Homeworld: Deserts of Kharak

Sviluppato dalla neonata Blackbird Interactive, società che vanta tra le sue fila alcuni dei migliori talenti dei team di sviluppo che lavorarono alla saga di Homeworld e a quella di Company of Heroes, Homeworld: Deserts of Kharak è uno di quei prodotti che pochi si sarebbero aspettati di vedere uscire dal proverbiale cilindro di Gearbox Interactive. In un periodo in cui gli RTS non godono più della popolarità di un tempo, la scelta di rilanciare un brand come quello di Homeworld (peraltro dopo un lungo tira e molla burocratico che ha messo a rischio l’esistenza stessa di questa IP) è infatti apparsa come una follia agli occhi di molti, eppure, come nella più classica delle favole incentrate sul concetto di rinascita, Deserts of Kharak si è rivelato una gemma purissima di game design. Scopriamo insieme perché!

SOPRAVVIVERE… A OGNI COSTO

Ambientato su Kharak, Homeworld racconta una storia antecedente a quella dei vecchi capitoli della serie, incentrata sulle vicende di Rachel S’jet, ufficiale della coalizione impegnato nel recupero di un mistico manufatto che potrebbe rappresentare l’unica fonte di salvezza per un pianeta ormai prossimo al collasso. Una premessa interessante visto e considerato che parliamo di un prequel (raccontata peraltro con sequenze narrative artisticamente molto pregevoli) che si sviluppa ora dopo ora in maniera spesso inaspettata, dedicando ampio spazio a una profonda introspezione psicologica al fine di suscitare il massimo coinvolgimento. Insomma, un Homeworld diverso da come ce lo ricordavamo, soprattutto nel gameplay visto che per la prima volta nella storia della saga non si combatte nello spazio, bensì in un arido deserto che nasconde tanti segreti e altrettanti pericoli…

Nonostante tale stravolgimento concettuale, l’esperienza offerta si dimostra comunque estremamente fedele agli originali, al punto che la prima cosa che mi sento di sottolineare è che Homeworld: Deserts of Kharak non è un gioco per tutti né tantomeno rivolto a tutti, bensì un prodotto nato e soprattutto pensato per soddisfare una fetta di pubblico ben definita, ovvero i puristi della strategia in tempo reale. Il lavoro svolto da Blackbird Interactive manca infatti di quell’epicness che al giorno d’oggi siamo abituati a pretendere da qualsiasi tipo di prodotto, compensando tuttavia la sua mancanza di spettacolarità e appariscenza con una profondità davvero ineguagliabile. Insomma, poca apparenza ma tanta, tanta sostanza.

Homeworld: Deserts of Kharak è infatti un gioco lento e dal ritmo compassato in cui la conoscenza di ogni singola unità a propria disposizione è imprescindibile, in cui l’analisi del campo di battaglia determinante e, cosa ancor più importante, in cui la pianificazione di ogni singola mossa, anche quella apparentemente più banale, può fare la differenza, arrivando addirittura a ribaltare le sorti di incontri apparentemente dati per persi. A differenza di molti altri esponenti del genere, Homeworld non si basa infatti sulla forza bruta per determinare le sorti di uno scontro, bensì sulle abilità strategiche di coloro che si contendono una porzione di territorio, premiando quasi sempre il più abile e non necessariamente il più veloce a produrre eserciti di unità.

L’esperienza, com’è facile intuire, differisce dunque in maniera abbastanza significativa da quelle offerte da molti RTS “moderni”, dimostrandosi tuttavia molto più appetibile di quanto fosse lecito attendersi. E’ vero, la strada scelta dal team di sviluppo in termini di approccio al genere non gli garantirà chissà quanta popolarità agli occhi del grande pubblico visto il tradizionalismo che contraddistingue il concept di base, ma i veri irriducibili del genere andranno incontro a un’esperienza ricca di spunti e dunque davvero degna di essere ricordata. La campagna propone infatti una serie di missioni che brillano per una buonissima varietà di situazioni e se a questo aggiungiamo una struttura narrativa come detto piuttosto emozionante (pienamente godibile anche da noi Italiani vista la piena localizzazione dei testi) è davvero difficile non farsi trascinare anima e corpo nella realtà proposta.

Tutto, a partire da una visuale tattica di grande impatto visivo che garantisce una gestione del campo di battaglia davvero totale, dimostra il talento e soprattutto l’immensa competenza degli sviluppatori nel campo degli RTS (aspetto che dovrebbe accomunare qualsiasi produzione contemporanea ma… come ben sappiamo non è sempre così), aprendoci le porte di un’esperienza incredibilmente appagante sotto il profilo della profondità tattica tanto in singleplayer quanto online.

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Lo stile grafico è all’insegna del massimo realismo ma è innegabile che il suo essere piuttosto “particolare” possa far storcere il naso a più di qualcuno.

Sebbene il multiplayer sia, come da programma, una fonte inesauribile di stimoli e soprattutto il luogo ideale per mettere a dura prova le proprie capacità tattiche, a stupire è anche la bontà dell’intelligenza artificiale visto che anche a un livello di difficoltà standard, portare a casa la pelle può risultare più complicato del previsto sin dalle primissime ore. I nemici che ostacoleranno la nostra avanzata lungo tutto il corso della ricca campagna proposta, denotano infatti una padronanza del campo di battaglia davvero inaspettata, esibendosi nelle strategie più diverse.

Non siamo chiaramente di fronte a nemici capaci di adattarsi dinamicamente alle nostre azioni – gli schemi di attacco e difesa sono, ovviamente, abbastanza lineari a prescindere dalle nostre azioni – ma nel complesso non si può fare a meno di notare con una certa chiarezza il grande lavoro svolto dagli sviluppatori per orchestrare situazioni di gioco che possano esaltare davvero la già evidente profondità tattica dell’esperienza. Le soddisfazioni, così come il divertimento, sono dunque assicurate e questo anche grazie a una veste grafica di tutto rispetto in grado di accrescere ulteriormente il coinvolgimento dell’esperienza.

GIUDIZIO

Homeworld: Deserts of Kharak è un titolo che trasuda passione da ogni singolo granello di sabbia che compone il pericoloso deserto che fa da sfondo alle vicende narrate, e com’è giusto che sia, “passione” fa rima con “grande qualità”.