Daymare: 1998

Il survival horror italiano si prepara a mettere a dura prova anche i giocatori di PlayStation 4 e Xbox One.

Ne hanno fatta di strada i ragazzi di Invader Studios dal nostro primo incontro con Daymare: 1998, avvenuto durante la Milan Games 2017. Quello che doveva essere una sorta di remake di Resident Evil 2, poi trasformato in un titolo che gli sviluppatori italiani hanno saputo modellare a modo loro, anche grazie all’aiuto di Capcom che aveva di fatto bloccato il progetto amatoriale degli sviluppatori italiani. Che Daymare: 1998 avesse tutte le carte in regola per farsi notare tra i tanti progetti indipendenti era emerso anche nell’intervista con Michele Giannone (coofondatore di Invader Studios) che abbiamo realizzato oltre due anni fa.

Lo scorso 17 settembre Daymare: 1998 ha debuttato su PC, ottenendo tutto sommato un buon riscontro da parte della critica e del pubblico che hanno apprezzato l’impegno del team di sviluppo italiano. Sette mesi dopo, tra l’altro a poche settimane dall’uscita del remake di Resident Evil 3, il titolo sviluppato e pubblicato da Invader Studios è arrivato anche su PlayStation 4 e Xbox, un motivo che ci ha spinto a occuparci nuovamente di questo interessante survival horror.

GLI OSCURI SEGRETI DI KEEN SIGHT

In Daymare: 1998 tutto ha inizio con il recupero di una segreta, quanto letale, arma chimica da parte di uno degli agenti speciali H.A.D.E.S. chiamato a investigare sul misterioso incidente che ha messo a repentaglio la sicurezza di un centro di ricerca. Successivamente entreranno in scena una guardia forestale affetta da disturbi psichici che causano all’uomo visioni inquietanti e un pilota di elicotteri, con i tre protagonisti che dovranno fare il massimo per sopravvivere affrontando creature deformi piuttosto aggressive.

Tra qualche colpo di scena, concatenazioni di eventi e qualche di troppo, l’intero fulcro narrativo ci porta dunque a conoscere il trittico di personaggi che si ritroverà ben presto a combattere contro gli orrori di Keen Sight, una cittadina che nasconde oscuri segreti. Il compito di approfondire il contesto di gioco viene affidato alla grande quantità di documenti e cassette audio da recuperare all’interno di centri di ricerca, ospedali e lungo le vie di una città che ospita innumerevoli pericoli. Più in generale il comparto narrativo si dimostra sufficientemente interessante, pur non mascherando alcuni difetti di scrittura attribuibili anche alla poca esperienza maturata dal team di sviluppo.

LA PAURA FA (ANNI) 90

Fatta eccezione per il comparto grafico, Daymare: 1998 è dal punto di vista videoludico figlio degli anni ‘90, tanto da risultare un’esperienza che si può tranquillamente definire hardcore. Non solo per una difficoltà di per sé piuttosto impegnativa, ma anche per alcune scelte di gameplay che ricordano da vicino capostipiti del genere survival horror come Resident Evil e Silent Hill. In tal senso l’adozione di un dispositivo elettronico digitale dal polso funge da inventario, permette di controllare la mappa o lo stato di salute dei personaggi, oltre a catalogare tutti i documenti o le registrazioni audio raccolte, il tutto accessibile senza interrompere il flusso di gioco.

Tuttavia ci sono dei punti di rottura che conferiscono alla produzione italiana il merito di provare a cambiare le carte in tavola, nonché aggiungere una buona dose di strategia nell’arduo compito di sopravvivere alle deambulanti creature di Keen Sight. Una delle caratteristiche di gameplay che mi aveva colpito la prima volta che ho provato Daymare: 1998 era la possibilità di effettuare una ricarica rapida, lasciando cadere a terra il caricatore che andrà recuperato in un secondo momento, oppure eseguire quella lenta in cui il caricatore verrà riposto nuovamente nell’inventario. Chiaramente ci sono situazioni in cui perdere tempo per effettuare una ricarica lenta può portare ad avere grossi problemi nel caso si venga attaccati da più creature, senza dimenticare che i caricatori andranno poi caricati manualmente, una caratteristica che permette inoltre di riempirli con speciali proiettili a punta cava in grado di infliggere sostanzialmente più danni.

