State of Mind
Versione testata: PS4 Pro

State of Mind

Cosa succede quando il progresso tecnologico vede trasformare i suoi benefici in effetti negativi? Sembra essere questo uno dei numerosi interrogativi alla base di State of Mind. Nato da un’idea di Martin Ganteföhr, creative lead presso Daedalic Entertainment, la nuova avventura a tinte cyberpunk e sci-fi ambientata in una Berlino post-moderna si prospetta come un’intricata introspettiva sul transumanesimo e relative correnti di pensiero.

Nei panni di Richard Nolan, giornalista quarantenne nel bel mezzo di una crisi di mezz’età, verremo trasportati nella tecnologicamente avanzata metropoli tedesca alla ricerca di sua moglie e suo figlio, scomparsi in circostanze misteriose, in un’avventura interattiva tridimensionale realizzata adottando un ricercato stile grafico come quello low-poly.

State of Mind

FUTURO DIGITALE

Berlino, 2048. La città tedesca è in fermento a causa di disordini e tensioni scaturite da una serie di attentati e attacchi cibernetici a opera di alcuni hacker in lotta contro un sistema, definito dagli stessi, come oppressivo e manipolatore. Faremo così la conoscenza di Richard Nolan, giornalista quarantenne salito alla ribalta con una serie di inchieste, tra cui lo scandalo “Dronegate”, in cui emerge la sua forte denuncia contro il dilagante processo di digitalizzazione che vede coinvolto tutto il mondo. Quella del giornalista è una profonda avversione per le tecnologie avanzate, manifestata a più riprese nel corso dell’avventura, che riaffiora prepotentemente quando si ritrova in casa un robot domestico, Simon, acquistato da sua moglie Tracy.

In seguito al forte trauma causato un misterioso incidente che lo vede coinvolto, Richard si trova così a dover ricostruire parte dei ricordi andati persi e, risvegliandosi nel suo letto dopo essere stato dismesso dall’ospedale, scoprire che sua moglie Tracy e il figlio James sono misteriosamente scomparsi. Ma le vicende del giornalista non sono le uniche che si sviluppano in State of Mind: infatti, saranno ben sei i personaggi che il giocatore controllerà nel corso dell’avventura, tutti connessi tra loro da una serie di eventi. Tra loro spicca Adam, una identità virtuale all’interno di City 5, luogo studiato appositamente per “evadere” dalla vita di tutti i giorni. Prende così vita la girandola di analogie con i due protagonisti che vedranno le loro vite sconvolte dopo l’aver vissuto lo stesso tipo di incidente. Ancora una volta il giocatore è chiamato a collegare tutti i pezzi del puzzle e far luce sugli intrecci narrativi che si sviluppano nel canovaccio studiato dalla software house.

State of Mind

INTERAZIONI CIBERNETICHE

Trattandosi di un titolo fortemente story-driven, gli sforzi del team teutonico si sono riversati principalmente nel creare un comparto narrativo di un certo spessore. Non sorprende a tal proposito la particolare impostazione cinematografica che i ragazzi di Daedalic hanno tenuto in considerazione per State of Mind: gli sviluppatori sono ricorsi a tecniche narrative come i numerosi flashback che tormentano le menti di Richard e Adam. Anche dal punto di vista dei dialoghi è stata percorsa una strada ben precisa dove ogni conversazione è parte di una serie di cut-scene che enfatizzano le interazioni tra i personaggi, con numerosi cambi di inquadratura. Non a caso lo stile di gioco di State of Mind è assimilabile a quanto già visto nelle opere di David Cage e i suoi studi Quantic Dream, con un riferimento particolare al recente Detroit: Become Human, con cui condivide alcune questioni affrontante nel gioco, pur con marcate differenze per quanto riguarda un’interazione più limitata e un taglio cinematografico decisamente meno rifinito.

