Viaggio nelle ambientazioni di Assassin's Creed

Viaggio nei mondi di Assassin’s Creed

Se c’è una serie del mondo videoludico che punta molto sulla costruzione del proprio mondo, in gergo il famoso “world building”, è sicuramente il franchise di Assassin’s Creed. Fin dal primo capitolo, Ubisoft ha puntato a creare un ambiente realistico che rispecchiasse le epoche storiche scelte nei vari capitoli, cosa che poi ha naturalmente portato alla creazione di un vero e proprio team dedicato specificamente a questa mansione. Oltre che per i giochi legati ai nostri assassini, questo asset è stato utilizzato anche in altre produzioni, come per la Bolivia di Ghost Recon: Wildlands o la New York distrutta di The Division.

Si tratta di un lavoro che si è fatto via via più difficile con il crescere dei numeri del franchise e delle possibilità tecnologiche, le quali hanno permesso di puntare sempre di più all’accuratezza tanto da imitare in toto la realtà. Ma il cammino da Masyaf alla Grecia che vedremo in Assassin’s Creed Odyssey, passando prima per l’Egitto e per Parigi, è piuttosto lungo e vale assolutamente la pena riviverlo ancora una volta esplorando le tecniche che hanno riportato in vita antiche civiltà e periodi storici importanti.

RADICI

Il primo storico Assassin’s Creed è quello che ci ha portato a vivere la vita dell’iconico Altair nel suo cammino verso la verità dietro al credo degli assassini. Il periodo storico è quello della Terza Crociata per la Terra Santa, perciò creare città come Gerusalemme e affini è stata un’impresa piuttosto ardua considerando il tempo storico proposto e le fonti a esso collegate. Infatti la caratterizzazione non era affidata tanto all’impianto urbano, comunque eccellente e con scorci mozzafiato per l’epoca, quanto invece alle persone e alla cultura popolare espressa tramite dialoghi e vestiario. I principali punti di riferimento erano riprodotti fedelmente, dando il via a quel tipico utilizzo di monumenti e edifici storici come “punti di sincronizzazione” principali. Questo favoriva l’esplorazione, dando l’impressione che si scoprisse tutto il resto della mappa di gioco – e quindi dello scenario – attraverso le sue attrazioni principali.

Nel primo Assassin’s Creed c’era ancora una certa acerbità per quanto riguarda il comparto puramente storico, il quale veniva ancora rilegato unicamente nell’enciclopedia nascosta tra i menu. Le informazioni erano piuttosto basiche e spesso erano solamente brevi descrizioni funzionali a dare un minimo di contesto a quei pochi che andavano a leggerseli. L’ambiente giocava ancora un ruolo molto secondario in questo primo capitolo, rimanendo quasi come una cornice piuttosto che un fattore significativo anche nel quadro delle vendite del franchise.

Tutto però ha subito un’enorme svolta con l’arrivo di Ezio Auditore e Assassin’s Creed II. La storia del maestro assassino italiano è ormai diventata rappresentativa di quella che è l’anima del marchio Ubisoft, e a buon ragione. Oltre a essere rivoluzionario in moltissime aree, Assassin’s Creed II presentava una storia coinvolgente in una bellissima Italia rinascimentale. Venezia, Firenze, Roma, sono tutte aree della nostra penisola che trasudano valori storici, tradizione e arte, così tanto peculiari e ricche da essere un perfetto modello per costruire un mondo vivo e verosimile come mai visto prima. Non a caso, con Assassin’s Creed II vediamo una maggiore presenza dell’ambientazione nella narrativa. Ad esempio, personaggi famosi come Machiavelli o Da Vinci diventano figure centrali all’interno della trama del gioco relazionandosi con l’eroe, così come la famiglia dei Medici e oppositori sono le colonne portanti dell’intreccio che porta il protagonista ad aderire al credo degli assassini in seguito a motivazioni personali. Le città italiane hanno così tanto carisma e folklore che nella loro riproduzione diventa necessario includerle attivamente nel gioco, sradicandole dall’ormai obsoleto concetto che vede i luoghi come semplici fondali da utilizzare senza rendere conto delle dinamiche che essi portano.

