Le società contemporanee sono realtà liquide, ibride e polifoniche: i cambiamenti sociali, culturali, tecnologici e culturali, sono improvvisi, incessanti e incidono immediatamente sulla vita quotidiana delle persone. La comunità si trova spesso a fronteggiare problematiche di natura socio-culturale complesse che spaziano nelle differenti dimensioni della vita umana. Questa complessità è stata osservata e analizzata con diversi approcci del sapere, il design nelle sue aree disciplinari trova in questo ambito molteplici possibilità progettuali; il game design esplora il contesto, analizzando come il gioco possa intervenire nel momento della trasmissione di significati e contenuti, costruendo quel sistema di comunicazione attiva e interattiva per l’innovazione socio-culturale. Quindi è interessante considerare il videogioco come facilitatore per la trasmissione di contenuti, vedendo come un gioco sapientemente progettato possa produrre esperienze significative, dimostrandosi capace di sensibilizzare e persuadere chi gioca a riconsiderare magari le proprie posizioni e anche comportamenti.
Interessante è la relazione che il gioco intraprende con l’apprendimento, comprendendo molte funzioni cognitive tra cui l’attenzione, memoria e il pensiero. Considerando come gli utenti/giocatori contemporanei sono mutati nei loro bisogni, capacità e abitudini, di conseguenza è mutato la relazione che lega il concetto di apprendimento. La branca dei game studies e la pratica del game design che si occupano di giochi capaci di incentivare l’apprendimento si concentrano su un tipo particolare di artefatti ludici, i persuasive game. Sono molti i processi comunicativi, sociali e formativi in atto oggi che si caratterizzano per una forte componente al contempo digitale e sociale; gli stessi supporti ovviamente hanno cominciato a mutare a seguito degli sviluppi tecnologici, assumendo sempre più una forma digitale, producendo un vero e proprio cambiamento nel modo di vedere e costruire il mondo.
Assistendo a una progressiva trasformazione che ha portato a un cambiamento negli individui, rendendoli sempre più interconnessi come i social network che favoriscono o sviluppo di reti sociali, facilitando le comunicazioni. Le attuali logiche di comunicazione e connessione hanno inoltre permesso e incentivato lo sviluppo di una dimensione collaborativa e partecipativa, come il fenomeno del crowdfunding, dall’inglese “crowd” (folla) e “funding” (finanziamento). Si tratta di un processo collaborativo che vede individui e gruppi di persone sostenere e supportare progetti, idee e organizzazioni offrendo finanziamenti anche di poche decine di euro, ricevendo in cambio ricompense materiali concordate di progetto in progetto. Uno dei più noti è Kickstarter, un sito web nato per finanziare progetti creativi che ha anche sostenuto la realizzazione di giochi e videogame. Il ruolo dell’utente digitale è mutato, lo scambio di informazioni e l’apprendimento si attuano sempre più spesso affiancandosi ai metodi tradizionali, un supporto digitale modificando tempi e modalità, privilegiando l’esperienza diretta ma anche la simulazione, che porta a una più rapida comprensione e assimilazione di contenuti.
Quindi i giocatori sono cambiati e i videogiochi con loro. Sono numerose le ricerche internazionali che attestano quanto essi siano un artefatto dal forte impatto comunicativo in grado di affrontare tematiche impegnative adottando però semplificazioni. Il gioco, per la sua capacità riesce a persuadere attraverso artefatti comunicativi e significativi, invitando il giocatore a interagire con una rappresentazione basata su un sistema di regole che definiscono contesto, conflitto, obiettivi, piuttosto che appoggiarsi solo a racconti orali o scritti, immagini in movimento. L’artefatto ludico di oggi può essere letto come un sistema di rappresentazione e comunicazione capace di trasmettere importanti significati. Così si può notare come il gioco consenta di procedere tramite la condivisione degli argomenti che vengono accolti dai giocatori e percepiti come credibili, convincenti, perché maggiormente in sintonia con il proprio bagaglio di credenze, valori e opinioni.