La matrice futuristica del titolo si palesa anche nel modo in cui Adam e Richard riescono a comunicare con gli altri personaggi o il loro interfacciarsi con strumenti tecnologicamente avanzati. Accedendo a una bacheca virtuale presente nei corrispettivi appartamenti troveremo un riepilogo sugli indizi raccolti o potremo cambiare la selezione personaggio scegliendo tra Richard o Adam. L’interazione è quindi un aspetto preponderante del gameplay, ma non mancano variazioni sul tema che spezzano un po’ la monotonia di gioco nelle quindici ore che servono per portare a termine State of Mind. In altre circostanze, ad esempio, ci verrà chiesto di ricostruire uno scenario virtuale combinando insieme porzioni di esso come in un puzzle mentre sono presenti anche sezioni più interessanti in cui bisognerà scansionare alcuni personaggi pilotando un drone.

State of Mind

TRANSUMANESIMO VIDEOLUDICO

L’idea alla base di State of Mind non è frutto della casualità ma al contrario è parte integrante una serie di studi e approfondimenti riguardanti il transumanesimo da parte di Martin Ganteföhr, di cui egli stesso è un seguace. In parole povere questo movimento culturale è a sostegno del miglioramento delle capacità fisiche e cognitive attraverso l’uso della scienza e della tecnologia. Lo sviluppatore tedesco ha poi riversato le conoscenze acquisite in una sorta di avventura punta e clicca moderna che trae ispirazione da film come Blade Runner, e dalla serie videoludica Deus Ex che, specie con gli ultimi due capitoli, pone in essere proprio alcune tematiche relative al transumanesimo come nel caso degli innesti bionici del protagonista Adam Jensen. Tante le questioni etiche e morali affrontate nel gioco, coadiuvate da un contesto socio-politico che rispecchia la visione futura dell’attuale società in cui viviamo. Se da una parte diventano inconfutabili i miglioramenti derivati dall’impiego di droni e robot nel settore industriale, dall’altra invece c’è chi perdendo il lavoro è costretto a vivere per strada ed elemosinare elemosinando qualche credito nelle zone più malfamate di Berlino. Questo è soltanto uno dei tanti temi affrontati in State of Mind.

Affiora quindi un costante dualismo tra una serie di elementi che vantano punti di contatto ma anche sostanziali differenze. Gli stessi protagonisti principali Richard e Adam sono accumunati da un’esistenza all’apparenza simile (stesso lavoro, entrambi vittima di un medesimo incidente) ma che finiranno per intrecciarsi nel corso del gioco. La città di Berlino, poi, viene definita come distopica, al contrario di City 5, il cui status di città virtuale viene visto come l’utopico rifugio per chi scappa dal grigiore della vita quotidiana. Dualismo, appunto. È il caso del massiccio schieramento di poliziotti robot a presidio dei punti nevralgici della capitale tedesca nel tentativo di garantire la sicurezza dei cittadini ma che non esiteranno ad aprire il fuoco durante una retata che vede coinvolto Richard. Oppure l’uso di robot domestici che prendendosi cura del figlio di Adam azzerano completamente la componente umana e affettiva, seppure la loro l’intelligenza artificiale denoti una minima empatia per gli umani.

In un quadro ben delineato all’interno del titolo viene fuori tutta la preparazione del navigato sviluppatore tedesco, bravo nell’affrontare tematiche anche controverse su gli effetti positivi e negativi che la tecnologia può apportare nella nostra vita. Un invito alla riflessione che dimostra una certa maturità di fondo da parte degli autori nel proporre un tema mai così attuale. Come spiegato anche dallo stesso Martin, in State of Mind vengono mostrate in egual misura le due facce della stessa medaglia ma è sempre compito del giocatore trarre le proprie considerazioni sugli aspetti positivi e negativi riguardanti la tecnologia. Questo avviene anche compiendo alcune scelte di dialogo come la maniera in cui i protagonisti interagiscono con i robot che li circondano.

