Tropico 6

Tropico 6

Dopo cinque anni di riflessione, Kalypso Media si prepara a rieleggere El Presidente per dare ordine al caos della natura.

Il mondo di Tropico è allo stesso tempo molto semplice e complesso: nei panni di El Presidente, il giocatore è chiamato a occuparsi di micro, macro e medio-economia, gestendo tutti gli aspetti della vita dei cittadini della sua isola. Isola diversa di volta in volta, ma sempre ricca di risorse naturali, culturali e minerarie, da spolpare accuratamente con il giogo della civiltà, stimolando il turismo o seducendo superpotenze, il tutto mentre si cercherà di non mandare i conti dell’isola troppo in rosso.

Per il lancio di Tropico 6, il team Limbic Entertainment ha studiato una mappa che consiste in un piccolo arcipelago di isolette, da collegare fra loro con porti o con la forza bruta dei ponti stradali, creando, nel migliore dei casi, una rete di servizi e trasporti assolutamente invidiabile. Scopriamo le novità principali del nuovo capitolo della popolare serie manageriale prodotta da Kalypso Media.

Tropico 6

INFRASTRUTTURE DI GAMEPLAY

A livello pratico e meccanico il gioco è rimasto fedele alla struttura già ben collaudata, senza espandersi molto oltre i limiti classici. Tuttavia l’aggiunta dei ponti e dei porti spezza la mono-dimensionalità della semplice isola, aggiungendo un ulteriore livello strategico che impedirà, il più delle volte, la costruzione di mega-metropoli e permettendo invece di specializzare ogni isola: quella più incentrata sul turismo, con flora e fauna rigogliose per mantenerne alta la bellezza e basso l’inquinamento; quella mineraria, affumicata e un po’ miserabile, dove ammassare estrattori di petrolio e miniere di nickel per le industrie; infine la centrale, dove le grandi infrastrutture si affiancano alle sedi di governo, ai porti commerciali, ai monumenti e (perché no) ai covi di pirati e hacker, il tutto con al centro il nostro Palazzo Presidenziale.

Tuttavia questa vastità di strutture, case, palazzi, politiche, commercio, (e via dicendo, perché la lista è decisamente prolissa) può mettere in seria difficoltà chiunque si approcci per la prima volta al genere dei videogiochi gestionali. Un plauso va fatto, in questo senso, al tutorial: lungo (molto lungo!) e approfondito, in grado di fornire tutti gli strumenti per diventare dittatori, presidenti o amministratori tropicani; anche se, per essere onesti, la quantità di meccaniche e dettagli da tenere a mente rimarrà comunque tanto vasta che una parte dovrà necessariamente essere appresa sul campo, a volte nel peggiore dei modi.

Nonostante l’evidente semplificazione rispetto ai capitoli precedenti, il fallimento economico in Tropico 6 è qualcosa di stratificato e non sarà impossibile accorgerci di aver sbagliato tutto solo quando sarà troppo tardi per fare qualcosa. Potremmo aver ordinato troppe costruzioni in una volta, o aumentato i costi di gestione oltre un limite accettabile. Magari, se solo avessimo scelto di mantenere dei più distesi rapporti con la Russia, il loro governo ci avrebbe fornito un importante aiuto economico che ci avrebbe permesso di sopravvivere. I fattori del disastro, come del successo, si intersecano in mille varianti dando però un’enorme soddisfazione una volta padroneggiati ma attenzione!

“Presidente” non è solo un titolo formale: ogni tanto si avrà a che fare con la piaga delle elezioni, ma per fortuna del giocatore, il nostro El Presidente sarà in grado di sfornare ogni volta un discorso sapientemente confezionato sui bisogni e preoccupazioni degli elettori, senza grosse conseguenze all’infuori di un miglioramento dell’opinione pubblica nei suoi confronti. Bisogna solo stare attenti alle promesse elettorali, perché – come si vede che si parla di videogiochi – andranno mantenute.

Tropico 6

NIENTE CORRUZIONE SENZA RAPPRESENTANZA!

O era “niente rappresentazione senza corruzione”? Poco importa, tanto in Tropico 6 si tratta di due chiavi di volta delle relazioni politiche interne ed esterne. El Presidente infatti avrà la possibilità di corrompere ogni singolo abitante delle isole di Tropico per avvicinarlo alla propria visione politica. Ovviamente questa manovra sarà tanto più rischiosa ed efficace quanto più la suddetta persona ne sia avversa. Ma che importa? Alla fin fine sarà sempre possibile internare in manicomio, arrestare, far uccidere o far uccidere-che-sembri-un-incidente. Posto che si sia disposti ad accettare l’eterna inimicizia dei parenti, diciamo. La gestione micro-economica però si estende oltre a queste inezie. L’arcipelago sarà infatti popolato dalle classiche fazioni che i fan conosceranno bene: gli industriali, gli ecologisti, i comunisti, i religiosi, i rivoluzionari, i capitalisti, e via così, con piccole ma piacevoli variazioni a seconda dell’epoca storica (i fedeli della corona e gli indipendentisti, per esempio). Ognuna di esse ci offrirà occasionalmente il proprio supporto economico o politico, posto che venga esaudito il favore che ci chiedono, a volte a discapito di un’altra fazione.

