Gli anni ‘90 hanno ricoperto un ruolo chiave nel processo che ha visto tanti videogiochi diventare protagonisti di numerose trasposizioni cinematografiche. Proprio in quella decade si è assistito infatti a un proliferare di film in live action e d’animazione dedicati ai brand più famosi, con risultati spesso disastrosi come nel caso dell’adattamento cinematografico di Super Mario Bros. (1993), che ancora oggi è considerato uno dei peggiori film mai dedicati a un videogioco. Tra primi esperimenti di trasposizione videoludica sul grande schermo è doveroso menzionare anche Mortal Kombat e il film di Street Fighter, quest’ultimo ben presto rivelatosi un flop nonostante la presenza nel cast di Jean-Claude Van Damme e Kylie Minogue.
Lo storico picchiaduro ideato da Midway Games nel 1992 si è presto esteso anche ad altri medium, da quello cinematografico a quello fumettistico, con una serie di produzioni più o meno riuscite. In questo speciale dedicato al nuovo titolo della nostra Cover Story vi raccontiamo le declinazioni più disparate a cui la saga è andata incontro nel corso del tempo e di come queste si sono legate al videogioco da cui sono ispirate.
Prima di lasciarvi al nostro approfondimento vi ricordiamo che Mortal Kombat 11 è il gioco scelto dalla redazione di VGN.it come titolo della Cover Story di aprile. Visitando l’hub dedicato troverete tutta una serie di speciali dedicati allo storico picchiaduro per conoscere tutti i dettagli sul nuovo capitolo della serie in arrivo il prossimo 23 aprile su PC, PlayStation 4 e Xbox One (con la versione Switch in arrivo il mese successivo).
STREET FIGHTER CHIAMA, MORTAL KOMBAT RISPONDE
Dopo essersi sfidati su cabinati e console, due dei picchiaduro più apprezzati dai videogiocatori di tutto il mondo, Street Fighter e Mortal Kombat spostarono il contezioso sul grande schermo. Il primo a debuttare in versione cinematografica fu il beat ’em up di Capcom nel 1994, con giudizi generali tra il mediocre e il pessimo. In tutta risposta l’anno successivo toccò a Mortal Kombat, seguendo quella che per tutto il decennio diverrà una sorta di moda, con risultati deludenti. Il film Mortal Kombat, tratto dall’omonimo videogioco, debuttò dunque nelle sale americane il 18 agosto del 1995. La trama seguiva pressappoco quella del gioco, portando sul grande schermo alcuni dei personaggi più rilevanti come Johnny Cage, Kitana, Goro, Sub-Zero, Scorpion e Shang Tsung, tanto per citarne alcuni, impegnati nel torneo interdimensionale chiamato appunto Mortal Kombat. Pur non ricorrendo in maniera massiccia alla violenza gratuita e spasmodica della versione videoludica, la pellicola ricorreva a un gran numero di effetti speciali, e scene di combattimento e d’azione oltremodo interessanti come quella tra Reptile e Liu Kang o Sonya Balde contro Kano.
Per l’occasione la produzione mise insieme un cast di buon livello, che comprendeva tra gli altri Christopher Lambert nel ruolo di Raiden, Linden Ashby in quelli di Johnny Cage e Cary-Hiroyuki Tagawa a interpretare l’antagonista principale Shang Tsung. Se il pubblico apprezzò in particolar modo il film, la critica del settore cinematografico non sembrò essere dello stesso avviso. Tuttavia, pur con un media voto di poco inferiore alla sufficienza, gli incassi al botteghino premiarono senza dubbio gli sforzi del regista Paul W. S. Anderson (poi alla prese con gli adattamenti cinematografici di Resident Evil) nel mettere in piedi un discreto prodotto d’intrattenimento per il grande pubblico, capace di incassare oltre centosettanta milioni di dollari. Nel Belpaese, Mortal Kombat arriverà solo qualche mese più tardi, il 10 novembre 1995, anche in questo caso lasciando indifferente la critica specializzata dell’epoca. In effetti si tratta di una produzione godibile ancora oggi nonostante si noti qualche palese difetto, ma comunque legata a una sorta di maledizione che nel corso degli anni si è abbattuta sui film tratti dai videogiochi, con un numero davvero esiguo di pellicole degne di nota in termini qualitativi in oltre un trentennio di tentativi falliti miseramente di far andare d’accordo l’industria cinematografica con quella videoludica.
