5 videogiochi di cui (forse) non vedremo mai un seguito

5 videogiochi di cui (forse) non vedremo mai un seguito

Ci sono videogiochi capaci di segnare intere generazioni, rimanendo impressi nelle menti e nei cuori di giovani adolescenti che porteranno con loro preziosi ricordi legati a quelle esperienze anche in età adulta. La voglia di proseguire l’esperienza in quell’universo tanto amato da parte del pubblico è forte e gli sviluppatori, consci di avere ancora molto da raccontare, decidono di donare all’utenza un seguito del proprio lavoro.

Ci sono anche videogiochi che diventano istantaneamente dei successi commerciali, vuoi perché spinti da abili azioni di marketing da parte dei publisher, vuoi perché l’incessante passaparola dei videogiocatori ammaliati dai prodigi del prodotto in questione riescono ad accrescerne la popolarità al punto da farlo diventare un prodotto virale.

Alcune volte, già in partenza, un’opera è suddivisa in una serie di titoli che andranno a comporla. Tutto è ben chiaro nella mente degli autori e l’alfa e l’omega delle peripezie dei protagonisti sono definite da una precisa e meticolosa timeline. Non sempre, però, tutto va come pianificato e sono diversi i motivi per cui un’epopea videoludica si conclude.

In alcuni casi le software house decidono di porre fine alla saga semplicemente perché ritengono che il loro lavoro sia giunto al termine e che il prodotto in questione non abbia più nulla da offrire ai consumatori. Spesso accade anche l’opposto, ovvero che l’utenza rigetti una serie subendone, come conseguenza diretta, un clamoroso crollo delle vendite che costringe pertanto il publisher a terminarne la prosecuzione.

Ci sono però ulteriori circostanze che esulano dalle considerazioni di cui sopra e che pongono fine al progetto prematuramente. Una stroncatura da parte di critica e pubblico o il fallimento di un team di sviluppo possono esserne la causa, sopprimendo così prodotti dal valore inespresso che avrebbero magari meritato una seconda opportunità.

In questo articolo verranno indicati cinque videogiochi che con tutta probabilità, per un motivo o per un altro, non avranno mai un nuovo capitolo. O forse sì?

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MONKEY ISLAND 5

Un’opera d’intrattenimento che non ha certo bisogno di presentazioni. La massima espressione delle avventure grafiche LucasArts e del celebre sistema di controllo SCUMM. Dopo l’abbandono dei suoi creatori originali, le avventure del temibile pirata Guybrush Threepwood sono proseguite con fortune alterne.

Se da un lato The Curse of Monkey Island raccolse molti consensi all’epoca dell’uscita, la quarta iterazione delle vicissitudini arrembanti nel profondo dei Caraibi scatenò l’ira funesta dei fan di vecchia data. Complice la grande crisi del genere d’appartenenza e della compagnia, il brand è rimasto in disparte fino al 2009 quando una giovane Telltale Games ottiene la licenza per realizzare un’avventura episodica.

Nonostante l’apprezzamento generale per Tales from Monkey Island, un quinto capitolo rimane ancora oggi un sogno nel cassetto per i numerosi appassionati dell’opera piratesca per eccellenza del medium. Un sogno che con ogni probabilità rimarrà sempre tale dopo l’acquisto e il successivo smantellamento di LucasArts da parte di Disney, poco interessata allo sviluppo di videogiochi e agli altri storici marchi legati alla software house fondata da George Lucas.

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MAX PAYNE 4

Semplicemente una pietra miliare dell’industria. Il primo Max Payne, realizzato da Remedy Entertainment, è stato senza ombra di dubbio rivoluzionario. Un thriller dalle profonde tinte noir, caratterizzato da un’eccezionale regia per gli standard dell’epoca e dall’inserimento, per la prima volta in un videogioco, del cosiddetto bullet time (che consiste nella possibilità di rallentare il tempo per un certo periodo, così da avere una migliore gestione della situazione nelle sparatorie), divenuto poi un must nei titoli action delle generazioni successive.

Dopo un brillante secondo capitolo, la software house finlandese ha venduto i diritti del franchise a Take-Two Interactive, società a cui fa capo anche Rockstar Games. Il terzo episodio della serie, realizzato proprio da una branca del team dietro alla saga Grand Theft Auto, è stato comunque supervisionato dallo sceneggiatore originale dell’opera: Sam Lake, colui che, nel primo gioco della serie, ha donato le proprie fattezze al protagonista.

Nonostante un buon riscontro da parte di critica e pubblico, il titolo è sparito dai radar da ormai sei anni e, al momento, pare che Rockstar e Take-Two non siano propense a continuare le tragiche disavventure di Max.

Il ritorno di Remedy tra gli studi indipendenti potrebbe essere una buona occasione per provare a restituire alla saga la propria identità truce e grottesca che, con un ritorno alle origini, sarebbe sicuramente una gioia per tutti gli ammiratori dello storico videogioco del 2001.