Il game designer, quando progetta giochi di potenzialità persuasive, attua una retorica procedurale: una tecnica comunicativa che mira a veicolare un messaggio attraverso un artefatto ludico, insinuando contenuti tra le meccaniche di gioco. Emerge quindi come un gioco sapientemente progettato possa generare esperienze significative che possano influire sul bagaglio personale di ciascuno. Il fenomeno contemporaneo che si profila come l’istituzionalizzazione definitiva di social e casual gaming è la gamification, un concetto che ancora fatica a trovare una sistemazione teorica precisa soprattutto perché la cultura che da sempre ha accompagnato il fenomeno ludico nel tempo ne ha limitato la diffusione in altri campi, relegando il gioco a pratica di nicchia o di intrattenimento. In cosa consiste ciò? La gamification èl’utilizzo di elementi mutuati dai giochi e dalle tecniche di game design in contesti esterni ai giochi. Quindi la gamification può essere rappresentata come un livello composto di regole e strategie tipiche del mondo ludico che possono essere sovrapposte e applicate ad altri mondi, come quello del marketing o della formazione.
Attraverso la gamification si fa uso della passione ludica per coinvolgere gli utenti in un’attività ludica, caratterizzata nel videogioco dalla presenza di un conflitto artificiale, definito da regole, con un risultato finale quantificabile. La nostra epoca con la disponibilità di reti, la diffusione dei dispositivi mobili e il largo impiego dei social hanno dato vita a un panorama del tutto nuovo. Oggi la maggior parte di noi spende tantissime ore alla settimana nel gioco creando un “alfabetizzazione videoludica di massa”, che ha reso possibile lo sviluppo e la diffusione sempre più rapida della gamification. Per gamification invece non intende trasformare un’attività di routine in un gioco ma indirizzare le persone verso un maggior grado di coinvolgimento e divertimento; per esempio ridisegnando i processi di lavoro attraverso meccanismi di gioco per una piacevole un’esperienza. Questo è possibile appunto attraverso l’uso di elementi del videogioco, riconoscibili e replicabili del game desing, il tutto all’insegna dell’innovazione attraverso la chiave e la metafora e il codice del gioco in ambienti estranei.
I primi esperimenti di gamification furono a cavallo del 2000 negli Stati Uniti, ed erano per lo più interessati a creare ambienti divertenti in grado di far sentire a proprio agio il dipendente in modo da lavorare di più e meglio. Questo fenomeno è stato portato alla ribalta nel febbraio del 2010 in cui si è tenuto a Las Vegas il Dice Summit, durante il quale si è cercato di comprendere il motivo del successo di applicazioni casual e social ipotizzando un futuro in cui ogni azione individuale verrà tracciata e valutata con un punteggio. In questa occasione Jesse Schell, famoso game designer, nel suo talk Design Outside the Box, analizzò il fenomeno che si stava creando, creando una fotografia di un futuro ormai prossimo caratterizzato da una penetrazione sempre più massiccia e irreversibile di alcune dinamiche tipiche dei videogame nella vita quotidiana. Un estratto significativo dal suo elaborato è quando descrive la giornata tipo in un futuro in cui faremo colazione con i corn flakes e sul retro c’è un piccolo web game che è giocabile mentre si mangia, ed è possibile magari vedere la lista dei nostri amici che mangiano gli stessi cereali e il loro punteggio perché connessi a Facebook in modo tale da poterli battere per ottenere il punteggio più alto.