DISFATTA TOTALE
Due anni più tardi, sulla scia del clamoroso e quasi inaspettato successo della trasposizione cinematografica, Mortal Kombat: Annihilation (in Italia Mortal Kombat: Distruzione totale, nelle sale dal 20 novembre 1998) provò a bissare i buoni risultati ottenuti dal primo film della serie. Il sequel in questione si rifaceva in larga parte alla timeline di Mortal Kombat 3, partendo allo stesso tempo dal finale della prima pellicola. Dopo la conclusione del torneo Mortal Kombat, i vincitori dell’evento sono ancora una volta chiamati ad affrontare una serie di impegnativi combattimenti per impedire al malvagio Shang Tsung di impadronirsi della Terra. Strutturalmente Annihilation faceva il verso al precedente film, proponendo diverse scene di combattimento tra i personaggi inseriti del videogioco, anche se con diverse nuove aggiunte (Jax, Motaro e Nightwolf su tutti) che sostituirono in parte quelli presenti nel primo film. Squadra che vince non si cambia, oppure sì? In maniera inspiegabile parte del cast non venne riconfermato: parte di questo venne confermato tra cui Robin Shou (Liu Kang) e Talisa Soto (Kitana), ma alcuni attori vennero dunque sostituiti da altri creando una situazione decisamente bizzarra. Senza contare che privandosi di attori di spessore come Christopher Lambert (Raiden) e Cary-Hiroyuki Tagawa (Shang Tsung), il livello recitativo subì un vertiginoso tracollo.
Anche la scelta di optare per un cambio in regia si rivelò col senno di poi controproducente, affidandola a John R. Leonetti (che due anni prima ne aveva curato la fotografia), promosso in quell’occasione a regista e segnando di fatto il suo debutto assoluto dietro la macchina da presa. La ferma volontà da parte dei produttori di inserire in maniera forzata quasi tutti i lottatori del roster presenti fino al terzo capitolo creò poi tutta una serie di incongruenze al limite del grottesco, che non solo contraddicevano quanto accadeva nel film o visto in quello precedente, ma finirono per cozzare anche con gli avvenimenti della controparte videoludica. Inoltre un utilizzo ancora più spregiudicato degli effetti speciali ne decretarono il fallimento in termini di gradimento da parte del pubblico e chiaramente anche da parte della stampa di settore, senza contare che l’incasso al box office risultò ampiamente insufficiente, specie se paragonato a quello del film precedente.
Quello che sappiamo con certezza è che Mortal Kombat: Distruzione totale si è poi tristemente unito al novero di fallimentari trasposizioni cinematografiche tratte dai videogiochi che negli anni Novanta non brillarono certo per la loro qualità, come quello dedicato a Double Dragon. Se in qualche modo il precedente film risulta godibile anche a distanza di anni, sebbene non sia invecchiato benissimo, riguardando questa pellicola emergono invece tutta una serie di strozzature che ne pregiudicano la visione; da recuperare soltanto se siete dei fan accaniti o proprio ci tenete a farvi del male.
DAL GRANDE AL PICCOLO SCHERMO
L’anno precedente all’uscita di Mortal Kombat: Distruzione totale venne prodotta una serie animata pensata principalmente per un pubblico giovane, Mortal Kombat: Defenders of the Realm. Per ragioni facilmente immaginabili nel cartoon non vennero inserite scene violente come quelle presenti nel videogioco, appunto per non turbare la suscettibilità dei più piccoli. La sola e unica stagione si componeva di tredici episodi e seguiva i filoni narrativi dei due film e in parte quello del terzo capitolo della serie videoludica, raccontando gli scontri tra alcuni dei protagonisti del roster della serie nel tentativo di difendere la Terra dalla minaccia di Shao Kahn e dagli attacchi degli altri regni.
E rimanendo in tema di piccolo schermo, nel 1998 il tubo catodico ospitò invece una serie televisiva con attori in carne e ossa, Mortal Kombat: Conquest. Il ritorno su piccolo schermo venne proposto come una sorta di prequel, essendo ambientato cinquecento anni prima degli eventi che hanno dato via al film e al videogioco. Ed è proprio sulle vicende che hanno dato il via all’istituzione del torneo Mortal Kombat che si basava la serie televisiva, dove alcuni dei protagonisti della saga sono chiamati a sfidarsi in un torneo che li vedrà scontrarsi contro altri lottatori provenienti dagli altri reami, tra cui l’Outworld, uno dei regni iconici della serie.
GUERRIERI SU CARTA
Per certi versi la saga Mortal Kombat si è sempre distinta tra i suoi principali competitors (Street Fighter e Tekken su tutti) per uno stile visivo e contenutistico più occidentale, in contrapposizione con quello giapponese adoperato dagli altri due picchiaduro; non è un caso che nel Sol Levante l’interesse per il picchiaduro creato da John Tobias ed Ed Boon non è mai decollato realmente. Tradotto in parole povere: niente anime, manga e film d’animazione, al contrario di quanto visto con Tekken e Street Fighter. Nel corso degli anni i fumetti dedicati al gioco si sono spesso focalizzati sui personaggi principali appartenenti all’universo di Mortal Kombat, esplorandone il background e collegandosi ai vari episodi videoludici pubblicati nel tempo.
