dei contenuti non subirà alcuna modifica, perlomeno fino al lancio di Penumbra (previsto in estate). Ma cosa succederà da settembre?

Personalmente, sarei più che favorevole all’introduzione di un canone mensile sulla falsariga di quanto fatto da Blizzard con World of Warcraft, anche se Bungie dovesse poi scegliere di vendere ogni contenuto a parte, esattamente come succede per il gioco di massa dagli autori di Starcraft e Diablo. Allo stesso tempo, sarei felice di pagare una quota mensile se a ciò corrispondessero delle rivoluzioni in casa Destiny. Niente più progressione numerica (solo “Destiny”, senza più sequel, ma con tutti i contenuti del primo e secondo capitolo in un unico calderone) e nuovi inizi forzati per giustificare l’arrivo di un nuovo episodio; server dedicati (non dimentichiamo che in Italia, a più di un anno dal lancio di Destiny 2, persiste il famigerato errore Cabbage) per tutte e tre le versioni del gioco; infine, due feature fondamentali come il supporto al cross-play, per utilizzare il proprio personaggio su qualsiasi piattaforma si desideri, e l’abolizione di contenuti esclusivi per una particolare piattaforma (sì, dico a te PlayStation).

IL RITORNO DI MICROSOFT?

Su quest’ultimo punto sono abbastanza fiducioso: lo scambio di tweet tra Bungie e Phil Spencer ha lasciato intendere che, dopo settembre 2019 (termine dell’esclusività temporale per tutti gli oggetti introdotti con l’espansione I Rinnegati), Bungie possa finalmente dire addio a una pratica decisamente scorretta per tutti coloro che giocano su altre piattaforme. Io stesso, dopo 2500 ore di Destiny su Xbox One, sono stato costretto a passare su PS4 per non dover attendere ogni volta un anno per mettere le mani su armi, armature e in alcuni casi veri e propri elementi di gioco, si tratti di Assalti o mappe del Crogiolo. Se le parole di Spencer possono servire da indizio, è più che probabile che Bungie possa garantire lo stesso trattamento a tutte le piattaforme.

C’è chi, però, nelle dichiarazioni di Spencer ha visto un possibile ritorno di fiamma tra gli autori originali di Halo e la casa di Redmond, lasciando intendere una possibile acquisizione di Bungie come parte della manovra con cui Microsoft sta rinvigorendo la propria scuderia di team first-party. Personalmente, non credo nelle minestre riscaldate né sono convinto che Spencer sia interessato a rimpiazzare 343 Industries con Bungie, ad assumere il controllo dello shooter come fatto con Minecraft (mantenendo così la natura multipiattaforma) o addirittura a trasformare un titolo come Destiny in un franchise esclusivo per Xbox. Se dovessi puntare su un’acquisizione, lo scenario più accreditato sarebbe probabilmente quello di PlayStation, con Sony storicamente legata al brand Destiny, ma dubito fermamente che Bungie voglia davvero mettersi nuovamente alle dipendenze di qualcun altro a pochi mesi dalla ritrovata libertà.

Più probabile che gli sviluppatori abbiano in serbo una nuova formula con cui si impegneranno a supportare il proprio sparatutto online (e in tal senso, il recente Pass Annuale de I Rinnegati potrebbe essere un primo assaggio di questa strategia) con le proprie forze, per poi adattarsi al feedback dei giocatori assumendosi la piena responsabilità degli sbagli, ma avendo dalla loro il pieno controllo creativo di ciò che sarà il prossimo capitolo (o espansione, se Bungie sceglierà di abbandonare la progressione numerica e creare un singolo gioco che si evolve nel tempo). Dopo la delusione di Destiny 2, un gioco che di certo non è stato all’altezza dell’opera originale seppur con qualche sprazzo degno di nota, Bungie non può che migliorare. Non ha più Activision alle spalle a insistere per un gioco più casual o che possa essere il nuovo punto di riferimento per gli amanti degli eSports. Dalla sua ha un universo affascinante e uno dei gameplay più magnetici, coinvolgenti e riusciti dell’ultimo decennio. Ma allo stesso tempo, non può più permettersi di sbagliare: d’ora in poi non ci sarà più nessuno a proteggerle le spalle, più nessuno a prendersi tutte le colpe al posto suo.