Battlefield V

Road to Battlefield V – L’epopea bellica di DICE

La campagna single-player ci porta alla scoperta di tre nuove Storie di guerra basate sulle vicende più oscure della Seconda guerra mondiale.

La guerra. La guerra non cambia mai. Una frase entrata nella cultura videoludica, grazie soprattutto alla serie Fallout, ma coniata dal diciottesimo presidente nella storia degli Stati Uniti D’America, Ulysses S. Grant. Se è vero che alcuni aspetti della guerra non hanno mutato la loro forma nel corso dei millenni, è altrettanto innegabile che, coloro che l’hanno vissuta, hanno visto le loro vite cambiare in maniera irreparabile. Da due capitoli a questa parte, la serie Battlefield sembra aver abbracciato il lato drammatico che i due conflitti mondiali hanno portato in dote; un cambio di rotta totale rispetto alle altre esperienze single-player caratterizzate da un elevato tasso di spettacolarizzazione, con protagonisti soldati equipaggiati di tutto punto e addestrati a ogni evenienza.

Le cinque Storie di Guerra in Battlefield 1 ci hanno raccontato alcuni degli eventi più significativi della Grande Guerra, che scosse il mondo agli albori del ventesimo secolo. A distanza di due anni la serie ci riprova, questa volta concentrandosi su un contesto già visto come la Seconda guerra mondiale, ma scegliendo di narrare storie totalmente inedite. A partire dal prossimo 20 novembre, i possessori di PC, PS4 e Xbox One potranno mettere le mani su Battlefield V, il nuovo capitolo dello sparatutto targato Electronic Arts.

In avvicinamento all’uscita di Battlefield V, la redazione di VGN.it vi accompagnerà alla scoperta del nuovo capitolo con una serie di speciali e approfondimenti dedicate alla serie. In questo primo appuntamento con Battlefield V ci occuperemo delle tre nuove Storie di Guerra della campagna single-player, ambientate questa volta sui fronti meno conosciuti e della Seconda guerra mondiale, ben lontani dall’immaginario collettivo e che raramente i libri di storia hanno dato raccontato.

Battlefield V

GLI EROI DIMENTICATI DELLA WW2

Spaziando tra realtà e finzione storica, le tre nuove storie ambientate durante il secondo conflitto mondiale spostano l’attenzione su scenari che differiscono da quelli più iconici come la battaglia di Stalingrado o lo sbarco in Normandia che diede poi inizio al celeberrimo D-Day. Ognuna di esse è caratterizzata da personaggi, ambientazioni e tematiche diverse, con differenze meno tangibili quando si parla di gameplay e varietà di gioco. Così come accaduto con Battlefield 1, è il prologo-tutorial, La nazione chiama, a fornire una panoramica ad ampio raggio tanto sui contenuti che troveremo ad aspettarci, non molti a dir la verità, accompagnando il giocatore in alcune differenti situazioni che illustrano le meccaniche basilari e intramezzati da filmati di grande impatto emotivo, narrati magistralmente dall’attore italo-britannico Mark Strong.

Sotto nessuna bandiera vede protagonista Billy Bridger, un giovane rapinatore inglese di banche finito in prigione, a cui viene offerta la possibilità di far parte di un gruppo di sabotatori dell’SBS (Special Boat Service), composto appunto da criminali e persone tutt’altro che raccomandabili. Ambientata in Libia, la maggior parte dell’azione si svolge in solitaria, con Billy impegnato nel sabotaggio di installazioni tedesche presenti sul territorio. Il tono della narrazione è volutamente scanzonato, accompagnato dal tipico umorismo inglese che vede insieme il giovane criminale e George Mason, l’ufficiale inglese a capo della squadra. Dall’altro capo del mondo, nella fredda Norvegia, Solveig è la protagonista di Nordlys. In questo episodio, ispirato a eventi realmente accaduti come il raid del Telemark, i giocatori saranno chiamati a sventare il tentativo nazista di produrre e stoccare grandi quantitativi di acqua pesante, elemento fondamentale nella creazione di armi nucleari, che si rivelerà poi essere decisivo per le sorti del conflitto.

Tirailleur, infine, ci mette nei panni di Deme, un ragazzo senegalese richiamato in Francia per liberare la nazione transalpina dall’occupazione nazista. Contrariamente agli altri due episodi, è lo stesso protagonista a raccontare, a distanza di anni, la sua storia, dando il via alla girandola di ricordi sfogliando alcune vecchie fotografie. Sullo sfondo dell’odio razziale, perpetrato non solo dai tedeschi ma anche da chi combatte sotto la stessa bandiera, a fasi strettamente stealth si alternano azioni di assalto e difesa di postazioni, condite dalla distruzione di obiettivi sensibili, al fine di liberare un fortino nemico. Dei tre episodi giocabili, Tirailleur è quello che più si avvicina ai canoni della serie, sulla falsariga di quanto visto in Battlefield 1, con una struttura simile per certi versi alla missione Avanti Savoia! ambientata sul Monte Grappa.

