Videogiochi multiplayer? No, grazie!

La rete e il comparto multigiocatore stanno dominando, ma non vinceranno mai.

Per anni, soprattutto nel momento di massimo splendore della serie Call of Duty, le grandi case di produzione come Electronic Arts e Ubisoft ci hanno detto che il gioco in singolo sarebbe sparito. E invece due dei maggiori successi di questo 2019 (Resident Evil 2 Remake e Sekiro: Shadows Die Twice) non offrono alcuna opzione multiplayer. L’eccezione alla regola? Certamente, ma sono in tanti a rimpiangere i tempi in cui la storia, o campagna come volete chiamarla, era davvero il cuore di un gioco.

LA RETE È UN MONDO A PARTE, NON L’UNICA REALTÀ

Internet è ormai nella nostra vita in ogni campo della realtà quotidiana, quindi è logico che faccia parte di un settore iper-futurista come i videogiochi. Da qui a dire che debba essere l’unico modo di giocare, ce ne passa. Tutt’oggi, quando chiunque ha accesso a reti più o meno veloci e quindi può trovarsi regolarmente online, esistono milioni di utenti che non lo fanno mai. Merito, per così dire, del fenomeno “bimbominkia” e del continuo peggioramento delle community legate ai giochi più popolari, ma anche di una stagnazione diffusa.

Per ogni Fortnite, Overwatch e successi simili ci sono decine di titoli votati al multiplayer che deludono come realizzazione o gameplay, aumentando il distacco di molte persone dalla rete. Inoltre, resta aperta l’annosa questione dei DLC e dei contenuti a pagamento: per essere al livello degli altri, come contenuti, spesso bisogna investire una fortuna tra mappe, veicoli, potenziamenti e chi più ne ha più ne metta. Salvo rari casi, tutto questo non avviene nel gioco in singolo.

LA SOLITUDINE, A VOLTE, NON È COSÌ MALE

Se è vero che certi generi, picchiaduro in primis, vivono grazie al multiplayer è anche vero che quest’ultimo iniziò come sfida in locale tra amici. Ancora oggi, c’è molta più soddisfazione nel battere a FIFA o PES qualcuno presente nella stessa stanza che l’ennesimo sconosciuto incontrato per caso online. E lo dimostrano i tornei organizzati presso fiere o eventi, sempre strapieni di giocatori “pro” alla ricerca di quel confronto diretto che ormai è quasi sparito. C’è anche da dire che alcune categorie vivono e vivranno sempre grazie al fattore “solitudine” a cominciare dal genere horror (ma anche stealth o adventure).

I tentativi di trasformare queste produzioni in arene multiplayer sono quasi sempre falliti, perché annullavano l’elemento chiave: l’atmosfera. Niente infatti supera il coinvolgimento di trovarsi al buio da soli, nel gioco come nella realtà, ma se attorno abbiamo dieci o venti persone che saltano o sparano tutto cambia. Solo nell’isolamento c’è la totale interazione uomo-macchina che sta alla base del fenomeno videogame sin dagli esordi. Uno dei motivi per cui i generi horror, adventure e stealth soffrono di più in questa era di multiplayer a tutti i costi.

IL CO-OP, PUNTO DI COLLEGAMENTO TRA DUE MONDI

L’unico modo per unire due mondi a parte quali single-player e multiplayer è sempre stato il gioco in cooperativa. Eppure i videogiochi davvero votati al co-op restano pochi, nonostante (ai tempi) si siano visti buoni risultati con Left for Dead, Army of Two e così via. Non è chiaro se si tratti di pigrizia, da parte degli sviluppatori, o scarso interesse dei produttori ma l’intera generazione PS4 e Xbox One non ha offerto granché su questo fronte. Ovviamente quasi ogni gioco online ha anche opzioni di tipo cooperativo, ma qui stiamo parlando di vivere un’intera campagna e non solo di spararsi addosso in arene chiuse. Il successo iniziale di Gears of War, ad esempio, si doveva anche all’ottimo gioco “in coppia” e lo stesso discorso è sempre rimasto valido per la saga di Halo.

Eppure molti giochi d’azione moderni puntano al solito deathmatch in arena, che puntualmente viene ignorato. Se i giochi online più popolari sono sempre quelli, perché continuare a imitarli? Per vendere i contenuti aggiuntivi? Questa sembra essere l’unica motivazione dietro certe scelte, e dietro a sezioni multiplayer raramente ben studiate. Forse sarebbe meglio curare di più la storia e i personaggi… così che il gioco non si trasformi nella vetrina di un negozio. Oppure è già troppo tardi?


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