Pokémon GO

Sociologia di Pokémon Go in pillole

Qualche settimane fa sono intervenuto in una discussione su Facebook sotto un link di una notissima testata giornalistica nazionale che così titolava: “Firenze, guidava contromano per cercare i Pokémon: multata“. La sezione commenti era piena di robe tipo “ma toglietele la patente a questa cretina!“, “l’idiozia di queste nuove generazioni è assurda!“, “che schifo Pokémon Go, ma come si fa a perderci così la testa!” e il sempreverde “pensassero alla f**a invece di andare a fare i cretini!” – ma vi assicuro che i toni non sempre erano così pacati.

Ho avuto così modo di riflettere su diverse questioni, a partire da una domanda molto semplice: cos’è che rende una multa presa contromano così importante da meritare un titolo nazionale? E la risposta era davanti ai miei occhi: la vera notizia, la questione su cui davvero si discuteva – e il giornale voleva fosse così – era solo la legittimità o meno del giocare a Pokémon Go in assoluto, non solo alla guida.

La cosa che mi ha fatto più paura – e che in fondo mi ha spinto a esprimere la mia opinione – è che una buona percentuale di quei commenti che più o (molto) meno pacatamente definivano cerebrolesi gli allenatori (ergo me compreso, e si, mi sono sentito un po’ punto sul vivo) sono stati inviati magari dallo smartphone in auto, durante la guida, forse al semaforo, o a un incrocio. Perché amici miei, preparatevi a una grande verità: nonostante le accorate difese, non credete a quelli che dicono che c’è differenza tra usare in auto Facebook, o Snapchat, o WhatsApp o quello che sia e Pokémon Go. Semplicemente perché non c’è.

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Non necessariamente WhatsApp e Pokémon Go sono intercambiabili, giusto; però i fatti parlano chiaro: cos’è Whatsapp se non uno strumento? O cos’è Snapchat? E anche Twitter, Telegram, eccetera… Sono tutti strumenti. E, com’è ovvio, lo è pure Pokémon Go. Ma, stringi stringi, lo strumento primario è semplicemente lo smartphone, il cui uso alla guida – nonostante le trombe del giudizio del Codacons – è già vietato (art. 173 commi 2 e 3 del Codice della Strada). E non si parla dell’uso delle singole applicazioni, badate bene: si parla dello smartphone in toto. Il divieto deriva appunto dalla distrazione che viene causata dall’utilizzo alla guida: ciò vuol dire che tutti i contenuti dello smartphone, in questo caso, sono sullo stesso piano di pericolosità. E che dipende dall’uso che l’utente ne fa.

Il punto di chi contesta la sostanziale uguaglianza di gesto tra farsi un selfie e catturare un Pokémon cade proprio sulla questione della funzionalità e struttura del mezzo. L’uso e l’abuso di un’applicazione portano a degenerazioni su cui diverse volte si è discusso (i selfie accanto alle nonne morte di certe ragazzine? O la recente e incredibile ondata di “vox populi” durante e dopo i fatti sismici di Amatrice e Accumuli?) senza mai però scendere troppo nel merito. Stavolta, il problema sembra quasi essere altrove. Come se desse in qualche modo fastidio quest’epoca di presunta rivincita del nerd – sai che novità…

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Ma mentre nessuno si preoccupa di strumenti di sicurezza per Google Maps, Pokémon Go ha implementato moltissime soluzioni al problema “distrazione alla guida”. Al di là dei semplici avvisi in-game, che comunque non mi risultano in nessuna altra app di questo genere – né Facebook, che ci consente di fare live stream guidando; né Snapchat, né Instagram e via discorrendo – l’app è fatta per premiare chi la usa correttamente ed escludere chi pensa di fare il furbo. Scansiona la presenza di Pokémon ogni dieci secondi, per cui il funzionamento migliore si ottiene sotto i 20km/h (la velocità è controllata via GPS). Guidando – certe volte anche pedalando – è semplicemente impossibile che escano Pokémon sulla mappa o che si schiudano le uova, che sono poi gli unici veri vantaggi dello spostarsi. Usarla così è di fatto controproducente, allo stato attuale delle cose. Niantic ha persino sviluppato un sistema di tracking che tende incoraggiare lo spostamento a piedi rispetto a chi usa un qualsiasi tipo di mezzo.

A questo discorso si aggiungono poi due recentissimi annunci negli ultimi giorni, uno dei quali proviene direttamente dal keynote di Apple di pochi giorni fa: non solo l’introduzione del sistema Pokémon Buddy, che premierà ulteriormente il camminare e l’uso corretto e sano dell’applicazione generando caramelle in base al Pokémon che sceglieremo come compagno preferito, ma anche – e qui gli allenatori che usano iOS avranno sicuramente gioito – l’arrivo entro fine 2016 dell’applicazione per Apple Watch, non solo una semplice companion app ma una vera e propria interfaccia da polso che ci consentirà di effettuare tutte le azioni basilari del gioco; decisamente una marcia in più per chi si muove a piedi o sui mezzi pubblici in città, che potrà così raccogliere oggetti dai Pokéstop, catturare mostriciattoli e schiudere uova senza neanche estrarre l’iPhone dalla borsa.