Quindi il designer Schell teorizza e definisce la prima volta questo fenomeno, descrivendo come il gaming è destinato a uscire dei confini tradizionali della console o del PC per entrare sempre di più in ogni momento della vita umana. Per quanto inquietante possa essere un pensiero del genere, l’idea di gamification presenta due anime contrastanti: da un lato si tratta di strategia di marketing che utilizza elementi di game design come classifiche, livelli, sfide, tempo limitato e risorse, in ambienti non ludici per motiviate e accrescere la partecipazione degli utenti. Dall’altro può assumere il significato di conferire dignità morale, calando una patina ludica sul reale, permettendo al giocatore di migliorare la propria vita e il suo impatto sul mondo attraverso il gioco stesso. Tuttavia, la gamification, nonostante il nome, non si concentra solo sui giochi ma estrae dal nucleo videoludico delle componenti per poi utilizzarli nella progettazione di un sistema. Il risultato quindi non è un gioco, ma un sistema che più è divertente più permette all’utente di impegnarsi e sentirsi motivato, quindi di continuare a lavorare e migliorare. Questa distinzione di gamification e altri approcci basati sui giochi è attualmente in discussione nelle comunità interessate e una posizione concordata deve ancora essere stabilita.
La diffusione e gli strumenti del gaming e la gamification
Il potere del gioco e i benefici di questa pratica erano già noti in passato, perché il gioco rappresenta infatti una sorta di mondo universale culturale, diffuso presso tutte le popolazioni sin da tempi antichi. Tuttavia il gioco è rimasto relegato a una pratica di nicchia, a intrattenimento per bambini, a fuga dalla realtà. Ma oggi siamo di fronte a un grande cambiamento, ovvero si sono verificate una serie di condizioni che hanno determinato l’esplosione del gaming e la sua ascesa a fenomeno mainstream. Grazie alla diffusione degli smartphone e del mercato delle app, nel mondo del gaming si stanno annullando le differenze di età, ovvero i giocatori sono sempre più adulti e aumenta sensibilmente la percentuale di donne. La pratica ludica cessa di essere un’esperienza immersiva e solitaria ma diventa ubiqua, ovvero si gioca ovunque e in ogni momento e soprattutto sociale.
Non si parla più di fuga dalla realtà ma si interseca con la realtà portando dei cambiamenti su di essa. Ovviamente bisogna chiedersi quali vantaggi derivano dall’approccio ludico e perché un’azienda o un’istituzione dovrebbe puntare sulla gamification; innanzitutto scoperte neuroscientifiche hanno dimostrato che la pratica del gioco interessa alcuni istinti umani primari come il bisogno di auto espressione, la volontà di porsi delle sfide e di superarle, consentendo la creazione del coinvolgimento, motivazione e fedeltà per raggiungere gli obiettivi richiesti. Il significato della gamification è riconducibile anche allo slogan di Games for good, citato dalla designer Jane McGonigal e i game creati da lei hanno obiettivi che vanno dal risparmio energetico all’ecologismo in generale attraverso il raggiungimento di uno stato di piacere che invogli a proseguire il gioco generando conseguenze positive sul mondo. Nelle meccaniche di gioco sono implicati come elementi imprescindibili l’agire del giocatore e l’ambiente virtuale in cui è calato.
Le meccaniche di gioco sono tecniche trasversali e ricorrenti adoperate nella costruzione di giochi le cui più rappresentative sono le seguenti: punti o crediti e costituiscono la ricompensa immediata per le azioni del giocatore e ne denotano la bravura; i livelli invece rappresentano un sistema per introdurre obiettivi progressivi da raggiungere; gli achievment (obiettivi) sono i riconoscimenti identificabili con le medaglie e sanciscono il raggiungimento di un traguardo caratterizzando il profilo del giocatore; le classifiche poi sono un metodo per suddividere e ordinare le performance degli utenti, permettendo di confrontare le proprie capacità con quelle degli altri favorendo lo spirito di competizione; le sfide o missioni sono composti da ostacoli che il giocatore deve guadagnare per ottenere appunti punti, medaglie e avanzare di livello; i beni virtuali altresì rappresentano qualcosa che ha valore per il giocatore all’interno del mondo virtuale del gioco che è possibile guadagnare giocando o acquistare in cambio di denaro reale.
