Project Zero: Maiden of Black Water

I tempi in cui le produzioni horror provenienti dall’oriente dominavano la scena videoludica mondiale terrorizzando giocatori di tutte le età sono ormai solo un vago ricordo, ma ciò non vuol dire che l’horror made in Japan sia una categoria ormai defunta. Durante la scorsa generazione abbiamo infatti assistito al lancio di diverse pregevoli esperienze all’insegna del terrore più puro (qualcuno ha detto Siren: Blood Curse?) e ora, con l’arrivo di Project Zero: Maiden of Black Water sembra proprio che gli appassionati di questa particolare categoria avranno un’ottima scusa per portarsi a casa un Wii U.

IL MALE SI COMBATTE A COLPI DI FLASH

Sullo sfondo di un antico monte, passato dall’essere un sacro luogo di pellegrinaggio al divenire l’oscura meta di aspiranti suicidi in cerca della pace eterna, Project Zero: Maiden of Black Water racconta una storia oscura, cupa e angosciante che ruota intorno a tre personaggi, ognuno dei quali, a suo modo, rappresenta un importante pezzo di un puzzle che andrà via via delineandosi con il passare delle ore.

L’atmosfera che si respira è quella tipica delle migliori pellicole horror “made in Japan”, con una regia che a tratti rasenta la perfezione per potenza espressiva e scelte stilistiche, e ciò che ne consegue è un’esperienza incredibilmente suggestiva, destinata a rimanere ben impressa nella mente di qualsiasi appassionato del genere. Tutto dalle ambientazioni ai modelli dei tanti nemici che si è chiamati a fronteggiare nel corso dell’avventura trasuda infatti una raffinatezza che solo un team di sviluppo di origine nipponica avrebbe saputo raggiungere… dimostrando perché, tanto in ambito videoludico quanto nel cinema, l’Oriente sia ormai da decenni un passo avanti a tutti.

Il senso di disagio che serpeggia in maniera quasi impercettibile durante il prologo, cresce infatti progressivamente minuto dopo minuto, culminando molto spesso con momenti di puro terrore che non hanno davvero nulla a che fare con i banali jumpscare a cui molti titoli horror di origine occidentale ci hanno abituato nel corso degli anni. Se c’è una cosa in cui il popolo Giapponese eccelle sono infatti proprio gli horror (fumetti, film, videogiochi… non fa differenza) e in questo senso Maiden of Black Water non rappresenta di certo un’eccezione.

Per quanto la componente tecnica sia indubbiamente poco al passo con i tempi, la direzione artistica, la colonna sonora e soprattutto gli effetti sonori che scandiscono l’evoluzione dell’avventura, risultano infatti determinanti per assicurare parecchie ore all’insegna del massimo coinvolgimento, e se non fosse per alcune infelici scelte di gameplay, saremmo probabilmente di fronte a una vera e propria pietra miliare del genere horror. La sola decisione del team di sviluppo di sfruttare il GamePad come una finestra verso un’altra dimensione e non come un banale schermo alternativo, la dice infatti lunghissima sulla bontà del concept di base ma… come dicevo, i difetti ahinoi non mancano.

Sebbene l’idea di incentrare la progressione intorno alla ricerca di tracce spirituali, all’uso di una misteriosa macchina fotografica in grado di individuare (e combattere) essenze maligne sia senz’altro vincente – soprattutto a fronte del sopracitato, geniale uso del GamePad – non si può infatti negare come il gameplay tenda a rovinare la qualità di un’esperienza altrimenti priva di veri e propri difetti. Macchinosi e scomodi sin dai primissimi minuti, i movimenti delle belle protagoniste possono infatti arrivare a risultare oltremodo frustranti nelle fasi più concitate dell’avventura, complicando in maniera eccessiva il superamento di specifiche porzioni di gioco.

Nulla che non si possa risolvere con un po’ di sano allenamento, ma ciò non toglie che trattandosi di un prodotto piuttosto longevo (siamo ben oltre le 15 ore, considerando anche la presenza di due finali e una mini-campagna sbloccabile al termine della storia principale) sarebbe stato lecito attendersi una realizzazione meno grossolana in termini di meccaniche di gioco. Non siamo chiaramente di fronte a limiti che possano pregiudicare la qualità dell’esperienza agli occhi degli appassionati, ma per eventuali neofiti la situazione potrebbe assumere una rilevanza ben diversa.

GIUDIZIO

Un horror di altissimo livello, minato tuttavia da un gameplay i cui limiti sono davvero difficili da ignorare, se non per eventuali irriducibili del genere.