L’OFFERTA DI GIOCO

Il fil rouge che unisce i tre racconti è del tutto incentrato, salvo rare eccezioni, nell’ambito delle operazioni di sabotaggio che si svolgono interamente dietro le linee nemiche, come nelle storie ambientate in Libia e Norvegia. Proprio quella ambientata sul suolo francese, Tirailleur, è a nostro avviso la migliore dell’intero pacchetto, sia pad alla mano che nel proporre una storia densa di pathos ed estremamente significativa. Una maggiore varietà di situazioni avrebbe giovato anche al ritmo di gioco, scandito da un lento incedere, dato anche dall’approccio furtivo su cui gli sviluppatori si sono basati per la campagna single-player. Mancano infatti sezioni a bordi di mezzi terrestri e velivoli: le uniche presenti sono quelle giocabili nel breve prologo, ma la quarta storia di guerra in arrivo a breve, ci vedrà giocare nei panni di un carrista tedesco, alla guida di un carro armato Tiger.

Al cospetto di un’offerta tutt’altro che generosa in termini di contenuti, viene nuovamente ribadito qualora ce ne fosse realmente bisogno, la maggiore importanza riposta nel multiplayer, che da sedici anni caratterizza lo sparatutto di Electronic Arts. Prendendo in considerazione il format lanciato due anni fa con Battlefield 1, si è passati dalle cinque mini campagne alle tre presenti in questo capitolo, con una conseguente riduzione della longevità, che si attesa grossomodo sulle cinque/sei ore. La differenza tra le Storie di Guerra presenti nei due capitoli risiede anche nella struttura di quelle in Battlefield V: piuttosto che proporre più contenuti di breve durata, DICE ha preferito concentrarsi sullo sviluppo delle singole storie, divise a sua volta in tre atti. A conti fatti si tratta di un ridimensionamento numerico a cui gli sviluppatori svedesi metteranno mano con una nuova campagna, The Last Tiger, disponibile tra dicembre e gennaio. Con il programma Venti di Guerra, che ha sostituito integralmente il servizio Premium Pass, EA ha svelato i suoi piani per il futuro, dove però ha dichiarato che al momento non sono previste nuove Storie di Guerra.

Battlefield V

DIETRO LE LINEE NEMICHE

Battlefield V integra al suo interno il lavoro svolto con il precedente episodio, ereditandone la struttura e ampliandola con qualche novità che ben si adatta alla natura da “dietro le linee nemiche” riproposta a più ondate nelle tre campagne. Gli scenari di gioco si presentano suddivisi in ampia zone liberamente esplorabile, percorribile anche a bordo di mezzi per spostarsi velocemente tra gli obiettivi, sfruttando tanto la verticalità della mappa quanto la sua estensione.

Aver messo a disposizione delle macro zone così grandi, e potenzialmente ricche di situazioni, dà l’impressione di non trovarci di fronte al classico Battlefield che ben conosciamo. Tra i suggerimenti che appaiono sullo schermo, uno dei più ricorrenti è quello ci invita a sfruttare a nostro favore il vantaggio tattico derivato dalla verticalità degli scontri: osservazione, pianificazione e messa in pratica diventano elementi integranti del gameplay. Entra qui in gioco uno strumento fondamentale, il binocolo, con la quale avvistare e marcare automaticamente punti di interesse, nemici e veicoli, che appariranno con appositi indicatori visivi.

Forniti gli strumenti e una quasi totale libertà di azione, tocca poi al giocatore scegliere il percorso da intraprendere, optando per un assalto frontale o strisciando dietro le linee nemiche, sfruttando anche pistole e fucili silenziati, nonché coltelli da lancio come quelli equipaggiati da Solveig nella missione Nordlys. Inutile sottolineare che questo approccio, soprattutto a livelli di difficoltà maggiori, costituisce l’esperienza ideale proprio in virtù dell’impostazione conferita al titolo dal team di sviluppo. Data anche la presenza di allarmi, che i nemici non esiteranno ad attivare se sotto attacco ma che il giocatore può disattivare per impedire che ciò accade, rimanere nell’ombra si rivela utile nella stragrande maggioranza delle situazioni.

NOVITÀ E VECCHI PROBLEMI

Spostando l’attenzione sul gunplay, è evidente il percorso di continuità che accomuna questo capitolo della serie e il precedente. Il feeling con le armi restituisce un ottimo feedback, grazie alla fedele riproduzione delle tantissime bocche di fuoco presenti nel gioco. Oltre al già citato uso del binocolo, ad esempio, Solveig può contare sull’uso di coltelli da lancio e scii con cui spostarsi velocemente lungo le discese innevate che ricoprono i bianchi pendii delle montagne norvegesi. Per distrarre i nemici è stata nuovamente inserita la possibilità di lanciare un’esca, per attirare la loro attenzione in uno specifico punto della mappa. Questi adesso dispongono di una precisa classe che li identifica, proprio come accade nelle partite multigiocatore: oltre a soldati corazzati armati di lanciarazzi, flammieri e assaltatori, potremmo trovarci di fronte anche a medici che cureranno i loro alleati, riportandoli in vita.