Tutti questi elementi non sono necessariamente inclusi in una strategia di gamification, però per far sì che funzioni, per creare coinvolgimento, occorre individuare e utilizzare la combinazione più adatta di elementi di gioco per ogni specifico caso. Infatti spesso si pensa che la gamification sia un ramo del mondo del gaming e del game industry, ma è un errore perché in realtà lo scopo di essa non è quello di creare un gioco tout court bensì di applicare alcune dinamiche tipiche del game design ad altri contesti per raggiungere degli obiettivi specifici. Affermando che lo scopo di una strategia della gamification è creare coinvolgimento cioè engagement, occorre sviluppare esperienze di gioco coerenti e significative utilizzando la combinazione di elementi di gioco più adatta agli obiettivi che si vogliono perseguire. Questo perché se la strategia si riduce a inserire solamente punti, senza un’idea precisa, si ottiene un risultato scadente, di poco successo e con scarso valore soprattutto per l’utente che lo abbandonerà in poco tempo.
Applicare la gamification a settori come la formazione, il marketing o le risorse umane significa capire i nostri interlocutori, che prima di essere potenziali acquirenti sono giocatori. Ricompense, svolgere particolari missioni per ottenere bonus non offrono nessuna interazione ludica al giocatore, che invece vuole comportarsi e pensare in funzione delle scelte che deve compiere, secondo regole di causa ed effetto all’interno dei quali la ricompensa principale è rappresentata dall’atto di giocare in sé stesso. Adottare la gamification pensando solo di creare una classifica e distribuendo punti significa fraintendere il potenziale e il senso di questo approccio applicandolo in modo superficiale, con l’errata convinzione che cambiare la forma a qualcosa possa modificarne anche la sostanza
I settori di applicazione della gamification
La gamification può aiutare a superare modelli formativi a volte obsoleti e inefficaci, generando ambenti di apprendimento interattivi, coinvolgenti e autodiretti in cui l’utente non è più solo un destinatario passivo di azioni. Sfruttando il rapporto che c’è tra il gioco e l’apprendimento, la gamification può diventare un potente alleato nell’apprendimento di una lingua straniera, nello studio di una materia scolastica. È possibile aiutare il prossimo, impegnarci attraverso il divertimento a rendere il mondo un posto migliore e occuparci anche di un futuro sostenibile. La diffusione dei dispositivi mobili connessi a Internet dotati di un sistema di georeferenziazione combinati con le applicazioni dei giochi, apre la strada a infiniti nuovi scenari nel campo dei servizi turistici e culturali, consentendoci contemporaneamente sia di rimanere connessi a ciò che amiamo sia di uscire dall’ordinario per traguardare i confini della conoscenza.
Impiegando la gamification nelle procedure di reclutamento, si possono introdurre metodologie di selezione alternative e più adatte a una generazione di digital natives che si presta a diventare la nuova forza lavoro del pianeta. I giochi possono rivelare molto sulle reali capacità e aspirazioni dei candidati in modo più oggettivo e meno arbitrario di un colloquio, dimostrando così che gioco e lavoro possono diventare un binomio vincente. Ovviamente non vuol dire che la gamification è la cura per tutto e che può essere adoperata indistintamente in ogni contesto per rendere vincente un prodotto, un servizio. Non esiste una formula precisa ma applicazioni potenzialmente infinite con forme differenti e ancora da sperimentare. La gamification può aiutare a essere cittadini, lavoratori e studenti migliori, a vivere le vite non da spettatori ma di impegnarci per superare i nostri limiti.
