20 anni di Metal Gear Solid

20 anni di Metal Gear Solid: storia di un capolavoro che ha cambiato il mondo dei videogiochi

Il 26 febbraio del 1999 faceva il suo esordio la leggendaria avventura di Solid Snake. Nulla sarebbe stato come prima.

Vi ricordate il 1999? In quell’anno sono successe tante cose: Roberto Benigni vince tre Oscar con La vita è bella, Michael Jordan decide di ritirarsi dal basket, Napster debutta nella sua prima versione e per l’inarrestabile PlayStation di Sony arrivano un numero impressionante di giochi che ancora sono ricordati e rigiocati. Il 1999 è probabilmente stato uno dei migliori anni per la console di Sony, che è stata capace di creare intorno a sé il vuoto più assoluto non esisteva altro se non il termine PlayStation per definire qualsiasi cosa si potesse attaccare alla tv e permettesse di giocare, anche se andava a cartucce ed era a 64-bit.

La schermata d’avvio originale, un pezzo di storia dei videogiochi.

Tra i banchi di scuola o le scrivanie a lavoro si contavano assenze e permessi per poter stare a casa a giocare e l’uscita dei giochi nuovi iniziava a essere un evento atteso vista anche la crescente diffusione di riviste che parlavano della console Sony che portavano direttamente alle edicole le informazioni già vecchie di settimane. Internet non c’era ancora, o meglio non come lo conosciamo ora, non così diffuso e tantomeno su dispositivi mobili visto che al massimo su quelli potevi scrivere SMS di 160 caratteri a 200 lire o gratis nei periodi di Christmas e Summer Card di Omnitel, l’attuale Vodafone.

Un anno d’oro dicevamo per Sony e PlayStation, un anno che ha segnato il debutto in Italia di un titolo che segna l’ingresso nelle tre dimensioni di una saga già conosciuta, ma non così famosa come lo sarebbe stata dopo quel primo episodio su PlayStation. Parliamo ovviamente di Metal Gear Solid, titolo pubblicato da Konami e partorito dalla mente di Hideo Kojima, che ha rivoluzionato praticamente il modo di intendere il videogioco ed è stato elevato a una sorta di figura mitologica venerata dai giocatori di tutto il mondo.

Potremmo dire di tutto su Metal Gear Solid ma tutto è già stato detto o citato. Il controller che si muove grazie al potere telecinetico di Psycho Mantis (a patto di avere un DualShock), lo stesso che legge poi i dati salvati nella Memory Card e te li elenca, il doppio CD da cambiare, sinonimo di gioco lungo e di sicuro impatto, il doppiaggio completamente in italiano (allora ampiamente criticato, tra l’altro), il dover bussare sui muri per cercare quello cavo a cui applicare il C4, Meryl in mutande (se vi sbrigate a correre nel bagno!) o che potete osservare a più riprese a guardarla mentre si allena (ma ancora non sapete chi sia…) tornando diverse volte indietro nei condotti di aerazione.

Meryl?

Di digressioni sulla storia e sulle sue mille sfaccettature ne sono state fatte moltissime. Esistono infatti libri e siti interi che parlano della saga e di ogni episodio in maniera più approfondita di quanto non potremmo mai fare in poche righe.

Era dai tempi dell’Amiga che non cambiavo disco nei giochi.

Siamo qui infatti solo per rendere omaggio ai vent’anni passati dalla sua uscita, data piuttosto incerta visto che le fonti sono tutte indecise su quando datarlo con precisione. 22 o 26 febbraio poco importa, pochi giorni di differenza sulle due decadi passate dalla prima comparsa di Snake in tre dimensioni non cambiano. Ciò che è cambiato parecchio dopo il lancio di Metal Gear Solid è lo stesso mondo dei videogiochi: Metal Gear è cresciuto con noi e nonostante molti possessori di PlayStation (quasi tutti?) lo avessero già giocato l’anno prima in versione Americana grazie al PIC12F508 o a uno dei suoi simili l’arrivo in Italia del gioco di Kojima completamente doppiato nella nostra lingua è stato senza dubbio un motivo che ha contribuito alla diffusione dello stesso titolo, ma anche (come se ce ne fosse effettivamente bisogno) della prima, storica PlayStation.

Poster dentro ai giornali, copertine che svettavano tra gli scaffali delle edicole e adesivi allegati da attaccare alle Memory Card, guide dei trucchi e dei segreti stampate su carta riciclata un milione di volte con copertina cartonata.

Metal Gear Solid era ovunque lo si potesse vedere e grazie alla distribuzione ufficiale i giocatori amanti dei CD vergini Verbatim avevano finalmente smesso di passare il tempo a chiamare tutte le frequenze possibili della radio in successione per riuscire a contattare Meryl, visto che questa era scritta sul retro della custodia.

Intorno a Metal Gear si è così creato un involucro indistruttibile di fatti, racconti e mitologie che vanno oltre a quelle narrate nel gioco, pari a quelle che volevano il colore nero del fondo dei CD per la prima PlayStation dovuto al fatto che fossero impossibili da copiare o più facili da leggere e con meno sforzo dalla lente del laser della console.

C’è una PlayStation nel laboratorio di Otacon.

E così, con una data di uscita incerta e un ritardo nell’arrivo nei negozi per via di un errore di stampa nelle copertine, Metal Gear Solid è comunque arrivato: resta il dubbio che la storia del refuso fosse in verità una scusa inventata dal mio negoziante per giustificare un suo ritardo nella consegna, informazione oramai non verificabile ma che entra nella mia, personale questa volta, raccolta di fatti e vicende che hanno contribuito a elevare questo gioco allo status in cui si trova ora.

