Il mix tra anni ‘80 e cyberpunk funziona sempre. D’altronde, i colori sgargianti paiono attirare gli avventori dei videogiochi come le lanterne attirano le falene. Ed è così che, ammaliati di fronte a Ryan Gosling in Blade Runner 2049 oppure al futuro di Cyberpunk 2077, abbiamo trascorso circa un mese in compagnia di Hyper Jam, il nuovo brawler sviluppato da Bit Dragon che, durante la nostra prova, ci ha offerto numerosi spunti di riflessione. C’è ancora spazio per giochi basati sul tema cyberpunk? Beh, dipende. Dipende in primis dalle novità proposte e dalle possibilità offerte al consumatore, un fattore che il gioco di Bit Dragon tenta con scarso successo di regalare.
UN FUTURO UN PO’ MISERO
Cosa ci fanno Major di Ghost in the Shell, Cable dei fumetti Marvel, Guy-Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk e Lance Vance di GTA Vice City, insieme nello stesso gioco? Sembra l’inizio di una barzelletta, ma in realtà questo brawler vede la presenza di quattro personaggi (simili, fin troppo oseremmo dire, alle star già viste in altri franchise) scontrarsi a suon di katane, archi e lanciagranate, che all’occorrenza possono essere addirittura lanciati al nemico. Il gioco non offre alcun background narrativo (intendiamoci, non che ci serva una scusa per una sana scazzottata) e ciò contribuisce a rendere poco interessanti personaggi che, anche a livello di combattimento, risultano totalmente privi di spessore.
Già, perché i lottatori combattono sostanzialmente tutti nello stesso modo, e vista l’impossibilità di trovare un personaggio che corrisponda al proprio modo di giocare, ci si butta nell’arena con poche pretese. Hyper Jam si propone come un brawler in visuale isometrica, nel quale l’obiettivo principale è ovviamente quello di sconfiggere gli avversari. Tuttavia, il solo accumulare uccisioni non è sufficiente: il concept creato da Bit Dragon prevede un punteggio calcolato a fine turno da un mix di fattori diversi. Le uccisioni generano ovviamente buona parte dei punti, ma l’abilità e la sopravvivenza sono allo stesso modo fondamentali per ottenere un vantaggio sul nemico.
È interessante notare come in Hyper Jam non vince colui che raggiunge per primo il punteggio massimo, bensì colui che porterà a casa l’ultimo round. In questo modo, la partita è virtualmente aperta anche per gli altri, che potranno così continuare a lottare nella speranza di comeback a dir poco clamoroso.
È bene sottolineare che tra un round e l’altro, il giocatore potrà accedere a dei potenziamenti, e in tal senso non sempre arrivare primi risulta particolarmente conveniente. Spesso, ad esempio, l’ultimo giocatore può scegliere un potenziamento da utilizzare immediatamente: i power-up, da colpi congelanti a danni potenziati, permettono così di ribaltare le sorti della battaglia in men che non si dica.
Dopo aver imparato le basi di Hyper Jam, abbiamo deciso di testare le abilità apprese contro l’IA. Con non poca difficoltà, abbiamo sconfitto il nemico finale e portato a casa la vittoria, scoprendo tuttavia che oltre al semplice deathmatch (da sperimentare in locale oppure online), il gioco non offre alternative, finendo con l’esaurirsi dopo una manciata di minuti nel caso in cui non aveste amici con cui condividere l’esperienza di gioco. Come altri prodotti simili, infatti, Hyper Jam dà il meglio di sé giocando in gruppo o con qualche amico per giocare in rete. Ciò nonostante, qualche modalità in più non avrebbe certamente guastato nell’ottica di offrire un prodotto più completo.
Il vero pilastro su cui poggia l’intera produzione è il coloratissimo comparto grafico, che vive in simbiosi con una colonna sonora di stampo synthwave e omaggia gli sgargianti colori tipici della cultura cyberpunk con un oculato uso dell’Unreal Engine, grazie al quale gli sviluppatori hanno dato vita a particolari e insidiose arene, che vanno da luoghi futuristici a tropicali loft all’aperto. Peccato, però, che il gioco si esaurisca troppo presto per tenere elevato l’interesse da parte del giocatore: non sappiamo ancora se in futuro ci saranno nuovi personaggi e stage dove sfidarsi, ma ci auguriamo che ciò accada in modo da ampliare una scelta che al momento in cui scriviamo ora risulta misera.