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In più, con il già annunciatissimo sistema di scambi e di lotte tra allenatori in arrivo – che prevede comunque, in ogni caso, l’incontro fisico – bisogna ammettere che Niantic sta oggettivamente facendo un ottimo lavoro a livello di sviluppo e controllo, al netto di qualche svisata sulle ondate di ban comunque in risoluzione, visto che molti giocatori banditi stanno vedendosi riattivare l’account. Lavoro ottimo anche e forse soprattutto nel chiudere ogni sito di tracking di terze parti esistente (da Pokévision a Pokéradar) proprio per evitare che la gente corra in auto da una parte all’altra della città per prendere quel Dragonite spawnato vicino alla tangenziale. E continua a farlo per impedire che incoscienti e sciocchi vincano: quelle stesse persone che leggo lamentarsi in rete “gne gne dall’ultimo aggiornamento non trovo più Pokémon“. Certo, perché giochi male. E non te ne rendi neanche conto.

E qui vado al punto: nonostante tutto questo, ignorando bellamente tutte le misure di sicurezza e di funzionamento che Niantic ha implementato nell’applicazione per rendere di fatto inutile giocarci alla guida, ommioddio, il problema improvvisamente sono i Pokémon. Non l’incoscienza, non l’idiozia, no: i Pokémon. Che ci rendono incoscienti e idioti (a saperlo prima!). Assurti a simbolo di degrado dell’occidente, trending topic così forte da scalzare perfino il porno – con tanto di complimenti da parte di Pornhub – in un meccanismo impossibile da ignorare per le testate giornalistiche, che in questa folle, nuova agenda setting dimenticano completamente – tanto per dire – che in Molise nelle ultime settimane sono morti quattro ragazzi sotto i trent’anni per incidenti stradali. Guida in stato di ebrezza, fatalità, cause da definire. Dov’è il “minimo servizio di cronaca” cui qualcuno si è appellato nella discussione facebookiana da cui siamo parititi? Perché certo: nell’agenda setting del “minimo servizio di cronacaquattro vite (magari di una regione che la maggior parte degli italiani ignora quasi totalmente, se non per i meme su internet) sono evidentemente meno importanti di una “multa a causa dei Pokémon.

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Questo non solo perché cavalcare l’odio per qualcosa porta solitamente più vantaggi rispetto a tesserne le lodi (Salvini e Trump lo sanno benissimo), ma anche perché l’importanza di una notizia non è decisa dalla sua rilevanza etica e morale. Piuttosto, è decisa da quella sociale e di “tendenza”, oltre che dalle logiche del mercato editoria online. E nel polverone mediatico naturalmente sollevato dai nostri cari mostriciattoli nipponici notizie apparentemente stupide – una multa a causa di Pokémon Go – negli ultimi tempi hanno portato più click del mio conoscente di un paesino sperduto dell’Alto Volturno morto in un incidente stradale.

Parlare di “minimo servizio di cronaca” vuol dire ignorare completamente come funzionano certe meccaniche. Non si tratta di “ciò che la gente vuole leggere“. Si tratta di cosa IO, media (giornale, TV, ecc) decido per TE sia importante leggere. Il lettore non fa proprio parte di questo processo. È il media ad alimentare, se non creare proprio, il sentimento del pubblico. A decidere la rilevanza di un fatto e in certi casi anche la verità. A cavalcare trend sensibili e ad alimentarli fino alla loro esplosione. Qualcuno ricorda le vicende del Cocoricò, che guarda caso emerse proprio durante le prime discussioni sulla legalizzazione delle droghe leggere..? Una vicenda che è stata tragica, ma posta in quel preciso contesto sociale e storico (la discussione sulle droghe in parlamento) è stata una manna dal cielo incredibilmente “sul pezzo” per le testate italiane. Settimane di articoli, click, speciali, click, pubblicità, click… Guadagno.

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E da qualche mese, un trend enorme è rappresentato proprio dai Pokémon. Non solo nell’editoria, certo; Carrefour, Amaro Montenegro, San Carlo e persino WWF, giusto per citarne alcune, hanno costruito parte della loro campagna di advertising proprio su Pokémon Go, e proprio perché tira tantissimo. Forse è un ragionamento cinico (anzi, togliamo pure il forse), ma l’editoria deve guadagnare come qualsiasi altro settore. Certo, ci sono dei fattori che influenzano reciprocamente media e pubblico, non c’è una totale onnipotenza né dall’una né dall’altra parte, ma davvero la questione sarebbe lunghissima; lo spazio qui mi impedisce di approfondire, ma vi rimando all’ottimo saggio di Marshall McLuhan “Gli Strumenti del Comunicare“, dov’è tutto spiegato in maniera molto migliore di come io potrei mai fare. L’autore è uno dei più importanti sociologi del novecento, i cui lavori sono basati su anni di studio sul campo, ed è illuminante per comprendere la questione che qui vi sto solo accennando.

E se ve lo state chiedendo… sì, è la stessa tecnica che usa questo articolo. Ma se davvero ve lo siete chiesti, questo articolo ha anche assolto al suo compito.

[alert type=white ]Le opinioni espresse in questo articolo non rispecchiano necessariamente il pensiero di VGN come organizzazione.[/alert]