A onor del vero ci tengo personalmente a dire che l’errore di stampa nella copertina c’è davvero. Trovate le prove nell’immagine qua sotto.

20 anni di Metal Gear Solid
Eccolo l’errore incriminato: “RESTA VIVOÖ”!

Del gioco esisteva anche una Limited Edition chiamata, in maniera molto fantasiosa, “Limited Edition Premium Package”, che conteneva oltre al gioco anche alcuni tipici gadget che, come la guerra, non cambiano mai: T-Shirt in taglia sempre diversa da quella che normalmente utilizziamo, Dogtags con il logo Konami e Metal Gear Solid, qualche poster talmente ripiegato su sé stesso da risultare impossibile poi da richiudere (e pure da appendere, per i segni delle pieghe troppo profonde, ndr) e la colonna sonora su CD, segno evidente che al tempo Napster non aveva ancora avuto il successo dovuto e i file audio digitali non erano poi così popolari come quelli che ora ci troviamo in ogni edizione limitata, pratico codice da tot cifre da inserire nella console per poter ascoltare una selezione dei migliori brani.

In Metal Gear era tutto fisico, era tutto pura presenza a partire dalla custodia apribile in mille modi e contenente pure la demo di Silent Hill, altro titolo che, da li a poco avrebbe segnato per sempre generazioni di videogiocatori.

Un manuale, un vero manuale!

Quello che quella doppia custodia conteneva allora era pura magia ma ancora non lo sapevamo, non ce ne rendevamo conto. La stessa frequenza scritta nel retro ci appariva come una presa in giro, chi mai avrebbe scritto prima e mandato un giocatore a cercarla poi, la frequenza della radio per contattare la nipote di un certo Colonnello. Alla sua richiesta, sembravamo giocatori spaesati: com’era possibile che dovessimo controllare nel mondo VERO e non in quello di gioco una informazione, com’era possibile che il gioco interagisse con noi in questo modo, come si permetteva di farci fare una cosa simile. Esatto: il genio di Kojima passava anche da queste cose.

Se ci deve essere un codice sarà scritto in un oggetto che trovo nel gioco e non in uno che ho già con me. Acquistando Metal Gear si entrava in un’esperienza e quella stessa esperienza diventava parte di noi e quello stupido 140.15 era solo una piccola dimostrazione di tutto questo.

La guerra fredda, i missili nucleari, la ricerca genetica, temi così distanti dalla mente di un giocatore che si fingeva malato per poter giocare con la sua PlayStation sono entrati nella sua testa e hanno impiantato in lui la curiosità per il mondo che c’è là fuori, il mondo dove si trova una custodia con un codice, un mondo dove pochi giorni dopo l’uscita di Metal Gear si sarebbe consumato un terribile massacro nella Columbine High School, evento che avrebbe visto nel videogioco un presunto colpevole.

Il 1999 è stato un anno di svolta anche in questo senso: i giocatori uscivano allo scoperto e non si sarebbero più vergognati, con l’ingresso nel nuovo millennio, di ammettere che a casa avevano “la PlayStation”, i quotidiani mostravano intere pagine con pubblicità che portavano i simboli X, O, △ e ▢ . Qualcosa era cambiato e lo sarebbe stato per sempre.

Metal Gear Solid è il perfetto punto che segna questa svolta, il cambio di CD che ci porta nella seconda parte dell’avventura, la scelta forzata di salvare Meryl o Otacon, il combattere Mantys cambiando porta al controller o no. Le nostre scelte diventano scommesse per un futuro in mano comunque a noi, come nella vita reale.

E così, Snake dopo aver giocato con noi se na va con la sua slitta verso il futuro: lo ritroveremo qualche anno più tardi e qualche console dopo con il Kojima di sempre a dirigerlo, il perfetto direttore di una orchestra che, vent’anni fa, ha esordito aggiungendo una dimensione in più a quelle fino a quel momento presenti e conosciute, una dimensione che ha portato il “Solid” fuori dalle custodie di quei videogiochi che iniziavano a farsi largo tra gli scaffali dei negozi e nei siti internet che lentamente iniziavano a lasciare sempre più spazio a immagini e video abbandonando estrosi titoli realizzati con caratteri ASCII che presentavano guide e FAQ ai tempi delle connessioni 56k.

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L’impatto che Snake e Shadow Moses hanno avuto su di noi è enorme: siamo stati tutti abitanti di quell’isola che ha saputo stregare anche lo stesso Hideo Kojima capace di riproporla anni dopo in una sorta di tour tributo della stessa ambientazione in Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots.

A Surveillance Camera

Il suo stesso creatore è stato influenzato dalla sua opera dopo aver influenzato tutti noi. Come dargli torto, come non rimanere stupiti come un bambino davanti alla vetrina del negozio di giocattoli guardando il modello del Metal Gear Rex, come lo stesso Solid Snake quando entra nell’enorme hangar e se lo trova davanti per la prima volta.

Il gigantesco Metal Gear Rex. Uno dei momenti più elevati della produzione di Kojima.

Ma anche in tempi recenti (The Phantom Pain) troviamo la skin per giocare come se fossimo nel 1999… e allora, miei cari 8 core di PS4 spostatevi e fate largo alla nostalgia.

Concludiamo questa digressione con un paio di clip audio tratte dal gioco originale, immancabili e iconiche.

E ricordati…