LOW POLY BERLIN

La Berlino del futuro immaginata da Daedalic Entertainment segue quelli che sono i dettami stilistici del filone sci-fi e cyberpunk: le imponenti architetture, simbolo di ricchezza e modernità, si intrecciano con il degrado dei bassifondi, mettendo in evidenza anche le problematiche economiche e sociali che affliggono la capitale tedesca. Alla vista di tale modernità appare spiazzante la scelta, anacronistica per certi versi ma probabilmente adottata tenendo d’occhio il budget, di ricorrere allo stile grafico low poly che caratterizza State of Mind. I modelli poligonali, spigolosi e all’apparenza grezzi rivelano però un dettaglio e design interessante, tanto nei personaggi che negli oggetti presenti negli scenari. Le animazioni dei volti restituiscono comunque una buona espressività e le ambientazioni, quelle interne come l’appartamento di Richard o la sua redazione, offrono un livello di dettaglio niente male. A un level design ricercato e un peculiare stile grafico purtroppo non seguono delle animazioni dei personaggi altrettanto convincenti, apparse poco armoniose in più di un frangente.

Come metà opposte di uno specchio, le due città condividono talvolta i medesimi spazi ma riflessi in maniera differente. Il dualismo si ripresenta dunque anche dal punto di vista stilistico affidandosi ad una distinta palette cromatica. Si assiste quindi a una netta differenziazione in termini di level design e tonalità design tra la Berlino di Richard e la città virtuale City 5 di Adam nonostante alcuni punti di contatto tra le due realtà. È la paradisiaca metropoli virtuale a offrire gli spunti più interessanti dal punto di vista dell’architettura, con strutture eleganti e un’oggettistica che comunica un grande valore artistico in ogni sua forma. Decisamente buono il comparto audio, che pone una maggiore enfasi nei momenti di maggiore intensità emotiva anche grazie alla buona interpretazione degli attori che hanno doppiato i vari personaggi. È possibile invece scegliere tra quello tedesco e quello inglese, che tra l’altro può vantare anche la partecipazione di a Doug Cockle, già voce di Geralt nella serie The Witcher. La mancanza del doppiaggio italiano è stata comunque sopperita dalla presenza dei sottotitoli.

State of Mind
State of Mind
GIUDIZIO
Una cosa è certa, l’ipotetico progresso tecnologico pronosticato da Daedalic Entertainment in State of Mind è un intricato chiaroscuro di dilemmi morali e scelte etiche. Nella Berlino del 2048 trovano spazio ologrammi, esperienze VR e robot che danno vita a un mosaico credibile e non troppo distante dai giorni nostri. Proprio questa personale visione, utopica e distopica al tempo stesso, degli sviluppatori tedeschi riesce a colpire nel segno. Merito anche dell'illuminata supervisione di Martin Ganteföhr che riesce nell’arduo compito di proporre narrativa interessante e mai fine a sé stessa. Siamo rimasti sorpresi anche dalla particolare grafica low poly, molto ispirata dal punto artistico, e dal buon comparto sonoro che può fregiarsi anche della partecipazione di Doug Cockle, la voce di Geralt della serie The Witcher. Dove State of Mind non esprime tutto il suo potenziale è nel gameplay, ridotto per gran parte a sole interazioni e dialoghi tra personaggi, intervallate da qualche interessante sezione puzzle. Insomma, non ci troviamo di fronte a un gioco equiparabile alle opere interattive di Quantic Dream ma ci si avvicina quanto meno per la maturità dei temi trattati e come questi vengono sviluppati. La strada è comunque quella giusta, considerando anche la natura e la portata del progetto. Se cercate un’avventura fortemente interattiva caratterizzata da elementi cyberpunk allora State of Mind è un titolo da tenere in considerazione ma occhio comunque al prezzo importante da sborsare per l'acquisto.
GRAFICA
7.4
SONORO
7.3
LONGEVITÀ
7.6
GAMEPLAY
6.8
PRO
Ottimo sviluppo della trama
Lo stile low-poly riesce comunque a farsi apprezzare
Buona longevità
CONTRO
Oltre all'interazione tra personaggi non c'è molto altro
Le scelte di dialogo non ha ripercussioni sullo svilippo della trama
Buona offerta di gioco ma il prezzo non è dei più appetibili
7.3
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