Anche nel gameplay si adottano stratagemmi per valorizzare i punti d’interesse storico delle varie città nell’ecosistema del prodotto ludico, rendendo Castel Sant’Angelo, il Colosseo o i canali di Venezia alloggi per cinematiche, piccoli dungeon segreti e nascondigli di tesori appartenuti alla confraternita. In questo modo non solo si invoglia il giocatore a esplorare i vicoli del bel paese, con tutti i monumenti digitali immersi in essi, ma si contestualizza maggiormente la storia fittizia all’interno della cornice reale. Non a caso, la saga di Ezio Auditore è anche quella in cui Ubisoft ha più calcato la mano sul lato moderno relativo alle vicende di Desmond Miles e su come i frutti dell’Eden e la Prima Civilizzazione abbia influito nella storia.

Passando per Assassin’s Creed: Revelations, vediamo un breve ritorno a Gerusalemme da parte dell’ormai anziano Auditore, il che ci permette di comprendere moltissimo come la costruzione ambientale sia cambiata tra il primo capitolo e la quarta entrata del franchise. Oltre a una dimensione verticale maggiore, dovuta all’utilizzo del rampino, appare evidente che la città appare più ricca e caratterizzata della sua precedente versione. Certo, parte di questo cambiamento risiede nella differenza temporale tra i periodi storici, ma il mutamento nel concetto del design dello scenario è palese. Vediamo quindi più monumenti e luoghi di culto, più accuratezza e diversificazione nell’architettura urbana e più paesaggi/temi divisi in varie zone della città. Mentre in Assassin’s Creed si aveva la sensazione che le città fossero principalmente tematiche nella loro interezza, già dal secondo capitolo vediamo come i singoli quartieri, o “zone” della mappa di gioco, siano caratterizzati uno a uno, accentuando di conseguenza l’impressione di essere in realtà cosmopolite come, appunto, la Gerusalemme di quei tempi. Questo è solamente un antipasto rispetto a quello che Ubisoft aveva in programma per i titoli futuri.

TRANSIZIONE

Assassin’s Creed III e Assassin’s Creed IV: Black Flag (e per estensione anche Rogue) rappresentano perfettamente il terreno di mezzo tra la nuova generazione, partita con Unity, e la fine del ciclo “Auditoriano”. Ci troviamo nel bel mezzo della creazione degli Stati Uniti come li conosciamo, con la cacciata del popolo nativo, l’occupazione inglese e il proliferare delle città coloniali che piano piano capiscono di avere la propria identità culturale, lontana dai dettami della regina. Il protagonista, Connor, è forse uno di quelli strettamente più legati all’ambientazione considerando che si tratta di un nativo americano la cui tribù è stata distrutta insieme ai suoi unici genitori. In un cammino verso la vendetta e la libertà, saremo i principali agenti di quello che un giorno sarà il governo americano e perciò è più che normale vedere il mondo di gioco essere parte integrante sia del gameplay che della trama. Da qui in poi si adotterà sempre questa tecnica volta a unire la realtà fattuale del periodo storico in esame con la narrazione fittizia della sceneggiatura.

Il punto principale che possiamo cogliere da Assassin’s Creed III adottando la prospettiva del protagonista è che il mondo di gioco è ben più vasto della semplice città, coinvolgendo aree naturali e sporadiche città ancora in costruzione. Questo terreno fertile in attesa del cambiamento è ciò che più permette alla narrativa del capitolo di Connor di sbocciare, proprio perché si ha l’impressone che le nostre azioni abbiano ripercussioni sullo sviluppo delle città, seppur ciò sia una conseguenza indiretta e non esplicitata nelle meccaniche di gioco come sarà fatto in Assassin’s Creed Odyssey. Basta la sensazione di riuscire a fare la differenza, la convinzione di essere parte di quel clima che avvolge noi, i lavoratori per le strade, i ragazzi venditori di giornali e tutte le altre appendici di un mondo diversificato che rispecchia egregiamente la realtà dei primi giorno americani. In particolare, vediamo una maggiore spinta verso l’accuratezza storica sotto questi aspetti, dovuta soprattutto all’emergere di quelle tecnologie che poi permetteranno il salto grafico e la densità urbana di Unity. Naturalmente Black Flag è ciò che più si avvicina alla nuova concezione estetica, regalandoci l’era della pirateria attraverso uno stupendo arcipelago fatto di isole e mari da solcare.

