Anarcute

Anarcute

Chi meglio di un gruppo di francesi può raccontare la rivoluzione? I ragazzi di Anarteam, con base a Valenciennes, sembrano infatti avere le idee decisamente chiare e per introdurre la loro opera prima citano nientemeno che la grande rivoluzione del 1789. Solo che qui il tono si fa vagamente meno serio: niente presa della Bastiglia né decapitazioni, solo tanti buffi animaletti che decidono di dire basta al regime imperante.

Una parentesi, prima di iniziare, è d’obbligo. Stiamo assistendo sempre più spesso alla diffusione di piccole opere che nascono come progetto scolastico, spesso all’interno di percorsi di studi espressamente dedicati alla creazione di videogiochi. Una tendenza che si è accentuata negli ultimi anni e che è un segnale forte di quanto il panorama videoludico stia mutando. C’è una produzione dal basso che non prescinde dalla formazione, a testimonianza che dall’unione tra videogioco e studio – sia esso tecnico o umanistico – possono nascere proficui percorsi di business. Siamo sulla buona strada. Parentesi doverosa, visto che i cinque sviluppatori di Anarteam sono tutti studenti provenienti dalla scuola francese di Supinfogame. Ma torniamo ad Anarcute.

Anarcute
Nulla resiste alla rivoluzione, nemmeno gli edifici

ANIMALI IN GABBIA

Nessuna prigione può contenere una rivoluzione, una volta che il seme è stato lanciato. Lo sanno bene i dolci – che poi tanto dolci non sono – animaletti antropomorfi di Anarcute. C’è un regime che controlla l’informazione e metto tutto a tacere nel mondo di Anarcute. Promuove sicurezza e unità, ma in realtà vuole solo governare senza alcuna forma di dissenso. Il primo branco di animaletti viene catturato, messo in gabbia e portato lontano, nascosto agli occhi dei più. Ma da quella gabbia un volantino cade leggiadro e semina il dubbio tra chi ancora è libero. La rivolta ha inizio.

Anarcute non si prende affatto sul serio, al contrario, dipinge la rivoluzione come un gioco e la trasforma, a tutti gli effetti, in gioco. Di rivolte parlerà anche l’imminente e italianissimo Riot, ma qui il tono è indubbiamente più buffo e scanzonato. Tuttavia, chissà che Anarcute non possa raccontare ai più piccini, in maniera semplice e basilare, cosa sia e perché nasca una rivoluzione.

DA PIKMIN…

Il giocatore veste i panni di uno sparuto gruppo di animali antropomorfi, un gruppo destinato a crescere all’interno di ogni livello. Gli sviluppatori si sono chiaramente ispirati a due grandi capisaldi: Pikmin e Katamari Damacy. Dal titolo Nintendo hanno preso in prestito il concetto di team in sviluppo. Il gruppo di riottosi può raggiungere cifre ragguardevoli, con decine e decine di animali su schermo che distruggono ogni cosa al proprio passaggio. Ogni animale può afferrare pezzi di scenario e usarli come arma contundente. Più il gruppo cresce, più si sbloccano abilità. Raggiunti i dieci animaletti, per esempio, si possono spingere grandi oggetti; man mano che il gruppo si fa più numeroso si ha la possibilità di abbattere edifici, di fruire di proiettili infiniti e così via.

Una meccanica che incentiva il giocatore a salvaguardare il proprio team. Gettarsi nella mischia, in altre parole, non è quasi mai una strategia vincente. Si può in effetti optare per lo scontro diretto, ma si rischia di perdere elementi utili. Meglio lanciare oggetti o auto (che esplodono), oppure far crollare gli edifici sui nemici. La preservazione del gruppo incide sulle abilità e quindi sulla modalità con cui si può approcciare ogni livello. In questo senso, gli sviluppatori dimostrano notevole competenza nel valorizzare la progressione e lo sblocco delle abilità (che possono essere acquistate di livello in livello investendo in gettoni). Anarcute sembra insomma seguire alla lettera il manuale del buon game design.

Anarcute
Quella bandiera sarà nostra!

…A KATAMARI

Da Katamari Damacy il titolo francese prende in prestito non solo la sensazione di potere e piacevole distruzione che aumenta quando lo schermo si riempie di animali in rivolta, ma anche quel tono scanzonato e tutto giapponese che permea l’intera avventura. Di location in location – si va da Tokyo a Parigi, passando per Miami e Reykjavik – si respira un’atmosfera buffa e strampalata (quel cute nel titolo non è ovviamente casuale). A Parigi si finisce pure per abbattere la torre Eiffel, in allegria e spensieratezza. A proposito di Parigi, già dal secondo mondo il titolo comincia a dare filo da torcere al giocatore. Il game over diventa più frequente e si inizia a comprendere sempre più chiaramente quanto sia importante pianificare l’esplorazione e valutare il momento giusto per attaccare avversari via via più ostici. Alla fine di ogni mondo non poteva mancare il tradizionale boss di fine livello. Sempre per la solita storia del manuale del buon game design.

La direzione artistica è graziosa, ma forse non sufficientemente forte e memorabile: il rischio è che il gioco si perda nel mare magnum della produzione indie. Un po’ di tearing compare qua e là, ma nulla di particolarmente dannoso dal punto di vista ludico. Come opera prima Anarcute fa decisamente ben sperare: non è un titolo eccessivamente longevo (si può arrivare ai titoli di coda in 4-5 ore di gioco) ma divertimento e originalità sono garantiti. Una piccola opera che in quel mare magnum citato poche righe fa non merita certo di finire.

Anarcute
ANARCUTE
GIUDIZIO
Anarcute è un piccolo titolo realizzato con cura. Un curioso mix tra Pikmin e Katamari Damacy che riesce a rendere buffa e divertente persino la rivoluzione. Non resterà negli annali ma è un'opera prima che dimostra competenza e capacità di attingere alle fonti con creatività.
GRAFICA
6.5
SONORO
6.5
LONGEVITÀ
7
GAMEPLAY
7.5
PRO
Semplice e immediato
Meccaniche divertenti
Direzione artistica piacevole...
CONTRO
...ma non memorabile
Qualche problemino tecnico
Difetta in profondità narrativa
7
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