Mortal Kombat - Le Fatality

Mortal Kombat e le Fatality: oltre la semplice violenza

Cosa sono e come nascono le mosse speciali del picchiaduro di NetherRealm Studios? Scopriamole insieme!

La voce possente di Shao Kahn non lascia adito a dubbi: quel “Finish Him” può solo voler dire che la vita del malcapitato di turno terminerà nel peggiore dei modi. Utilizzare però il singolare sarebbe un errore, in quanto nel pacifico mondo di Mortal Kombat esistono infinite maniere per porre fine all’esistenza altrui. In un’era in cui nei picchiaduro gli scontri si concludevano con un semplice K.O. e tanti cari saluti, Ed Boon e John Tobias sono riusciti a rivoluzionare il concetto di “mossa finale”.

Le Fatality non sono quindi delle semplici esecuzioni spettacolari ma il vero marchio di fabbrica dell’intera serie. Dalle più banali ma efficaci a quelle più convolute, le suddette hanno fatto la storia del picchiaduro come lo conosciamo oggi contribuendo, grazie alla loro “quasi segretezza” iniziale, al culto dei cheat codes, alla ricerca della guida perfetta e allo spulciare riviste specializzate. Alle Fatality si sono poi aggiunte le Brutality, Babality, Animality e tante altre mosse strampalate, nate dall’unione del genio autoriale e dal contatto con una fan base tanto folle quanto ispirata. In questa sede, aspettando l’ormai imminente recensione di Mortal Kombat 11, ne ripercorreremo la storia, evidenziando le migliori Fatality mai create dal team di sviluppo.

ATTENZIONE: quanto segue non è adatto ai deboli di stomaco!

L’IMPORTANZA DEL KOLPO DI GRAZIA

Giocare a un qualunque gioco di lotta nel 2019 equivale a constatare un fatto più che chiaro, vale a dire che le mosse finali siano oggi presenti praticamente ovunque. Da Street Fighter a Tekken, passando per tutti i picchiaduro di Arc System Works, ogni personaggio è stato dotato di una propria finisher, un metodo per atterrare l’avversario e concludere lo scontro coi fuochi d’artificio. Un tempo però tutto ciò era appannaggio di un singolo prodotto, il controverso e sanguinolento Mortal Kombat. Il primo storico capitolo della saga – oltre ad aver sdoganato un nuovo tipo di violenza videoludica tutto occidentale – ebbe l’indiscusso merito di aver introdotto tale meccanica: una volta svuotata completamente la barra della vita, premendo una sequenza precisa di tasti il giocatore avrebbe eseguito una mossa segreta.

Tempo d’esecuzione molto ristretto e complessità delle combinazioni, due nemici per qualunque giocatore della domenica. Mortal Kombat era destinato soprattutto ai kombattenti più incalliti, agli utenti che respiravano e vivevano l’atmosfera degli scontri all’ultimo sangue. Le Fatality consistevano quindi nello strappare via il cuore del nemico, decapitarlo a mani nude, dargli fuoco e tante altre soluzioni poco ortodosse per trattare un cadavere.

Chi è cresciuto in sala giochi sicuramente avrà avuto a che fare con un cabinato di Mortal Kombat e con le conseguenti leggende circa le succitate. Durante le prime iterazioni del brand non esisteva un preciso elenco mosse, il che rendeva ancor più difficile sapere con certezza quali combinazioni di tasti premere per eseguire una Fatality. Non era raro infatti scorgere giocatori intenti nel massacrare pulsantiere completamente a caso, spesso finendo col non cavare un ragno dal buco. Fortunatamente, oggi possiamo godere di liste aggiornate e forniteci nei giochi stessi, nonché sequenze di tasti ben più semplici (come dimenticare le catene kilometriche di Mortal Kombat 4).