Quello che è ancora oggi uno dei più grossi limiti del genere sparatutto, riferendoci all’intelligenza artificiale dei nemici, purtroppo si palesa anche in Battlefield V. Il cambio verso l’alto della difficoltà restituisce avversari con una mira migliore e poco altro, mentre permangono situazioni in cui questi rimangono esposti al fuoco nemico senza preoccuparsi di mettersi al riparo. I soldati tedeschi denotano però una discreta vista, con un indicatore pronto a segnalarci quando saremo troppo esposti. L’inserimento di collezionabili e sfide, i primi sotto forma di lettere che è possibile leggere in un secondo momento, le seconde con una serie di obiettivi secondari quali completare una sezione senza far scattare allarmi o eliminare nemici con attacchi corpo a corpo, non aumentano in maniera significativa il fattore rigiocabilità, fornendo solo alcuni armi da mischia per il multiplayer ai giocatori che riusciranno a completarle.

Battlefield V

CARTOLINE DAL FRONTE

La potenza del motore grafico Frostbite non viene sfruttata appieno, con una limitata distruttibilità di strutture ed edifici, che rimane quindi a esclusivo appannaggio della modalità multiplayer. D’altro canto, l’impianto audiovisivo messo a punto da DICE strappa ancora applausi a scena aperta, grazie a un lavoro semplicemente ineccepibile. La sferzante bufera di neve in Nordlys o l’alternanza tra i boschi ingialliti dalle foglie e le violacee distese di lavanda della Provenza sono assimilabili a bellissimi quadri in movimento, anche quando deturpati dagli orrori della guerra. A questa ispiratissima visione artistica si aggiunge un comparto tecnico maestoso soprattutto per quanto concerne effetti volumetrici come esplosioni, effetti particellari e giochi di luce.

Non manca qualche compromesso a cui sottostare, come una certa ripetitività nel level design all’interno degli edifici e dettagli non sempre rifiniti, ma parliamo di elementi che non guastano più di tanto il grande lavoro svolto da DICE. La fedeltà sonora setta nuovi standard sia per la serie che per l’intero genere videoludico: esplosioni, campionature delle armi e perfino le grida strazianti di soldati moribondi ricreano perfettamente la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di un sanguinoso scontro a fuoco. Inoltre, nel voler instillare un maggior senso di immedesimazione e profondità all’interno delle Storie di Guerra, gli sviluppatori hanno optato per un doppiaggio nella lingua madre dei personaggi, che comunicheranno dunque nell’idioma di riferimento. Sommando le due componenti è chiaro che ci ritroviamo davanti all’ennesima dimostrazione di forza da parte degli sviluppatori svedesi.

PER NON COMMETTERE GLI STESSI ERRORI

Ancora una volta si impersonano dunque giovani soldati, strappati dalla quotidianità della loro giovinezza per essere scaraventati con forza in un contesto totalmente avulso, pronto a cancellare ogni traccia della loro purezza. Una mossa atta a trasmettere un senso di drammaticità ancora più esasperato, in cui a morte e distruzione si alternano eroismi e amor patriottico, dove alle più nobili virtù dell’essere umano si contrappone la sua indole diabolica e meschina. Storie di vincitori e vinti, ma anche di riscatto e coraggio, gesta eroiche cancellate dai libri di storia a causa del colore della pelle diverso dal proprio, persone considerate inferiori tanto dai nemici che da chi combatte in difesa della stessa patria.

Raramente si rimane impassibili al cospetto di una narrazione che riesce a toccare le giuste corde emotive, proprio come accade in più frangenti nelle storie raccontate in Battlefield V. Dopo averle completate tutte però, a mente fredda, la sensazione è che manchi qualcosa. Fatta eccezione del prologo, i momenti drammatici e strazianti aleggiano intorno al giocatore, che ne diventa spettatore e mai protagonista in maniera diretta: nella mente dell’io giocante è radicato quindi il pensiero che egli riuscirà a cavarsela sempre e comunque, mentre attorno a lui imperversa la furia della guerra, che colpisce inevitabilmente alleati e nemici senza distinzione alcuna.

In pochi casi viene sferrato un deciso colpo emotivo che colpisce il giocatore come un pugno nello stomaco, cosa che in certi casi è però necessaria al fine veicolare il messaggio nella sua interezza, privo di filtri e senza perdita di efficacia. La narrativa è di quelle forti, a tratti epiche, ma pecca in termini di incisività, seppure la brutalità della guerra venga costantemente puntualizzata, martellando incessantemente su quanto questa sia ingiusta e portatrice di morte e distruzione. Rimane del tutto apprezzabile l’impegno profuso dagli sviluppatori nell’affrontare un periodo storico del genere senza lanciarsi in eroismi hollywoodiani e non cedendo al fascino della spettacolarità a tutti i costi. Il nostro augurio è che in futuro ci si possa trovare di fronte a una narrazione ancora più profonda e audace, facendo trasparire in maniera più netta stati d’animo, paure e speranze di uomini e donne comuni che videro per sempre sconvolte le loro vite.