Ovviamente ancora sopra ai piccoli litigi ci saranno i grandi litigi. Come il suo predecessore, Tropico 6 passa da un’epoca storica all’altra, mettendo El Governatore di epoca coloniale di fronte alle pretese della corona britannica, mentre El Presidente (una volta dichiarata l’indipendenza) guiderà l’arcipelago dalla guerra del primo novecento con le sue potenze prussiane e anglosassoni, fino ai giorni nostri dove l’Unione Europea cercherà di farsi spazio fra Russia, Cina, USA e Medio Oriente, ogni volta cercando di destreggiarsi nel migliore (o nel meno peggiore) dei modi.

Tuttavia questi passaggi di ere non saranno affatto indenni e ogni volta costringeranno il giocatore a ricostruire i rapporti con le Potenze partendo da zero; sbloccheranno una gran quantità di edifici nuovi e perennemente vitali che però richiederanno il loro spazio, forzandoci a demolire e ricostruire in continuazione grosse parti delle città o peggio a strizzare le infrastrutture in luoghi bizzarri (fortunatamente gli edifici industriali saranno quasi gli unici a necessitare un collegamento diretto con l’asfalto). In aggiunta a questo ci sarà anche un improvviso aumento selvaggio delle spese, che metterà in crisi tutto il sistema economico.

A prescindere dalle identità di questi grandi attori del teatro internazionale, ognuno di loro ci farà richieste e proposte del tutto analoghe a quelle delle fazioni oriunde, con analoghi risultati, in favori e amicizie, ma con un’aggiunta non da poco. Quanto migliore sarà il rapporto con una data Potenza, tanto più saranno convenienti le rotte commerciali da e verso quella direzione. Una delle meccaniche più vitali per la sopravvivenza di Tropico è infatti il commercio, le cui arterie sono i camion che trasporteranno le merci dalle aziende di produzione ai porti, da cui a loro volta le navi caricheranno i container per il mercato estero. Inutile dire che i porti sono essenziali e costosissimi visto che ognuno di essi aumenterà la quantità di scambi possibili in ogni momento e con essa la quantità di introiti generati. Purtroppo, però, se anche il commercio “automatico” una volta avviato si mantiene autonomamente necessitando solo occasionali aggiustamenti, la struttura interna del commercio “esclusivo” non è assolutamente chiara e, nonostante il corposo tutorial, come e quanto le merci per le Potenze vengano caricate rimarrà un mistero con aspetti casuali piuttosto fastidiosi, vista la loro importanza, anche diplomatica.

Tropico 6

PRESIDENTE, ABBIAMO UN PROBLEMA…

Limbic Entertainment espande bene il lavoro fatto dai capitoli precedenti, sfruttando ogni idea e aggiungendone di nuove, tuttavia (Skyrim insegna) quante più cose da fare ci sono, tanti più errori potremmo incontrare, e Tropico 6 non sfugge alla regola. Infatti, oltre al sopracitato problema nelle esportazioni, avremo a che fare anche con una posa delle strade automatica molto approssimativa, che curva le strade in modo naturale nelle lunghe distanze ma impazzisce completamente non appena cercheremo di collegare una viuzza laterale a un’altra, cercando di inserire curve a gomito improbabili o rifiutandosi del tutto di creare un incrocio proprio dove servirebbe.

Questo sarà più di un problema solo estetico, visto che le strade saranno le vene che porteranno il nutrimento agli arti del governo e del popolo: spesso si sarà costretti a costruire e demolire più e più volte strade e miniere per riuscire a far passare i camion dove servirebbero senza sacrificare l’industria. Posto che il terreno non sia più inclinato di perfettamente-assolutamente-inconcepibilmente piatto, impedendo la costruzione di un condominio per gli operai della centrale elettrica o delle aziende agricole.

Oltre a queste tutt’altro che minuzie, si troveranno dei problemi anche nella gestione diplomatica vera e propria. Una volta che una Potenza avrà un’ambasciata ci si potrà interagire direttamente, mandando delegazioni o complimentandocisi. Peccato che ogni azione diplomatica abbia un costo, non indifferente per un bilancio tropicano, perennemente basculante fra il positivo e il negativo, costo che però non viene mostrato. Ci basterà inviare lodi a ogni potenza per tenerci aperta la porta degli aiuti economici, solo per vedere il nostro conto precipitare precipitevolissimevolmente verso il rosso più cupo, e dover aspettare che l’economia faccia il suo dovere, sperando di aver fatto bene i conti fra entrate commerciali e uscite amministrative. In questi casi, però, interverrà la stranezza delle missioni principali della campagna, che una volta compiute risolleveranno di colpo lo stato economico dell’isola, senza un apparente motivo e senza farci aspettare immobili che i conti si pareggino da sé.