Col trascorrere del tempo, le Fatality sono divenute sempre più fantasiose e realistiche e di alcune abbiamo parlato anche nel nostro approfondimento sul Kast di Mortal Kombat 11. Nate quasi per gioco, le Fatality sono diventate ben presto un punto fermo di tutte le produzioni di NetherRealm Studios, nonché elementi che i giocatori desiderano di conoscere anzitempo. Tra quelle più famose non possiamo non citare quelle del primissimo capitolo, tra cui la decapitazione con spina dorsale di Sub-Zero, l’incenerimento di Scorpion e la “strappa-cuore” di Kano. L’unico episodio a non aver presentato quest’ultime nella loro solita veste è stato Armageddon, il quale proponeva un sistema di Fatality personalizzate, ovvero una lunga sequela di colpi fisici ma privi di qualsivoglia fascino. Non dimentichiamoci inoltre di alcune conclusioni che hanno scandalizzato pubblico e critica: la sega circolare di Kung Lao che divide a metà il nemico a partire dall’inguine; Scorpion che taglia a metà la faccia dell’avversario con tanto di lingua e cervello tagliati à la julienne; gli atti di cannibalismo di Mileena e Baraka; l’esplosione cerebrale di Raiden.

CONCLUSIONI IN GRANDE STILE

Per chi non lo sapesse, le Fatality non sono l’unico modo per spappolare un kombattente e porre fine allo scontro. Debuttanti in Ultimate Mortal Kombat 3, le Brutality sono diventate – al pari delle Fatality – un altro punto fisso della serie di NetherRealm Studios. A differenza del post “Finish Him”, le Brutality non si effettuano dopo aver già sconfitto il nemico, bensì sono colpi coi quali sottrargli gli ultimi scampoli di vita. Se effettuati nel modo corretto, l’avversario andrà al tappeto direttamente, senza K.O. e piccole sequenze scriptate. Per quanto sia divertente utilizzarle, nulla può però sostituire la soddisfazione di somministrare al malcapitato di turno una bella Fatality.

Esattamente come per quest’ultime, ogni personaggio è dotato di più Brutality e spesso andranno sbloccate previa pagamento all’interno della Kripta. Mortal Kombat X ne aveva una enorme e ricchissima ma poter acquistare tutto era davvero dispendioso e richiedeva un numero di ore di gioco davvero irrealistico. In seguito è stato possibile sbloccarne tutti i contenuti con un DLC da una decina d’euro ma la cosa è stata mal digerita dalla community. Si spera che la musica cambi con l’undicesimo capitolo e che per aprire un singolo sarcofago non sia più necessario terminare più volte la campagna o sconfiggere centinaia di nemici online.

DRAGONI E PICCOLI BEBÈ

Dopo aver parlato delle Fatality e delle meno fortunate Brutality, è tempo che le cose si facciano ancor più strane. Sempre in Mortal Kombat 3 gli sviluppatori introdussero un nuovo tipo di finisher chiamate Animality. I kombattenti potevano trasformarsi in un animale e fare a pezzi gli sfidanti, dallo scorpione gigante di Scorpion al dragone di Liu Kang: certo è che vedere Stryker trasformarsi in Tirannosaurus Rex e Johnny Cage in canguro era davvero bizzarro. Il concept delle Animality è stato poi ripreso in minima parte anche nei titoli successivi, dove i già menzionati Scorpion e Liu Kang ne hanno fatto una Fatality vera e propria.

Per rispondere alle critiche di chi aveva trovato il primo Mortal Kombat davvero troppo violento, gli sviluppatori idearono altre mosse conclusive che facessero sì contenti i detrattori, ma che li sbeffeggiassero allo stesso tempo. Stiamo parlando delle Babality e delle Friendship (presenti da Mortal Kombat 2 in poi): mentre la prima – già esplicativa dal titolo – trasformava il nemico in un infante lagnoso, le seconde vedevano i due lottatori diventare inspiegabilmente amici o svolgere assieme attività del tutto inoffensive, come giocare con le palline e fare i giocolieri. Come abbiamo già detto, NetherRealm – o meglio gli sviluppatori che da sempre ne hanno composto il team – possiede una creatività davvero fuori dal comune.

Abbiamo parlato di Fatality, della loro origine quasi fortuita, dell’importanza delle finisher nei picchiaduro e di tutte le loro evoluzioni e alterazioni nel corso della saga di Mortal Kombat. Come avete già potuto notare nel nostro approfondimento sul Kast, anche l’undicesimo capitolo offrirà ai fan mosse finali davvero esilaranti, brutali, volutamente esagerate e inverosimili. Il picchiaduro di casa NetherRealm non è però solo gore e budella spappolate, ma possiede anche una trama ricca di eventi, personaggi e segreti tutti da svelare: scoprite tutto ciò all’interno della nostra Kover Story di aprile dedicata a Mortal Kombat 11.