Lo scorso 30 maggio, a ormai pochi giorni di distanza dall’E3 2018 di Los Angeles, il famoso palcoscenico a cui sono ormai da anni riservati tutti i maggiori annunci da qui alla fine dell’anno (e non solo), Nintendo e The Pokémon Company hanno sorpreso tutti tenendo una conferenza improvvisa in quel di Tokyo, durante la quale, assieme ai rumoreggiati Let’s GO Eevee & Pikachu, è stato annunciato anche Pokémon Quest, inedito gioco di ruolo free-to-start immediatamente disponibile per Nintendo Switch e che vedrà la luce entro il prossimo mese anche su dispositivi iOS e Android.
Incuriositi dal video di presentazione, abbiamo deciso di affrontarne le prime ore di gioco e di gettare un po’ di luce sulla prima avventura “mobile” di Game Freak.
UN’ESTATE AL MARE
Pokémon Quest prende vita nello scenario offerto dall’Isola Cubetti, spigolosa perla di un mare sconosciuto su cui il giocatore, novello deus ex machina, approda senza apparente motivo. Che abbiate deciso di passare le vacanze estive vagando per una landa popolata di Pokémon o impugnando il vostro Switch, poco importa: sull’Isola Cubetti il sole splende di continuo e la vostra unica preoccupazione sarà quella di condurre un manipolo di mostriciattoli a dar battaglia all’ignara fauna locale.
Non appena avviamo il gioco corre in nostro aiuto un ottimo tutorial, che per i primi minuti ci guida passo dopo passo alla scoperta delle meccaniche di gioco che, seppur immediate, offrono un numero di opzioni piuttosto vario per un gioco destinato a smartphone e tablet.
Le aree disponibili sono essenzialmente due: la Base, che funge da HUB e dalla quale possiamo avere una visuale generale sulla nostra squadra di Pokémon e che potremo arredare con decorazioni ottenibili durante l’avventura, e l’Isola Cubetti, il mondo di gioco vero e proprio, diviso in dieci aree da affrontare in successione, le quali offrono a loro volta una serie di livelli da completare prima dello scontro con il boss finale.
UN AROMA PER SCOVARLI
Per farlo avremo bisogno di una squadra quanto più variegata e versatile possibile, perciò, dopo aver scelto, come da tradizione, il nostro “Pokémon Starter”, il nostro drone guida ci porta alla scoperta delle prelibatezze dell’isola, mettendo a nostra disposizione un bel pentolone attraverso il quale preparare una serie di leccornie volte ad attirare nuovi Pokémon che possano unirsi alla nostra causa, qualunque essa sia. Ovviamente cucinare richiede del tempo che tuttavia in questo caso non viene misurato dall’incessante scorrere dei secondi, ma dai turni passati a combattere, i quali possono variare sia in base alla complessità della ricetta che del pentolone utilizzato, ma che vengono evidenziati chiaramente da un’apposita icona all’interno della nostra base. Per questo motivo è sempre molto importante ricordarsi di preparare una ricetta prima di gettarsi nella mischia. Una volta soddisfatto il numero di turni passati a lottare nell’isola, potremo scoperchiare la nostra creazione e vedere quali esseri abbia attirato grazie ai propri aromi.
I turni di lotta si svolgono in maniera piuttosto semplice: la propria squadra, formata da tre Pokémon, si muove autonomamente per i livelli verso il gruppo di Pokémon più vicino, mentre al giocatore spetta il compito di scegliere quali mosse speciali mettere a segno e soprattutto di farlo con il giusto tempismo. Ogni mossa prevede infatti un preciso periodo di ricarica, durante il quale il proprio Pokémon resta in balia degli avversari: sprecare un attacco a vuoto con un pessimo tempismo può quindi rivelarsi deleterio, soprattutto durante le fasi più critiche. Fortunatamente il sistema di controllo si rivela assolutamente immediato, per cui dopo un’inevitabile fase iniziale in cui anche il più becero button mashing riesce a portare a casa il risultato, si è a poco a poco portati nella giusta direzione e a scegliere con cura e rapidità le mosse da mettere a segno.
Sotto questo punto di vista il tipo di input utilizzato non cambia troppo l’azione: se usare il touchscreen si rivela la soluzione in assoluto più intuitiva, anche Joy-Con alla mano è possibile muoversi con rapidità e precisione tra le mosse, assegnate in maniera predefinita ai tasti X e Y, o tra i Pokémon mediante l’utilizzo della croce direzionale. È inoltre possibile attivare l’attacco automatico che tuttavia ci sentiamo di sconsigliare vivamente: l’intelligenza artificiale che governa i Pokémon, già di per sé piuttosto approssimativa, fa più danni di quanti ne risolva, mentre il divertimento derivato dalle battaglie si azzera del tutto trasformando Pokémon Quest in un mero titolo gestionale.
QUESTIONE DI NUMERI
Oltre alla culinaria e ai combattimenti, l’avventura di Game Freak propone un lato ruolistico che, per quanto abbozzato, riesce a donare quel pizzico di varietà alla progressione che permettere di perdere qualche manciata di minuti navigando tra statistiche e potenziamenti che faranno la felicità dei giocatori più smaliziati, senza per questo rendere il tutto eccessivamente macchinoso. Le statistiche si dividono infatti in Punti Salute e Attacco, i quali determinano da una parte la resistenza alle bordate avversarie e dall’altra la potenza combattiva dei propri mostri. Queste statistiche sono dettate sia dalle doti innate di ogni creatura, sia dalle cosiddette “pietre P”, amuleti che si raccolgono nel corso dei livelli e che consentono di potenziare i nostri amici digitali.
