Cookie Cutter

Non sarà una recensione, nonostante possa sembrarlo o dovrebbe esserlo. Ogni tanto sembra possa comparire un articolo tra le pagine di VGN e il pretesto, questa volta, è la voglia e il desiderio di parlare di Cookie Cutter ma non solo di questo.

Cookie Cutter è un videogioco da poco disponibile per PC e Console sviluppato da Subcult Joint LTD che vi mette nei panni di un androide capace di spingersi oltre ogni suo limite pur di portare avanti la sua causa. La memoria potrebbe andare a richiamare un collegamento al buon vecchio T800 del primo film di Terminator che nella parte finale sembra non voler conoscere la morte e continuare a rincorrere la sua missione e il povero John Connor anche se oramai il suo corpo e i suoi pezzi sono sempre meno presenti. La stessa determinazione la troviamo in Cookie Cutter e nel suo team di sviluppo capitanata da Stefano Guglielmana. La sua storia è raccontata in maniera breve ma intensa in un documentario di Emanuele Malloru (@emalloru) che nei 15 minuti di celebrità tanto cari ad Andy Warhol sintetizza, anzi concretizza, la realizzazione di un sogno, quello di Stefano, o forse quello di Cherry.


Si, forse gli androidi sognano, o quantomeno Cherry lo fa, vogliamo crederlo. La sua dirompente personalità, il suo modo di fare, di agire e reagire e tutto quello che traspare giocando nei suoi panni la rende viva, la rende umana, la rende intensa.

Cookie Cutter, se ne vogliamo parlare è quello che potrebbe essere definito come un Metroidvania con una spruzzata di Action RPG. Cherry probabilmente inizierebbe già ad odiarci per aver definito il suo gioco e averlo incasellato con una serie di termini che lo piazzano in determinati settori di interesse o di mercato.

Per una volta liberiamoci da tutto questo. Per una volta torniamo indietro nel tempo a quando si compravano a scatola chiusa i giochi giudicandoli dalla copertina o dalle foto sul retro (magari prese dalla versione Arcade per poi rifilarci una povera conversione a 16 colori scelti a caso dalla palette). Lasciamo indietro le definizioni, i video gameplay, le recensioni, i trailer, i tweet (o gli X’s?) i voti e tutto quello che fa “trend” ora. Andiamo invece a vedere il video documentario di cui si parlava poco fa.

Per una volta a parlare del gioco lasciamo che sia la sua storia e la passione di chi c’è dietro ad esso nel realizzarlo, scopriamo come un team formato inizialmente da una persona possa riuscire a realizzare quello in cui crede, un prodotto che forse non nasconde una sorta di citazionismo autobiografico.

Non è necessario essere pazzi o diversi per giocare a Cookie Cutter; il divertimento non ha nessuna obiezione in merito. Il vostro stato sociale non influenzerà le vostre capacità, e non sarete giudicati da Cherry, che vi dirà gentilmente solo: “NON SONO LA VOSTRA FOT**TA WAIFU“. Mettendo le cose in chiaro, avrete ormai capito che questa non è una recensione del gioco (ma vi avevamo avvisato), è solo un breve articolo con la pretesa di portare alla conoscenza del popolo videogiocatore (ma non solo) un mondo e delle persone che si portano sulle spalle un desiderio che diventa ossessione, una passione che diventa alienazione, un amore incondizionato e viscerale verso una piccola cosa che cresce piano piano dentro alla nostra mente in silenzio. E quando quel silenzio diventa troppo forte, troppo assordante, quando è impossibile non sentirlo più, è proprio in quel momento che tutto questo deve emergere in qualche modo o deve essere aiutato ad emergere, come in questo caso ha fatto Stefano con Cookie Cutter, Emanuele Malloru con Stefano o Cookie Cutter con voi.

Consentitemi ora di concludere con una citazione che porta ad un’altra citazione:

“Derek dice che bisogna sempre terminare una tesina con una citazione, dice che c’è sempre qualcuno che ha detto una cosa nei migliore dei modi, perciò se non riesci a fare di meglio, ruba da lui e farai la tua figura. Ho scelto una citazione che penso le piaccia: “

Una volta che avremo completato l’opera, nessun test potrà mai garantirci che ne abbiamo creato la versione migliore possibile. Queste qualità non sono misurabili. I test servono a identificare la versione migliore tra quelle proposte.
Non importa quale strada hai preso: se hai completato il viaggio, arriverai alla stessa destinazione. Ovvero a un’opera che non vedi l’ora di condividere. Un’opera che, guardandoti indietro, ti chiederai con stupore come hai fatto a crearla tu.

L’atto Creativo: Un modo di essere – Rick Rubin