L’impostazione tipicamente old school di cui vi parlavamo si presenta anche con una visuale in terza persona posizionata all’altezza delle spalle e un sistema di movimento piuttosto (e volutamente) pesante, in cui sprintare consuma energia, così come l’attacco corpo a corpo che si rivela particolarmente utile per stordire le creature nemiche. L’aggiunta di particolari oggetti (chiamati additivi) da combinare è un altro di quegli elementi presi in prestito dalla saga a cui Daymare: 1998 si ispira, permettendo ai giocatori di avere dei temporanei bonus di salute, percezione mentale (utile per cercare oggetti in giro) e stamina per correre più a lungo. Sparsi in alcuni edifici troviamo poi dei terminali che si rivelano particolarmente utili per depositare oggetti o barattarli in cambio di altri, anche se non si tratta mai di uno scambio alla pari vista la richiesta proibitiva di certe preziose risorse come i cavi per eseguire tentativi di hacking o siringhe per curarsi.

PUZZLE ENIGMATICI

Salvare la pelle è uno dei punti cardine dell’esperienza, ma non l’unico elemento che conferisce a Daymare: 1998 un certo spessore dal punto di vista del gameplay. Risolvere i diversi puzzle ambientali fa da raccordo tra le sessioni più action e quelle in cui azionare il cervello per poter proseguire, anche se talvolta non sempre è facile venirne a capo. Si va dalle combinazioni da trovare per sbloccare lucchetti di armadietti, contenenti preziose munizioni e consumabili di vario genere, a valvole di sicurezza da far ruotare correttamente, oltre a leve e pulsanti da azionare seguendo un preciso ordine. Questo comporta in diverse occasioni un benevolo backtracking tra luoghi già esplorati in precedenza che non stempera la tensione, ma anzi viene arricchita da altri pericoli che si annidano nuovamente dietro l’angolo. Oggetti da recuperare come tesserini e password o sequenze da inserire chiudono il cerchio di un aspetto del gameplay davvero sorprendente, che omaggia sentitamente la saga survival horror per eccellenza.

Ecco, a tal proposito il team di sviluppo si è sbizzarrito nell’inserire un vasto numero di citazioni e riferimenti propri nel corso della decina di ore necessarie per arrivare ai titoli di coda di Daymare: 1998. Sorvolando sulle statuette dei cervi da distruggere, è possibile scorgere elementi che rimandando al survival horror giapponese, che come avrete ben capito è stato di fondamentale importanza per i ragazzi di Invader Studios, ma anche alla cultura pop degli anni ‘90 e quella videoludica, con tanto di cabinati, console e locandine di film che attireranno le attenzioni dei giocatori più attenti. Da segnalare anche la simpatica presenza di riferimenti verso Invader Studios, con alcune foto che ritraggono i componenti del team di svillupo, segno che Daymare: 1998 è stato realizzato con tanta passione e anche una sana dose di divertimento.

SULLE ORME DI NEMESIS

Daymare: 1998 di certo non muta la classica formula dello zombie vista e rivista dai tempi di Fulci e Romero, bensì si adegua alla stregua di quelle produzioni che hanno preceduto il survival horror di stampo italiano. I pericoli che infestano i luoghi in cui si consuma l’orrore sono affetti dalla cosiddetta “sindrome di Daymare” che ha trasformato i cittadini di Keen Sight in esseri aggressivi e deambulanti, capaci talvolta di muoversi anche più rapidamente di quanto ci si può aspettare. In determinati frangenti occorrerà anche fronteggiare una sorta di boss secondari che, una volta dilaniati, andranno a rimpolpare le fila dei comuni nemici presenti in grosso numero negli scenari di gioco.