Qui più che la ricostruzione geografica, ciò che conta è il feeling e l’atmosfera. Puntando tutto sulla riproduzione del mare, la trasposizione fittizia di miti pirateschi e la proposta di una vita a cavallo di avventure, scorribande, tesori e fama, Ubisoft ha per la prima volta nel suo franchise abbracciato quello che era il vero e proprio folklore di un particolare movimento “sociale”, il che è un enorme passo avanti nella rappresentazione dei mondi della saga. Una prospettiva basata più sulle persone che sulle location permette di caratterizzare al meglio il cast inteso nella sua accezione più ampia, e non a caso Black Flag è ricordato come uno dei capitoli più carismatici.

Fondendo le credenze culturali, come per esempio le leggende che circondando la pirateria e i Caraibi, con la sottotrama della Prima Civilizzazione e dei loro manufatti, si è toccato un qualcosa che andava leggermente oltre la ricostruzione storica pura e semplice. Ormai si trattava di ricreare un intero “mondo” culturale che comprendesse tutti gli aspetti legati ala somiglianza al luogo reale, a prescindere dal fatto che fosse passato o presente. Mentre la precisione nel ricreare i modelli delle città e zone limitrofe era senza dubbio necessaria, definendo ancora di più la popolazione e la società si riesce a inquadrare meglio il periodo storico di riferimento, dando effettivamente la sensazione di essere tornati indietro di diversi anni. E ciò si può ottenere solamente se non è solo la prodezza grafica a realizzarlo!

OLTRE IL TRAGUARDO

Il culmine di queste pratiche è arrivato con Assassin’s Creed Unity e Assassin’s Creed Syndicate. Sfruttando appieno le nuove potenzialità hardware della next-gen, questi due capitoli sfoggiano rispettivamente Parigi e Londra riproposte nei minimi dettagli. Per quanto se ne possa dire a livello di gameplay o del comparto tecnico, è indubbio che le strade della capitale francese proposte nel titolo Ubisoft erano alcune delle più vive, ricche e accurate del panorama videoludico. Tumulti nelle piazza, rivolte spontanee, locali pieni di avventori, lugubri appartamenti in cui giovani rivoluzionari preparavano il colpo verso le eleganti regge della nobiltà, tutti elementi che Unity ci porta vivere in prima persona semplicemente camminando per strada o correndo fra i tetti. Il foklore storico delle figure più importanti dei manuali scolastici è presente nella stessa misura in cui lo era in Assassin’s Creed II, amalgamando però ancora di più il credo e la sua narrazione nel contesto estrapolato dalla realtà, insieme alla presa della Bastiglia e a Napoleone. E così vediamo Arno Dorian diventare un agente del cambiamento in una confraternita di assassini che sembra aver lasciato le vecchie vie per trasformarsi in una sorta di agente politico in piena regola, tanto da essere presente alla corte francese.

Tale caratteristica diventa ancora più palese con Syndicate, dove vediamo i fratelli Frye farsi largo tra le fuligginose vie di una Londra industriale. Anche loro vestono i panni di assassini come uno status sociale vero e proprio, diventano figure note a tutti attirando al contempo seguaci, scienziati e uomini del governo al fine di ristabilire l’ordine che era stato perso dopo la conquista del parlamento da parte dei Templari. Se prima si combatteva nell’ombra con lame e uccisioni, ora l’eterna guerra tra fazioni si svolgeva all’aperto a colpi di scioperi e colpi di stato. Non si tratta più di un appiglio estraneo al contesto, ma ne diventa effettivamente parte integrante fornendo ancora più valore alla costruzione ambientale. Ricchezza di elementi, accuratezza geografica e contestualizzazione della trama nei confini delle dinamiche sociali e politiche diventano da qui gli effettivi standard del nuovo e rinnovato volto di Assassin’s Creed, che per Unity e Syndicate puntava più all’esperienza generale che alla prospettiva di un singolo e della sua crociata vendicativa. La città era la protagonista, così come la sua gente e le sue guerre civili, e non a caso stiamo trattando dei titoli che più di tutti hanno spianato la strada per il nuovo concetto di open world avviato con Origins.

