Armikrog

Armikrog

The Neverhood risale al 1996, a ben venti anni fa. Un’avventura grafica apprezzata dalla critica e da una discreta fetta di appassionati. All’epoca, a dire il vero, il titolo non riscosse un grande successo di vendite. Viene ricordato, in particolare, per quella plastilina che plasmava un mondo di gioco artisticamente originale e “materico”. Oltre che per il suo creatore, Doug TenNapel, il papà di Earthworm Jim. Tre anni prima, nel 1993, anche Interplay si dava alla plastilina con Clayfighter (e Claymates). La claymation entra in scena al cinema all’inizio del Novecento; nei videogiochi all’inizio degli anni Novanta. Clayfighter sembrava un titolo proveniente dal futuro, un gioco artisticamente d’avanguardia. La plastilina è magnetica: solida anche quando è digitale, riporta la mente all’infanzia e a una dimensione artigianale che sembra anni luce lontana dal codice binario.

Armikrog è il seguito spirituale di The Neverhood, il risultato di una campagna Kickstarter chiusa con successo e che ha puntato tutto sull’effetto nostalgia. Un omaggio al passato che risulta evidente sin dalle prime battute, un’avventura grafica vecchia scuola. Era già chiaro su PC – dove il gioco è stato pubblicato nel 2015 – e ora su PS4 la storia si ripete, con un’aggravante. Gli sviluppatori dimostrano di aver dimenticato un dettaglio importante: il joypad non è un mouse.

UNA FRAGILE PREMESSA

Armikrog è un’avventura grafica chiaramente sbilanciata sul versante dei puzzle. La premessa narrativa non solo è assai debole, ma non viene adeguatamente sviluppata durante l’avventura. Il protagonista, chiamato Tommynaut, è l’unico superstite di un trio di eroi che rappresenta l’ultima speranza per il pianeta di origine. Inviato nello spazio per recuperare un minerale vitale per la propria gente, il nostro eroe finisce per schiantarsi su un pianeta ostile. Siccome le disgrazie non vengono mai sole, viene pure rinchiuso col suo buffo cane Beak-Beak in una fortezza a prova di fuga. Lì inizia il viaggio verso la salvezza, un viaggio di circa tre-quattro ore fatto di enigmi che si susseguono uno dopo l’altro senza soluzione di continuità.

Gli sviluppatori hanno puntato tutto sulla componente puzzle, più che su quella narrativa, ma a risentirne è il ritmo globale dell’opera. Senza una narrazione forte a fare da impalcatura, il gioco perde mordente e rischia di ridursi a una fredda sequenza di rompicapo più o meno riusciti. Se è vero che alcuni enigmi sono piacevolmente intelligenti, altri non sono del tutto chiari e logici. Ci sta, nessuna avventura grafica è perfetta, ma in questo caso l’interfaccia ci mette lo zampino. Il cursore si attiva quando si può interagire con un oggetto dello scenario, per esempio, ma solo se si possiede l’oggetto giusto con cui agire. Di conseguenza, non sempre si notano i punti di interesse, a meno che già non si possieda l’oggetto nell’inventario. Inventario che è tra l’altro inaccessibile al giocatore. Ogni oggetto viene infatti conservato da Tommynaut nello stomaco e viene estratto solo all’occorrenza, di fronte all’area di interesse specifica. Questo significa che il giocatore può persino dimenticare quali oggetti esattamente possiede. Una scelta che in parte facilita il compito all’utente, in parte appiattisce l’esperienza di gioco. Anche i dialoghi, per esempio, rinunciano alle scelte multiple, ma quantomeno si rifanno sul fronte dello humour. Aspetto in cui Armikrog non difetta.

L’IRONIA DELL’ADATTAMENTO

Prendiamo Beak-Beak, il cane parlante e volante che affianca Tommynaut. Già il fatto di trovarsi di fronte a un cane parlante e volante (a patto di fargli mangiare l’insetto giusto) la dice lunga sull’atmosfera dell’avventura. Il giocatore può assumere il controllo di Beak-Beak in certi frangenti e infilarsi in pertugi altrimenti inaccessibili. Lì Beak-Beak dà il meglio, con la sua vista in bianco e nero che guarda il mondo in chiave differente (e vede cose che Tommynaut non riesce a scorgere). L’avventura richiede insomma ai due personaggi di alternarsi e di valorizzare le proprie specificità.

Veniamo però al vero punto dolente di questa versione console. Gli sviluppatori si sono limitati a portare il gioco da PC a console, senza considerare – come si diceva in apertura – che il joypad non è un mouse. Certo, su PS4 si può usare il touch, ma non è esattamente intuitivo. Muovere il cursore con lo stick diventa a tratti problematico, soprattutto di fronte a certi enigmi in cui i punti cliccabili sono ravvicinati e si tende a sbagliare obiettivo. Sarebbe stato opportuno adattare il sistema di controllo alla nuova piattaforma, ma evidentemente la pigrizia ha avuto la meglio. Potendo, conviene di sicuro giocare la versione PC del gioco.
Armikrog sembra un titolo proveniente dal passato che non si sforza affatto di adattarsi ai tempi che corrono. Un regalo per vecchi nostalgici o amanti della plastilina. Tutti gli altri ci pensino due volte.

Armikrog
ARMIKROG
GIUDIZIO
Adattare un'avventura grafica a un joypad non è un gioco da ragazzi e certo non si può semplicemente trasferire il gioco dalla piattaforma d'origine a quella di destinazione senza apportare modifica alcuna all'interfaccia. Da questo punto di vista, Armikrog tradisce una certa pigrizia: stick e cursore non vanno esattamente d'accordo. Una narrazione debole e una struttura troppo incentrata sui puzzle lo rendono un titolo adatto solo ai nostalgici.
GRAFICA
7.5
SONORO
6.5
LONGEVITÀ
6
GAMEPLAY
6
PRO
Difficile resistere al fascino della plastilina
Alcuni puzzle originali
Un gradito omaggio al passato
CONTRO
Non sempre la nostalgia paga
Ritmo lento
Narrazione un po' debole
6
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