In The Legend Of Zelda: Link’s Awakening nulla è andato perso (a parte i salvataggi)

La nascita e l'evoluzione di uno dei capitoli più amati della serie, dall'esordio su Game Boy fino all'arrivo su Switch.

Poco più di un anno fa Nintendo annunciava, per la gioia dei giocatori, che era al lavoro su un remake di The Legend of Zelda: Link’s Awakening per Nintendo Switch. Ovviamente come tutto ciò che riguarda la saga di Zelda il titolo ha saputo calamitare l’attenzione dei fan Nintendo che hanno pazientemente (nemmeno poi tanto) atteso fino al 20 settembre 2019 per poter mettere la mani nuovamente su un titolo con protagonista Link dopo il digiuno forzato post di The Legend of Zelda: Breath Of The Wild.

The Legend of Zelda: Link’s Awakening nasce tanti anni fa ed è un piccolo miracolo: la sua prima comparsa avviene nel 1993 su quella mitologica macchina da gioco portatile che porta il nome di Game Boy, quando la piccola console ha cinque anni di vita sulle spalle. Cinque anni che ora significano che una console è ormai sul viale del tramonto, mentre il Game Boy di Nintendo non avrebbe visto il suo successo per almeno per altri quattro anni.

Così nel 1993 inseriamo quella cartuccia grigia con la scritta THIS SIDE OUT nella console e nel mezzo di una tempesta quadricromatica veniamo per la prima volta sbalzati sull’isola di Koholint. La quarta avventura di Link si apre così, in maniera misteriosa, dopo essersi fatto conoscere con due episodi su NES e uno su Super Nintendo, il passaggio di testimone e l’esigenza di rendere l’esperienza portatile vista la popolarità enorme della piccola console era obbligatoria. Nintendo EAD si mette al lavoro e realizza questo piccolo capolavoro che porta tutti i possessori di Game Boy dell’epoca a esplorare quell’isola in cui il naufragar non è stato poi così tanto dolce. Recuperato lo scudo in un siparietto che ricorda un po’ il salvataggio di Marty McFly in Ritorno al Futuro con il suo nome scritto sulle mutande, siamo pronti a esplorare l’isola alla ricerca prima della nostra spada e poi di un modo per andarcene.

Il nostro arrivo ha però risvegliato un numero imprecisato di mostri e nemici che non renderanno facile il nostro cammino, come giusto che sia. Link non si perderà d’animo e inizierà il suo viaggio conoscendo e scoprendo luoghi e dungeon tanto cari a chi da sempre ama l’avventura e l’esplorazione di luoghi nascosti e misteriosi, un po’ come il suo creatore, un po’ come noi che ora prendiamo il pad in mano per guidare quello che una volta era un insieme di circa 160 pixel su Game Boy e che ora è diventato grande, crescendo insieme a noi.

Durante la sua crescita, quando oramai era presente sul mercato da cinque anni, il piccolo link monocromatico riceve un trattamento speciale. Nintendo, forte del successo della sua console portatile, decide che è ora di aggiungere qualche colore allo schermo e immette sul mercato il Game Boy Color, più piccolo del precedente modello e funzionante con la metà delle pile, raddoppiando così le ore che potevamo passare lontani da casa e da una presa di corrente, quando i power bank dell’epoca venivano chiamati battery pack.

Grazie a questa magia capace di portare il colore alla nostra vista, ma senza farci spendere più di batterie che di console (Duracell ringrazia ancora SEGA Game Gear e Atari Lynx), la piccola cartuccia di Link’s Awakening passa dal grigio tipico dei giochi Game Boy al nero e guadagna il suffisso DX. La nuova versione del gioco era retrocompatibile con il vecchio GameBoy ma guadagnava, se utilizzato nella nuova console portatile, una serie di nuovi aspetti che lo rendevano praticamente un gioco nuovo.

