Gears of War: lungo i passi di un gigante

Un viaggio alla scoperta dei cinque capitoli della saga creata da Epic Games e passata nelle mani di The Coalition.

Vi ricordate il novembre 2006, i primi freddi e le t-shirt con i loghi dei nostri videogiochi preferiti che venivano coperte da felpe sempre più pesanti mano a mano che si avvicinava sul calendario la data di uscita di Gears of War? Se ne era parlato tanto, tantissimo di quel gioco. Un nuovo brand, un’esclusiva tutta per Microsoft che, in quel momento, stava vivendo un anno sensazionale con la sua Xbox 360, nonostante i tanti problemi iniziali dovuti al Red Ring of Death delle prime versioni, nonché dal caos generato dalle tante repliche della stessa macchina (Core, Arcade, Pro, con o senza hard disk, hard disk o memory card obbligatoria, Elite…).

Un anno dopo l’uscita sul mercato dell’iconica console bianca, arrivò a farle compagnia un titolo che prometteva tanto, tantissimo e che adottava un’insolita visuale in terza persona, capace di mettere tutti d’accordo senza riserve, da invidiare a tal punto da spingere i giocatori ad acquistare una Xbox 360 a caso pur di giocarlo e comprare un abbonamento Xbox Live per giocarlo in rete.

Core (Arcade), Pro, Elite.

Accompagnato dalle stupende parole di Mad World della band inglese Tears for Fears ma riprese in una cover della canzone a opera di Gary Jules, il trailer di Gears of War è un minuto di distruzione, speranza, fuga, combattimento e buio. Racchiude tutto ciò che troveremo nel gioco, rassegnazione, malinconia, evasione, abbandono, e lascia spazio con una dissolvenza finale a tante domande e forse poche speranze.

Le informazioni correvano veloci ma non tanto quanto oggi in quel 2006, quando pochi fortunati avevano avuto modo di vedere il gioco in azione ai World Cyber Games (che in quell’anno si erano tenuti a Monza) ed era riuscito a rubare qualche scatto del gioco con il suo futuristico cellulare Nokia e la parola iPhone non esisteva.

TUTTO POTEVA “ANCORA” SUCCEDERE

Il gioco poteva rivelarsi un totale fallimento o essere invece agli occhi del mondo intero come un titolo capace di far tremare la terra come le stesse Locuste durante un attacco. Improvvisamente tutto tremò: chi era in piedi cercava appoggio con le mani sullo schienale della sedia di chi, invece, completamente proteso in avanti con schiena e gomiti sulle ginocchia, cercava un supporto migliore per prendere la mira e non si era accorto di quella invasione di massa proveniente dal sottosuolo. Maledette Locuste.

Fine della demo. Buona questa. Tutti a bocca aperta. Rullo di tamburi. Sipario.

Pochi mesi più tardi, il gioco esce nei negozi. “È il miglior Gears di sempre”, usando una nota citazione. Facile esserlo quando sei l’unico sul mercato, dicono in coro le Locuste; ma il gioco si rivela veramente unico, graficamente è impressionante sotto ogni aspetto, la direzione artistica non smette di essere una continua sorpresa e ogni livello è capace di spingersi oltre al precedente per trama e spettacolarità.

Atto 3: la pancia della bestia, uno dei temporali più spettacolari e spaventosi mai visti, la squadra Delta è comunque pronta ad affrontare qualsiasi cosa. Che lo abbiate giocato da soli o in cooperativa su Xbox Live, Marcus e Dom sono lentamente diventati i vostri migliori amici, fratelli. Così come gli altri personaggi che mano a mano vanno a impreziosire storia e trama della serie, menzione particolare ai fratelli Carmine.

Tutto in Gears of War funziona alla perfezione: il piccolo suono del checkpoint, quasi una campana che suona in lontananza come un cupo eco, il menu iniziale e la sua melodia appena accennata, mentre le fiamme bruciano e il Crimson Omen viene impresso nella nostra mente come simbolo di una saga che, anni più tardi, continua a scuoterci di ansia e trepidazione.

Gears si è evoluto, episodio dopo episodio, costantemente. Ha saputo diventare ancora più spettacolare, brutale, cattivo e romantico di prima. Ci ha raccontato storie di amicizia profonda e di amore, ci ha fatto divertire e ci ha regalato inedite modalità online che hanno dettato nuovi standard per l’industria.

DOVE C’È DELTA C’È CASA

Gears ci ha regalato momenti da fiumi di lacrime, attraverso il racconto della storia di Marcus, Dom e dei loro compagni d’armi. Lentamente la lore si è ampliata e abbiamo conosciuto retroscena sempre più intensi e nuovi personaggi hanno fatto capolino nell’immenso universo di Gears. La piccola squadra Delta è diventata la nostra casa e il Lancer una delle armi più iconiche nel mondo dei videogiochi.

“Siamo la Squadra Delta, stronza hai capito! A voi vermi del cazzo vi rompiamo il culo, ve lo rompiamo davvero, capito! Andrete a piangere dalla vostra regina madre dicendo: Oh mammina, gli uomini cattivi ci vogliono far male! Vaffanculo! Rompiamo il culo anche alla vostra regina madre, sì!”– Cit. Augustus Cole (detto “il Saggio”)

Il malinconico (ai limiti della perdita delle speranze) viaggio della squadra Delta viene, trailer dopo trailer, descritto in maniera sempre perfetta accostando musiche come How it Ends dei DeVotchKa prima e Heron Blue dei Sun Kill Moon dopo. La discesa dei nostri paladini sottoterra nel trailer del secondo episodio lascia presagire a qualcosa di tragico e nel successivo episodio Dom viene mostrato come completamente privo di ogni speranza, desideroso solo di lasciarsi morire. Marcus fortunatamente interviene in suo aiuto e nell’aria piena delle ceneri di migliaia di esseri umani sacrificati, gli getta un’arma e lo riporta a combattere. Con le speranze di sopravvivenza della razza umana ormai in netto declino e l’esercito che inizia a contare sempre più perdite, si fa avanti Anya Stroud che passa a combattere in prima linea, abbandonando il suo ruolo di coordinatrice delle operazioni.

VERSO UNA NUOVA GENERAZIONE

Ci ritroviamo così dentro un quarto capitolo che, accantonato lo spin-off Judgement, passa il testimone alla generazione su console successiva. Con le note della spettacolare Sound of Silence suonata dai Disturbed, ritroviamo Marcus intento a piantare un albero mentre Anya incoraggia un piccolo JD a correre incontro al padre per aiutarlo.

Marcus, Anya e il piccolo JD.

Quell’albero verrà abbattuto anni dopo e un JD adulto sarà il protagonista del quarto capitolo della serie. Un capitolo che, pur non stravolgendo troppo i cardini della saga, ha saputo dimostrare il talento di The Coalition e che raccogliere il testimone di Epic Games era possibile in modo decisamente più degno rispetto al controverso esperimento di People Can Fly con Judgment. Uno shooter che ha saputo introdurre nuovi personaggi, alcuni più interessanti di altri (sì, JD, dico a te), ma che non ha potuto fare a meno di coinvolgere le i protagonisti di un ingombrante passato.

Oggi, tre anni dopo, siamo pronti a tornare a combattere in Gears 5, privato del suffisso “of War” ma non delle qualità che hanno reso spettacolare e sopra le righe questa saga.