In concomitanza con la pubblicazione di Mortal Kombat nel 1992, lo stesso John Tobias disegnò e scrisse l’omonimo fumetto, per poi cedere la licenza a Malibu Comics. La casa editrice americana pubblicherà gli albi fino alla prima metà degli anni ’90 prima di essere acquistata da Marvel Comics, interrompendo il lavoro sui fumetti. Insomma, se siete fan della saga e potrebbe essere una buona idea quella di recuperare alcuni degli albi che sono stati pubblicati nel corso degli anni, magari partendo da quello edito da DC Comics per Mortal Kombat X (2015) in attesa di quelli dedicati all’imminente Mortal Kombat 11.
TRA RINASCITA ED EREDITÀ
Ben più recenti sono stati i tentativi di riaccendere l’interesse del pubblico per un’ipotetica nuova produzione cinematografica dedicata a Mortal Kombat. Fu così che nel 2010 il produttore Kevin Tancharoen realizzò e pubblicò su YouTube il corto Mortal Kombat: Rebirth, dalla durata di poco più di sette minuti, al fine di convincere Warner Bros. (che nel frattempo aveva acquisito Midway Games e i diritti del franchise in seguito alla bancarotta di quest’ultima) ad affidargli la produzione del reboot. Inizialmente si era pensato che si trattasse di un filmato promozionale, considerata la pubblicazione che precedeva di qualche giorno l’E3 di Los Angeles, ma lo stesso producer svelò che il progetto non era stato altro che un tentativo di illustrare la sua idea in merito al reboot alla casa di produzione cinematografica americana. A livello di contenuti, Mortal Kombat: Rebirth si poneva come un prologo dell’allora ipotetico reboot del primo film, proponendo un corto slegato a tutti gli effetti dalla trama principale della saga.
Proprio in virtù del successo del cortometraggio Warner Bros. pensò bene di concedere a Kevin Tancharoen il benestare di produrre una web series inedita, ponendo però il veto di farlo con il reboot del primo film. Nacque così Mortal Kombat: Legacy, composta da nove episodi lanciati su YouTube a partire da aprile 2011. Ogni episodio era incentrato su uno o più personaggi, tra i quali Scorpion e Sub-Zero, Kitana e Mileena e Rayden. Tancharoen propose quindi lo stesso stile e parte del cast che aveva già lavorato con lui in precedenza, a cui si aggiunse anche la figura di Ed Boon, uno dei due co-creatori del gioco originale che apparve anche in uno degli episodi. Nel settembre 2013 venne pubblicata su YouTube anche la seconda stagione, questa volta caratterizzata da dieci episodi e portando il focus su altri personaggi come Liu Kang e Kung Lao. Nonostante sia in programmazione una terza stagione di Legacy, a causa della mancanza di informazioni a riguardo pare che essa sia stata messa da parte o addirittura cancellata.
QUALE FUTURO PER IL REBOOT?
Da ormai diversi anni si vocifera di un fantomatico sequel del poco fortunato Mortal Kombat: Annihilation, sempre in procinto di essere annunciato salvo poi essere rinviato, riapparire nuovamente e infine ritornare a essere semplicemente una mera chiacchiera speculativa priva di fondamento. Anno dopo anno l’ipotetico nuovo film dedicato alla serie è finito col diventare sempre più una chimera, passando da un tempestivo tentativo di riscattare il passo falso compiuto con la seconda pellicola alle riprese previste inizialmente nel 2009, poi posticipate a causa di un contenzioso che vide protagonisti Midway e lo studio di produzione Treshold Entertainment, salvo finire nel dimenticatoio per diverso tempo.
Con il fallimento di Midway e la loro acquisizione da parte di Warner Bros. si tentò la strada del reboot del primo film, anche questo accantonato e messo da parte in seguito a varie vicissitudini che ne seguirono, smentendo quindi la data di uscita prevista fissata al 2013. Se credete che il progetto di riportare sul grande schermo il primo film sia tramontato del tutto allora vi sbagliate di grosso, perché proprio negli ultimi tempi il reboot di Mortal Kombat sembra essere sul punto di diventare realtà. Il tanto chiacchierato reboot di Mortal Kombat dovrebbe vedere la luce nel 2020, salvo complicazioni ovviamente, per la regia di Simon McQuoid e la produzione affidata a James Wan. Che questa sia finalmente la volta buona per rivedere di nuovo al cinema Sub-Zero e soci?
Con l’augurio di poterci gustare al più presto un nuovo film dedicato a Mortal Kombat termina qui il nostro viaggio alla scoperta delle sue numerose iterazioni nel mondo dell’intrattenimento. Non dimenticatevi di visitare la pagina dedicata alla Cover Story dove troverete altri articoli dedicati a Mortal Kombat 11, racchiusi in un hub tematico con tanti contenuti inediti dedicato al picchiaduro sviluppato da NetherRealm Studios, disponibile dal 23 aprile.