Se qualcuno mi avesse detto che sarebbe arrivato un giorno in cui mi sarei ritrovato a vestire i panni di un condannato a morte costretto a lottare per la propria vita in un sadico gioco a premi di stampo strategico, probabilmente l’avrei preso per pazzo. Eppure è successo. Death by Game Show, titolo lanciato su PC proprio in questo periodo, è esattamente questo: un prodotto folle, bizzarro e soprattutto senza senso che sin dai primissimi minuti tradisce un’originalità di fondo davvero sorprendente. Il punto è che, purtroppo, “originalità” non sempre fa rima con “qualità”.
INTELLIGENZA CHE UCCIDE
Ambientato in un mondo in cui l’umanità si trova sull’orlo del baratro a causa di un progressivo istupidimento che ha permesso ai robot di imporsi come “razza dominante”, Death by Game Show racconta la storia di un simpatico ometto, condannato a morte a causa della sua eccessiva intelligenza. E non a una morte rapida, ma a un lunga e straziante serie di prove che, teoricamente, dovrebbero culminare proprio con la sua scomparsa. Una situazione apparentemente disperata dunque, se non fosse che, appunto, il nostro paffuto protagonista dispone di una risorsa ormai introvabile: un po’ di materia grigia!
L’idea di base, per quanto oggettivamente folle, si dimostra piuttosto gradevole soprattutto in virtù di un’atmosfera irriverente e scanzonata, ma a conti fatti non risulta purtroppo sufficiente per sopperire ai limiti di un concept che, sotto il profilo ludico, non riesce a convincere tanto quanto avrei sperato. L’avventura soffre infatti di una ripetitività di fondo davvero difficile da ignorare e sebbene questo non sia per forza un difetto, il problema è che oltre a essere ripetitivo Death By Game Show non è neanche particolarmente appassionante.
L’intera esperienza si basa infatti su una lunga serie di scenari a difficoltà crescente in cui l’obiettivo è sempre lo stesso: sfruttare un quantitativo limitato di risorse per respingere costanti ondate di nemici in attesa che un timer raggiunga lo zero permettendoci così di fuggire tutti interi. Semplice e intuitivo come concetto, ma tutt’altro che profondo o divertente nel momento in cui ci si trova a dover combattere per salvarsi la vita. Tralasciando l’estrema legnosità del protagonista, i cui movimento sono affidati all’intramontabile quartetto di tasti “WASD”, è infatti proprio la componente strategica dell’esperienza a lasciare profondamente a desiderare.
Che si tratti di scatenare sul campo di battaglia droidi difensivi o di costruire strutture difensive che possano rallentare le avanzate nemiche, tutto appare fin troppo caotico e approssimativo per assicurare la giusta dose di divertimento. Eccezion fatta per i primissimi livelli, la sensazione è che le proprie (eventuali) strategie non abbiano alcun reale senso e che la vittoria sia quasi sempre una questione di fortuna piuttosto che di abilità, e questo perché non si ha mai davvero alcun controllo sulla situazione.
Complice l’impossibilità di intervenire sul comportamento dei propri robot, ogni scontro con le unità nemiche non regala infatti la benché minima emozione, riducendo il tutto a una lunga sequela di esplosioni il cui unico scopo sembra essere quello di distogliere la nostra attenzione da un timer in costante diminuzione. Tutti i robot avanzano infatti sempre in linea retta, attaccando fino al momento della loro distruzione, e sebbene la possibilità di scegliere quali robot utilizzare riesca ad accrescere lievemente la componente tattica degli scontri, la sensazione è che in questo senso si sarebbe potuto fare decisamente di più.