L’intera isola di Koholint venne colorata senza tralasciare nessun dettaglio, l’ottimo lavoro già visionabile in quello schermo monocromatico di 160×144 pixel raggiungeva nuovi dettagli descrittivi con l’aggiunta del colore, come quando si completa un dungeon e si tornava nuovamente alla luce. Una nuova aria da respirare e una cura per i dettagli maniacale. Se considerate che, in quello schermo piccolo trovava spazio (nella parte bassa) anche l’inventario degli oggetti in uso, la vostra scorta di Rupie e la salute, allora The Legend of Zelda: Link’s Awakening era un piccolo miracolo concentrato in uno spazio immensamente ristretto.

La nuova versione DX mostra quindi le capacità cromatiche del Game Boy Color regalandoci un nuovo dungeon ed enigmi cromatici, ma oltre a questo fanno la comparsa nel mondo dei videogiochi anche i primi trofei. L’aggiunta del negozio del fotografo nel gioco permetteva infatti di essere “paparazzati” in determinati momenti dell’avventura dal curioso e insistente personaggio che scattava con la sua macchina una foto istantanea che potevate poi rivedere nella sua bottega. Questi scatti potevano poi essere stampate attraverso la Game Boy Printer, un curioso (quanto desiderato) accessorio con il quale stampare sulla carta termica le proprie foto fatte con la Game Boy Camera o quelle, appunto, scattate dal fotografo del villaggio.

Ed ecco che una volta uscito il piccolo pezzo di carta dalla stampante potevate vantarvi del vostro trofeo con gli amici, sperando che la stampa non svanisse così in fretta, come succedeva quando lo scontrino vi serviva come prova di acquisto per la garanzia di qualche prezioso dispositivo elettronico. Un totale di tredici foto potevano essere scattate e stampate, stava al giocatore il dover scoprire come e quando, cosa che è andata ovviamente (purtroppo) perduta in questa nuova versione per Nintendo Switch, rimpiazzata con altre novità dal momento Nintendo non ha ancora annunciato una Switch Printer, anche se i tempi sarebbero maturi per una collaborazione con Polaroid.

Se presi dalla nostalgia siete corsi a prendere la vostra vecchia cartuccia di Link’s Awakening per rivedere a che punto eravate arrivati con il gioco, o semplicemente per fare un confronto tra le due versioni, mi auguro vivamente che i vostri salvataggi siano ancora presenti. La batteria tampone al suo interno sarà probabilmente giunta alla fine del suo ciclo vitale rendendo ogni tentativo di salvare il gioco vano e le vostre ore passate sul Game Boy solo un ricordo nella vostra mente.

Link’s Awakening in versione Switch si è rivelato un ottimo remake, d’altronde è partito da una buona base e nulla è stato cambiato, se non l’aspetto grafico che è stato il motivo maggiore di discussione tra i fan. Una volta uscito il titolo comunque le critiche si sono placate per fare spazio all’ottimo prodotto, confezionato ancora una volta in maniera perfetta da parte di Nintendo.

Ritroviamo dunque tutti gli aspetti che ci hanno fatto amare il gioco, nel caso lo conoscessimo già in una delle sue precedenti versioni e, in caso contrario, abbiamo la fortuna di vivere per la prima volta quello che è considerato come uno dei migliori episodi della longeva saga di The Legend of Zelda in una veste rinnovata, senza dover ricorrere a pratiche ben più costose come l’acquisto di vecchie console e cartucce.

Legend Of Zelda: Link’s Awakening è il titolo perfetto anche per un primo approccio con la saga: ne ricalca le meccaniche più classiche e interessanti per introdurle gradualmente in un mondo onirico, diverso da qualsiasi cosa possiate mai vedere in un altro episodio. L’isola di Koholint è ricca di particolari da scoprire e personaggi che per la prima, e unica volta, compariranno accanto a Link durante l’avventura, il tutto condito da una colonna sonora capace di farvi sognare.


Link’s Awakening è frutto di un periodo di sperimentazione e infinite possibilità, un processo creativo e un approccio diverso da quello seguito per ogni altro gioco (di Nintendo e non solo) e i risultati sono tutti dentro a queste piccole cartucce, adesso come allora.