Le rinnovate possibilità tecnologiche hanno permesso di triplicare la caratterizzazione dell’assetto urbano, che adesso appariva diverso in ogni strada o vicolo fino al minimo dettaglio. In Unity è palese la volontà di rappresentare la condizione francese di quell’epoca soprattutto in un piano legato ai suoi cittadini, e perciò si è spinto molto nel far notare al giocatore l’enorme divario tra i quartieri nobiliari e quelli invece caduti in povertà. Di tutt’altro avviso è invece la Londra di Syndicate. Sebbene ci sia un’evidente attenzione nei confronti dei molti distretti industriali e ferroviari, ciò che più caratterizza questo capitolo è la dualità rappresentativa dettata dal giorno e dalla notte. Mentre alla luce del sole è evidente che Londra appaia come una città nel pieno dell’era del lavoro e dell’automazione, al calar delle tenebre ritorna fuori il lato criminale, quello fatto di omicidi, serial killer e polizia. Non a caso, il gameplay delle fasi più stealth e d’indagine avviene proprio nelle ore notturne, mentre di giorno vi occuperete di diffondere la vostra influenza per le strade.

Però, nonostante gli enormi passi avanti nell’assetto urbano e nella fedeltà alle strutture storiche e sociali, mancavano ancora diversi elementi per creare un’esperienza definitiva: un protagonista che fondesse una emozionante storia personale con quella dell’atmosfera e una maggiore presenza del lavoro storico all’interno del gioco stesso e non solamente nel codex. La successiva evoluzione attuata con Assassin’s Creed Origins ha finalmente liberato l’espressione creativa del team di sviluppo, ormai troppo stretta per le ambizioni del nuovo mondo.

Assassin's Creed Origins

Innanzitutto, la vastità dell’open-world egizio è stata tanto immensa quanto diversificata e dettagliata, così tanto da creare una vera e propria terra accurata e ricca di figure, mitologia, architettura e arte. Passare dalle coste del Nilo alle città greche rende perfettamente chiaro l’enorme lavoro dietro tutto ciò che appare sullo schermo del giocatore. Ma, questo risultato è stato possibile solo grazie a una schiera enorme di esperti, uomini sul campo, ricerche, documenti, fonti e molti altri mezzi che vengono abbondantemente chiariti all’interno del Discovery Tour. Questa modalità è davvero l’apoteosi del world building targato Ubisoft: spogliando il gioco dalla sua anima ludica, si crea un’esperienza quasi museale che si rende forte dell’accurata ricostruzione per avere un valore pressoché didattico, con didascalie su schermo, racconti narrati e molte altre interazioni che prima d’ora avevano un rapporto quasi ininfluente nel macrocosmo della serie.

Certo, da Assassin’s Creed III in poi si è notato un coinvolgimento maggiore del periodo storico all’interno della narrazione dei titoli, tuttavia la tecnica amalgamante di Origins è un qualcosa che va ben oltre al fine di rendere il mondo di gioco il vero e proprio protagonista, in parallelo all’ottima trama del protagonista. Non dobbiamo però dimenticarci che il capitolo egizio era un primo esperimento per la nuova anima da RPG del marchio degli assassini e, come tale, non è esente da difetti strutturali, principalmente relativi ad alcune scelte di caratterizzazione e al dietro-front riguardo l’impatto delle proprie azioni nell’ambientazione. Per fortuna però, dai semi piantati nei deserti delle piramidi sembra che sia sbocciato il fiore proveniente dalla grecia.