La gamification non rappresenta una moda o una tendenza del momento ma può essere considerata una rivoluzione culturale, destinata a prendere progressivamente parte delle nostre vite. Le organizzazioni, le istituzioni e industrie cercano nuovi modi per rafforzare il loro collegamento tra gli utenti e i propri prodotti/servizi e i loro dipendenti. La gamification e l’uso del gioco basato su elementi del game design diventando sempre più importanti, tanto che le meccaniche e le dinamiche possono essere progettate per un nuovo sistema oppure aggiunti ad un sistema esistente; in un tentativo di migliorare il coinvolgimento degli utenti, incoraggiando un senso di divertimento, passione. La gamification è un nuovo modo di pensiero attraverso l’uso elementi di gioco in grado di migliorare i sistemi e coinvolgere gli utenti; questo non vuol dire che sostituisce il lavoro precedente, ma si estendono le idee in modi nuovi e innovativi.
La gamification in Italia e in Europa
“Gamificazione” è l’applicazione come già detto in ambito pubblico ed aziendale di quelle tecniche di design che sono dietro ai videogiochi. Questi ultimi, ormai sono diventi una medium dominante per l’attuale generazione e hanno lo straordinario potere di generare emozioni, stati d’animo tenendo il giocatore incollato allo schermo grazie all’alternarsi di motivazioni e istanze psicologiche come la cooperazione, competizione, le sfide, collezionare obiettivi e così via. Fabio Viola in Italia è uno dei pionieri del gaming digitale e risulta al quarto posto mondiale come gamification designer e ideatore di TuoMuseo. Le sue più grandi passioni sono i beni culturali, il gaming e la tecnologia, infatti la sua idea è quella di unire i due settori, apparentemente lontani ma convinto che il primo potesse giovare al secondo.
TuoMuseo è un’associazione culturale che nasce con la missione di supportare le istituzioni pubbliche e private nella progettazione e realizzazione di politiche di coinvolgimento dei nuovi pubblici nella fruizione dei beni culturali. Secondo Viola, rendere consultabile digitalmente il nostro patrimonio culturale può permettere di pianificare al meglio le visite culturali individuando i musei e le opere da visitare. Quindi lo scopo è di rendere più sociale, partecipativa e divertente l’esperienza attraverso le dinamiche della gamification e il valore culturale non viene sminuito ma arricchito dalle nuove modalità di interazione. L’Italia ha un hardware culturale unico, con moltissimi musei e un alto numero di beni Unesco a differenza di altri paesi meno ricchi.
Sempre secondo Viola, il settore culturale italiano sconta un ritardo nell’adozione delle tecnologie, e soprattutto per quanto riguarda i musei c’è ancora bisogno di tanto lavoro e di forti investimenti. Spesso le operazioni di gamification non sono parte di una strategia di innovazione complessiva, ma estemporanee e fortemente connotate dall’obiettivo didattico primario. Solitamente serious games o edugames sono rivolti ad un pubblico di giovanissimi da fruire nel corso della visita su specifiche postazioni con schermo o tablet assegnati. Molto spesso le postazioni che vengono messe a disposizione risultano non funzionanti e per dipiù non ci sono guide per le eventuali spiegazioni sul funzionamento. Questo aspetto è molto importante per la buona riuscita della gamification stessa e per l’utilizzo dei device stessi.
Minecraft per musei e turismo
Il futuro dei musei e delle istituzioni culturali è nelle mani delle nuove generazioni che saranno i fruitori e curatori di domani. Il mondo che si sta plasmando intorno a noi è fatto di connettività 24h su 24h, con possibilità di accedere a notizie e contenuti in tempo reale, multitasking, velocità nei feedback, partecipazione attiva e protagonismo. Questi tratti non dovrebbero rimanere distaccati dai contesti culturali ma, anzi, andrebbero compresi ed essere elementi di una collaborazione per la mission. I vantaggi possono essere enormi, tanto in chiave di accessibilità quanto in termini di audience engagement. Passando da una chiave di astrazione ad una pratica e progettuale, una opportunità è offerta dall’utilizzo dei videogiochi come nuovi linguaggi per raccontare lo straordinario patrimonio che abbiamo sul nostro territorio, sviluppando tool didattici appropriati per le nuove generazioni, creare coinvolgimento su fasce di pubblico difficilmente raggiungibili e, infine, dar vita a processi di creazione cooperativa.