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THE ORDER 1887

“Ciò che poteva essere e poi non lo è stato”, recitava un brano di qualche anno fa. La grande occasione di Ready at Dawn, premiata da Sony dopo i buoni risultati ottenuti con i due spin-off di God of War per le console portatili PlayStation.

Eppure, nonostante una realizzazione tecnica da capogiro per quegli anni e un immaginario straordinariamente dettagliato, qualcosa è andato storto nella produzione del primo grande progetto del giovane studio statunitense. Il titolo portava con sé delle aspettative altissime, ma la scarsa longevità e il riciclo di alcune meccaniche con i Lycan, oltre a una quantità troppo consistente di cut-scene in rapporto alle (poche) fasi di gioco vere e proprie, hanno condotto The Order 1886 a una disfatta totale.

Le recensioni poco lusinghiere e la furia del pubblico abbattutasi sul gioco ancor prima del lancio, hanno portato il publisher nipponico a rivedere i piani per il brand. Il progetto, chiaramente a lungo termine considerato il suo finale aperto, è stato messo in standby e il fatto che la software house si sia messa a lavorare su altri titoli minori e soprattutto multipiattaforma, lascia intendere che non vi sono piani immediati per un ritorno di Sir Galahad e soci.

A mente fredda, date le enormi potenzialità che la narrazione e l’universo ideati da Ready at Dawn potrebbero offrire, sarebbe un vero peccato se non venisse concessa al titolo una seconda chance. Chissà che Sony un giorno non ripeschi la proprietà intellettuale, magari affidandola a un team interno di fiducia come Sony Santa Monica o Sucker Punch; per il momento, però, la Londra steampunk partorita dalla mente di Ru Weerasuriya e il nostro Andrea Pessino è ferma al 1886.

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ALAN WAKE 2

Parliamo ancora di Remedy e di un prodotto dalle virtù inespresse. Alan Wake è un racconto intenso, intimo e tenebroso. È la travagliata storia di un celebre scrittore alla ricerca di una rinnovata verve che converge però fatalmente in una infausta tragedia, dove il confine tra realtà e finzione è sottilissimo. Il focus degli sviluppatori sulla presunta instabilità mentale del protagonista e sulla narrativa a essa legata, ha distolto probabilmente le attenzioni e l’energie nei riguardi del gameplay, estremamente semplicistico e poco stratificato, motivo per il quale il gioco non è riuscito a raggiungere lo status di capolavoro.

Nonostante qualcosa come cinque milioni di copie vendute, il lavoro dei ragazzi finlandesi, rilasciato in esclusiva per Xbox 360 e successivamente approdato anche su PC, è stato snobbato da Microsoft che ha candidamente declinato la proposta di Sam Lake per la realizzazione di un sequel.

Non sappiamo se assisteremo mai al ritorno di Alan Wake sui nostri schermi, ma una piccola speranza ce la concediamo comunque, considerato che il concept è già stato scritto da Remedy ed è lì in un cassetto polveroso che aspetta solo di essere tirato fuori. Magari, vista l’attuale penuria di esclusive di spessore in quel di Redmond, proporre Alan Wake 2 non sarebbe affatto una cattiva idea.

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BIOSHOCK 3

La visione di un uomo, la salvezza dell’umanità“. Visionario, utopico, oggettivista. L’opera concepita da Ken Levine è ancora vivida nelle menti di coloro che hanno giocato le controverse epopee di Jack e Booker.

Rapture, l’iconica e lussuriosa città sottomarina è ancora oggi un fulgido esempio di art design e level design, impeccabile nella sua realizzazione e caratterizzazione. Le atmosfere retrofuturistiche e i dialoghi, tipici della cinematografia statunitense del secondo dopoguerra, rendono il primo titolo del 2007 una delle esperienze più affascinanti e coinvolgenti del mondo videoludico.

Dopo un primo straordinario capitolo, BioShock 2 è la prova inconfutabile di quanto l’autorialità sia importante nella costruzione di un’opera. L’assenza di Ken Levine ha inconfutabilmente denotato una marcata mancanza di personalità nel prodotto, incapace di regalare un degno seguito dell’atipico sparatutto. A confermare ancora una volta la tesi sopracitata è BioShock Infinite, meraviglioso prequel delle vicende narrate a Rapture e forse il punto più alto dell’intera trilogia. Levine torna al timone del progetto e sforna un titolo onirico, artisticamente memorabile e fedele alle origini.

Purtroppo, con la chiusura di Irrational Games nel 2014 e con i diritti del gioco in mano a Take-Two Interactive (sì, ancora lei), difficilmente vedremo a breve un nuovo episodio di questa splendida saga. Nonostante le voci che vorrebbero un annuncio di un ritorno della serie al prossimo E3 di Los Angeles, il rischio per i fan di vedere un nuovo prodotto inadeguato è troppo alto. Il publisher statunitense si accollerebbe questa ingrata responsabilità?

Questi sono alcuni dei sequel di titoli celebri su cui ci piacerebbe mettere le mani, ma ovviamente ci sarebbero tanti altri esempi da citare! Fateci sapere le vostre opinioni nei commenti, indicando quali videogiochi credete che meriterebbero un nuovo episodio.

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