ODISSEA

Assassin’s Creed Odyssey è la naturale conseguenza delle basi instaurate con il suo predecessore. Vediamo un mondo enormemente più vasto e caratterizzato sia da un punto di vista storico sia mitologico. Non a caso, la dicitura che cita la famosissima opera di Omero esiste proprio perché le divinità e le leggende greche sono state il “secondo sole” che ha alimentato il world building in fase di sviluppo, insieme alla geografia e al realismo. Sebbene anche Origins abbia avuto un notevolissimo comparto divino, con tanto di templi, sacerdoti e divinità incarnate, la più ricca e occidentale letteratura ellenica permette quasi infinite possibilità d’ispirazione in un contesto dove il giocatore è quasi un novello Ulisse.

Assassin's Creed Odyssey 3

Per tale ragione vediamo terre vulcaniche che sembrano ricalcare l’Ade, mostri mitologici ricreati attraverso i manufatti della Prima Civiltà, e statue giganti che giacciono, distrutte, in verdi vallate, il tutto senza dover per forza interpellare i fastidiosi “glitch dell’Animus”. A questo va sommato anche il già menzionato spirito eroico presente nella tradizione scritta ellenica, il quale porta la trama ad avere come protagonisti i figli del famoso Leonida, tirati in mezzo all’epico conflitto tra Sparta e Atene. Se Bayek era solamente una sorta di guardiano del popolo irato dalla morte del figlio, qui vediamo un vero e proprio poema incentrato sulla figura che è in grado di cambiare le sorti dell’intero continente. Ciò è possibile grazie alla facoltà di poter effettuare delle scelte di dialogo che influiranno sia la situazione sociale e politica, sia l’andamento della trama del gioco. Si tratta indubbiamente di un’assoluta novità all’interno del franchise così abituato a crogiolarsi nella sua linearità.

È chiaro che in questo modo Assassin’s Creed Odyssey risponde alle esigenze di un protagonista dalla storia accattivante, inglobato nell’ambientazione, e di una maggiore presenza della ricostruzione storica nel gioco. Per quest’ultimo punto il Discovery Tour sembra aver dato modo agli sviluppatori di trovare un compromesso tra le parti attraverso l’eliminazione di indicatori e altri elementi di HUD in una modalità “immersiva”. Oltre a essere l’esperienza con cui sembra essere stato concepito il titolo, permette all’utente di vivere in prima persona il mondo di gioco come se fosse ben più di un semplice scenario in cui svolgere le missioni. Attraverso l’attenzione ai dialoghi, all’esplorazione dei luoghi e al non rendere l’interfaccia invasiva, si cerca di rendere la Grecia una vera e propria terra vivibili secondo le dinamiche reali, abolendo quasi la finzione data dal virtuale che ricorda perennemente di essere all’interno di un gioco in cui svolgere la missioncina. Permettere al giocatore di immergersi completamente nell’atmosfera ellenica è un enorme passo avanti per la serie, soprattutto perché l’obiettivo è quello di trasformare un’esperienza precedentemente lineare relativa alla conclusione della trama in una sorta di grande parco giochi dove poter trascorrere il proprio tempo a prescindere dagli schemi da videogame. Non a caso, perfino il Season Pass aggiunge contenuti che richiamano eroi e mitologia, creando avventure quasi episodiche in modo da non far calare mai il sipario su quello che è un mondo estremamente vivido.

A prescindere dal risultato finale di parametri come gameplay o intensità narrativa, è indubbio che Assassin’s Creed Odyssey sia effettivamente il culmine attuale delle ambientazioni targate Ubisoft, soprattutto perché fonde ogni elemento discusso nell’articolo in un solo scenario. Certo, è il normale corso dell’evoluzione tecnologica, ma guardando brevemente indietro è impossibile non meravigliarsi di fronte ai passi in avanti fatti durante tutto il percorso. La speranza è che ogni mattonella del franchise continui a spingere per creare mondi sempre più verosimili, specialmente considerando dove colossi come Red Dead Redemption 2 e Cyberpunk 2077 ci stanno indirizzando. Ma, se c’è qualcuno che può davvero riuscire nell’impresa è l’instancabile team di Ubisoft dedicato proprio alla realizzazione dei mondi presenti nei loro giochi, il quale ha più volte dimostrato di essere in grado di spazzare via la concorrenza grazie alla cura e al dettaglio raggiungibile solamente con ore e ore di lavoro sul campo, di ricerca e di passione.