Tra gli strumenti più facilmente e immediatamente integrabili nelle proprie strategie vi è Minecraft, un videogioco sviluppato nel 2009 da un gruppo di sviluppatori indipendenti (indie) per poi essere acquistato da Microsoft per 2 miliardi e mezzo di dollari. Disponibile a pagamento per PC, console, smartphone e tablet, conta oggi oltre 100 milioni di giocatori nel mondo prevalentemente ragazzi e ragazzi tra i 7 ed i 17 anni, con fette di utenza anche tra adulti. Minecraft è un mondo virtuale aperto caratterizzato da diverse modalità e quella più interessante per questo ambito è la modalità creativa in cui è possibile creare e modificare qualsiasi cosa per plasmarlo all’infinito con l’unico limite dettato dalla propria creatività. Si potrebbe paragonarlo a un immenso gioco dei LEGO in digitale, dove è possibile ricostruire attraverso dei cubi di pixel qualsiasi cosa, dalle città, macchine, ponti, piramidi, foreste per poi condividerle anche con altri giocatori in un mondo che non smette mai di evolversi.
È straordinario vedere riproduzioni reali o realistiche di città come New York o di intere nazioni come la Danimarca, un lavoro che richiede competenze base di matematica, geometria, geografia, storia. È per questo che Microsoft ha lanciato anche una speciale versione EDUCATIONAL che sta entrando prepotentemente anche nelle scuole italiane come strumento didattico. Le opportunità di Minecraft Educational offerte ai musei e istituzioni culturali sono molte e permettono per esempio di creare dei laboratori didattici nei musei, ricreare una riproduzione 3D del museo da rilasciare su Minecraft stesso, riuscendo a raggiungere così milioni di nuovi potenziali visitatori. È possibile anche creare dei mondi esplorabili a partire da alcune opere presenti nel museo, lanciare contest aperti a scuole e giocatori di tutto il mondo per ricostruire epoche storiche o situazioni specifiche da esporre, quelle con più pregio, direttamente nel museo. Infatti vi sono già quattro progetti già realizzati dai musei utilizzando Minecraft.
Il primo è stato creato alla Tate di Londra, con il titolo Tate Worlds, e l’obiettivo era di realizzare sedici mappe Minecraft da distribuire gratuitamente a partire da opere e storie contenute nella collezione. Un modo nuovo per raccontare l’arte e rendendolo partecipativa, interattiva ed immersiva per un consumo da parte dei giovani dislocati in ogni parte del mondo. Un altro progetto è Great fire 1666 del Museo di Londra e in occasione dei 350 anni dal grande incendio che stravolse Londra, il museo della città ha realizzato una mostra speciale, commissionando in chiave digitale tre mappe Minecraft per consentire ai giocatori mondiali di vivere Londra prima dell’incendio e durante i giorni dell’incendio e i successivi. Il terzo progetto è Gallipoli Minecraft per l’istitusione Auckland Museum della Nuova Zelanda e ha voluto ricostruire gli avvenimenti della battaglia di Gallipoli durante la prima guerra mondiale in Turchia.
Il progetto ha coinvolto il museo in collaborazione con gli studenti dell’Alfriston College per ricostruire i numerosi oggetti della collezione per aiutare i giocatori a comprendere l’epoca e gli sforzi dei soldati neozelandesi durante quel periodo storico. L’ultimo è Danimarca in scala 1:1 per il Governo centrale della Danimarca e ha realizzato una mappa Minecraft in scala ad uso e consumo degli studenti per facilitare la conoscenza del territorio nazionale. Purtroppo il progetto non è più disponibile, come tutti gli strumenti anche Minecraft può avere risvolti negativi se non ben governato, perché la totale libertà di azione ha portato alcuni giocatori a piazzare cariche di dinamite così da far saltare alcune città cambiando quindi la morfologia del territorio.