Naturalmente tali amuleti si dividono in classi, e possono fornire effetti secondari che vanno al di là del semplice aumento delle statistiche base e che rimandano ad alcuni canoni della serie principale, come i brutti colpi o la velocità di movimento, passando per il tempo di ripresa da un KO. Sfruttando i combattimenti in tempo reale, gli sviluppatori hanno infatti deciso di permettere ai Pokémon di rimettersi autonomamente in sesto anche dopo aver esaurito le energie, a patto ovviamente di attendere il tempo di ricarica necessario. Il sapore amaro della sconfitta si assaggia unicamente quando tutti e tre i Pokémon sono esausti contemporaneamente. Chi teme che questo renda le cose eccessivamente semplici può stare tranquillo: affrontare con una squadra eccessivamente debole i livelli più avanzati porta comunque a un’ingloriosa debacle. Questa meccanica consente però di uniformare i livelli dei Pokémon e dona una minima dose di profondità tattica sia agli scontri che alla scelta dei componenti della squadra. Se a questo aggiungiamo il fatto che, in caso di vittoria, i Pokémon esausti ottengono comunque gli stessi punti esperienza dei compagni sopravvissuti, portare a spasso un Pokémon debole negli scenari più difficoltosi per farlo aumentare di livello diventa a conti fatti una possibilità che i giocatori più scaltri sapranno sfruttare immediatamente.
Naturalmente, vista la natura mordi e fuggi del titolo, i ragazzi di Game Freak hanno pensato anche ai giocatori più pigri inserendo un’opzione, chiamata “Sparring”, che permette di far combattere tra loro i Pokémon che vivono nella nostra oasi. In seguito al combattimento i Pokémon sconfitti si allontaneranno dalla Base, rendendo quest’opzione di allenamento un modo comodo e proficuo per sbarazzarsi di eventuali “doppioni” nella nostra preziosa collezione. Infatti gli slot a nostra disposizione non sono purtroppo infiniti, per cui a un certo punto diventa inevitabile dover scegliere cosa tenere e a cosa rinunciare, sia che si tratti di Pokémon che di pietre P. Se i primi possono essere usati per allenare gli altri mostri, le pietre P possono invece essere trasformate in ingredienti per i nostri intrugli attira-selvaggina, facendo contemporaneamente spazio nell’inventario.
FREE-TO-START
Se state già sudando solo all’idea di scegliere tra due Pokémon o tra qualche pietra preziosa, non preoccupatevi: anche Pokémon Quest dispone della propria moneta virtuale, chiamata PM, e del proprio Pokémon-Market, nel quale poter acquistare decorazioni, espansioni per l’inventario o interi contenuti aggiuntivi. Questi ultimi forniscono dei kit di esplorazione che consentono di acquisire immediatamente un gran numero di PM, decorazioni e spesso anche Pokémon da aggiungere alla propria collezione ma che possono essere acquistati solo in valuta reale.
La notizia positiva per chi non voglia spendere moneta sonante è che praticamente tutti gli oggetti possono essere acquisiti semplicemente armandosi di tanta pazienza e proseguendo nell’avventura. Ogni ventiquattr’ore vengono infatti elargiti 50 PM quali bonus fedeltà, mentre altri, sebbene in numero inferiore, possono essere ottenuti completando un gran numero di obiettivi relativi ai Pokémon sconfitti, acquisiti, alla potenza dei mostri o addirittura alle pietanze preparate. Tali PM sono fondamentali non solo per accaparrarsi nuovi oggetti e potenziamenti ma anche per proseguire nell’avventura. Ogniqualvolta si parte per una lotta si consuma una tacca delle cinque che compongono la batteria esplorativa. Una volta esaurite tutte e cinque le tacche possiamo attendere che queste si ricarichino (una ogni mezz’ora) oppure spendere 25 PM per ricaricarla subito e completamente.
Per darvi un’idea delle tempistiche, sappiate che per esaurire la batteria esplorativa bastano circa trenta minuti di gioco, una volta passati i quali si può godere di un ulteriore round grazie al tempo appena trascorso. All’inizio dell’avventura i PM bonus sono sufficienti a trascorrere sessioni di gioco lunghe anche un paio d’ore, ma non siamo certi che proseguendo nell’avventura sia possibile mantenere una tale costanza senza mettere mano al portafogli.
Sotto il profilo visivo, le spigolosità di Pokémon Quest strizzano l’occhio a Minecraft pur adottando una visuale isometrica, mentre le mappe a 8-bit si sposano bene con i modelli poligonali dei mostriciattoli. La palette di colori è accesa e fresca, mentre i livelli esplorabili sono piuttosto spogli e piatti sebbene contengano alcuni elementi distruttibili. Nel complesso la resa grafica risulta discreta, con un frame-rate nel complesso molto solido sebbene alcuni impercettibili fenomeni di stuttering ci abbiano talvolta sorpresi mentre spostavamo la telecamera sopra alcune zone della Base. Vista la scarsa complessità del titolo immaginiamo che tali fenomeni siano imputabili a una non perfetta ottimizzazione del software, che comunque non ne inficia minimamente la godibilità.