Il problema in questi scontri è che non sono state ideati in maniera tale da sfruttare particolari meccaniche o punti deboli, se non in occasioni più uniche che rare. Ci si limita quindi a crivellare di piombo creature deformi decisamente più resistenti delle altre, facendo particolare attenzione a non essere investiti da getti d’acido particolarmente dannosi per la salute dei propri alter ego digitali. Qualche variazione sul tema avrebbe fatto piacere, in ogni caso lo studio di sviluppo romano farebbe bene a prendere appunti per il futuro, qualora prossimamente decidano di regalarci una nuova esperienza horror.

COMPROMESSI GRAFICI

L’aspetto in cui l’opera prima di Invader Studios mostra dei limiti anche piuttosto evidenti è il comparto tecnico che anche su console, per ragioni di budget e il basso numero di persone (una decina) coinvolte nel progetto, non brilla di certo per una realizzazione ottimale. Il riferimento è alle texture che non sono poi così rifinite, ma a destare qualche perplessità sono anche alcune animazioni facciali e sporadici bug grafici che ogni tanto fanno capolino, mentre un buon uso dell’Unreal Engine 4 ha permesso quantomeno di ricreare animazioni non impeccabili ma almeno funzionali.

Qualche calo di frame rende ancora meno fluido il flusso delle sessioni più movimentate, volutamente “pesanti” per restituire ai giocatori quel feedback sperimentato agli albori di serie storiche proprio come Resident Evil. Ovviamente durante il mio peregrinare tra gli edifici e le strade di X non mi sono soffermato più di tanto a scrutare ogni singola texture nel dettaglio, proprio perché bisogna considerare la natura di un progetto indipendente che punta più sul contenuto che sulla forma, e ciò si traduce in un minore impiego di risorse sul versante grafico.

Se Daymare: 1998 paga dazio a causa di una realizzazione tecnica di certo non esaltante, l’atmosfera generale che si respira riesce a rendere giustizia a un survival horror che non lesina situazioni ansiogene e qualche jump scare particolarmente riuscito. Ci si è affidati naturalmente a espedienti che ricorrono spesso nelle produzioni che affrontano tematiche simili, come neon intermittenti o scie di sangue che si propagano su muri e pavimenti, tanto da mettere in scena un buon level design che ha il merito di trasportare i giocatori all‘interno di scenari lugubri e malsani.

Rumori sinistri e sviolinate da brivido sono parte di una colonna sonora che svolge più che dignitosamente il suo lavoro, quello di non allentare mai la tensione neppure per un momento, alimentando la tensione ogni qual volta si ascolta l’angosciante lamento di qualche creatura abietta. Il doppiaggio in inglese fa il suo lavoro senza infamia e senza lode, ma anche in questo frangente non bisogna dimenticare la portata di un titolo che rappresenta comunque il debutto ufficiale di Invader Studios in questo settore, con tutte le mancanze che ne conseguono anche sotto il profilo sonoro.

Daymare: 1998
GIUDIZIO
Il debutto di Invader Studios con Daymare: 1998 (anche) su console è certamente positivo e lascia intravedere quelle che sono le potenzialità dello studio indipendente italiano. Il survival horror in questione si propone come un buon titolo che, nonostante una realizzazione tecnica quantomeno discreta, omaggia il genere di appartenenza riportando in auge lo stile e i dettami dalla scuola nipponica degli anni '90. Qualche errore di gioventù è presente in diversi aspetti della produzione, soprattutto quelli di contorno, ma non mancano un paio di idee interessanti applicate a un gameplay piuttosto solido e godibile, ma che non potrebbe piacere a tutti. Se avete già spolpato i due remake di Resident Evil, e non ne avete avuto abbastanza di zombie e creature orripilanti, allora Daymare: 1998 potrà essere il survival horror che fa al caso vostro, soprattutto se siete grandi fan del genere e volete supportare una produzione videoludica orgogliosamente italiana.
GRAFICA
7
SONORO
7.2
LONGEVITÀ
7.4
GAMEPLAY
7.7
PRO
Un sentito omaggio ai survival horror old school
Alcuni spunti di gameplay molto interessanti
L'atmosfera opprimente di Keen Sight
CONTRO
Tecnicamente non impeccabile
Boss fight ripetitive e poco accattivanti
La trama vive di alti e bassi
7.3