Se non altro ci abitueremo presto alle lunghe attese. Roma non è stata certo costruita in un giorno, e anche una semplice biblioteca si prenderà il suo tempo, figuriamoci i centri di ingegneria aerospaziale; certo, sarà possibile completare la costruzione senza aspettare squadre di lavoratori, ma la spesa non sarà indifferente (e, come già detto, questo rappresenta un problema). In aggiunta a tutto questo, anche le navi da carico si muoveranno con lentezza marittima, allungando in modo enorme i tempi di attesa per capire se la rotta commerciale di rum verso gli Stati Uniti è conclusa e possiamo iniziare quella di cotone verso la Cina. D’altra parte le missioni non ufficiali compiute dai nostri pirati, commando e hacker, richiederanno un numero chiaro e prestabilito di mesi (in genere sei, ma anche diciotto, perché no?), al termine dei quali il risultato verrà sempre portato a casa, facendole quasi sembrare brevi e molto convenienti. Per quanto sembri sempre molto strano che nessuno, alla stazione di polizia, faccia domande sul covo lì accanto, che sventola bandiera nera e da cui escono spesso motoscafi armati fino ai denti.

Numerose anche le imprecisioni grafiche, che si mostreranno spesso negli enormi trasporti navali che attraversano indenni ponti e piloni, oppure nelle porte di sale giochi che aleggiano ad alcuni metri dai loro cardini, nonostante l’estetica complessiva sia piuttosto varia e piacevole.

Tropico 6

NEO-POST-COLONIALISMO GRAFICO

La qualità grafica della serie di Kalypso Media è rimasta abbastanza simile negli anni, il passaggio dal quinto al sesto capitolo è molto sottile e si concentra sopratutto nei dettagli. Anche se il livello del filmato introduttivo è decisamente basso, gli effetti di luce sull’acqua e le piante sono resi in maniera eccellente, nonostante il ciclo giorno-notte sia più un accenno vago che un effetto visivo, oltre a essere una meccanica tutt’ora assente.

In Tropico 6 gli edifici residenziali avranno un certo numero di variazioni estetiche pur mantenendo la loro struttura di base, dando alle città un’aria piacevolmente caotica. In aggiunta a tutto questo sia El Presidente che il suo palazzo di governo, sono quasi completamente personalizzabili e spaziano dalla divisa da imperatore romano a quella da turista, passando per il classico completo da dittatore, e aggiungendo il “carattere” di El Presidente, che andrà a sostituire il discorso dei discendenti introdotto in Tropico 5. Per il palazzo si rimarrà su uno stile più sobrio ma in ogni caso, scegliere che giardini o statue mettere, come suddividere l’edificio e se farlo completamente viola acceso o color mattone con intarsi bianchi, in qualche modo è molto divertente.

In più al passaggio delle ere storiche, si potrà notare un cambiamento, lieve ma di certo evidente, nell’aspetto dei cittadini (che però si muoveranno sempre come dei pupazzetti strambi) e delle loro case che sostituiranno i tetti di lamiera con quelli di assi di legno e i camion per dei carretti tirati a mano (a velocità impressionanti, ma poco male). Certo, farà sorridere molto i palati più fini, vedere una caravella del ‘500 accanto a un vaporetto del’800 ma tutto sommato non è neanche spiacevole poter osservare i cambiamenti storici passare sullo schermo anche attraverso queste cose. La colonna sonora d’altra parte è assolutamente degna di questo nome, con ritmi caraibici memori del lavoro di Harry Belafonte, in grado di fare da egregio sottofondo ma meritevoli anche di essere ascoltati fuori contesto.

Tropico 6
Tropico 6
GIUDIZIO
La serie Tropico è nata offrendo una visione satirica delle repubbliche presidenziali caraibiche, sede di loschi traffici, rivoluzioni improvvise e dittature feroci, influenzate o foraggiate in modi meno che legali dalle superpotenze del momento. Col passaggio dei capitoli sembra che molto del sarcasmo si sia tramutato in ironia leggera, per poi puntare sulla giocabilità pura che si attesta in Tropico 6 godibilissima. Giocabilità che, in questo caso, altro non è che una ripresa ed evoluzione dl precedente capitolo che evita di rivoluzionare, ma che prosegue una storia piacevole.
GRAFICA
7.3
SONORO
8
LONGEVITÀ
7.5
GAMEPLAY
7
PRO
Complessità bilanciata
Estetica piacevole e funzionale
Semplificato rispetto al passato...
CONTRO
...ma per molti potrebbe non essere un bene
Sistema di commercio approssimativo
Politicamente fin troppo corretto
7.5
7015
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