Ideato principalmente come sequel di Flying Hamster da parte di Game Atelier, con l’ingresso in campo del publisher FDG Entertainment il progetto ha subito un completo cambio di rotta, puntando a diventare un platform chiaramente ispirato alla saga di Wonder Boy. Era il 2015 quando Monster Boy and the Wizard of Booze venne ufficialmente annunciato, raccogliendo a tutti gli effetti l’eredità di una pietra miliare della storia videoludica. Il titolo venne successivamente rettificato in un politicamente corretto Wonder Boy and the Cursed Kingdom, eliminando di fatto ogni riferimento all’alcool.
Sotto l’attenta consulenza di Ryuichi Nishizawa, il leggendario creatore della saga Wonder Boy, la software house francese ha potuto tra l’altro attingere a piene mani dagli asset del gioco originale. Chiaramente non si tratta né di una remastered né tantomeno di un remake dello storico episodio The Dragon’s Trap (a quello ci ha già pensato DotEmu lo scorso anno), ma di un vero e proprio sequel spirituale, un capitolo tutto nuovo che si ispira al terzo capitolo del “Ragazzo Meraviglia”, con l’aggiunta però di un tocco personale tanto nelle meccaniche di gioco quanto nell’aspetto visivo. Dopo una serie di rinvii, Monster Boy e il Regno Maledetto arriva finalmente su PlayStation 4, Switch e Xbox One, con la versione PC prevista per il primo trimestre del prossimo anno. Scopritelo nella nostra recensione.
IL GUERRIERO DALLA TURCHESE CHIOMA
La storia alla base di Monster Boy e il Regno Maledetto ha inizio quando il protagonista Jin, un ragazzino dai capelli blu, viene trasformato in un maiale da una maledizione che ha colpito l’intero regno, trasformando i suoi abitanti in animali di vario genere. Artefice del diabolico anatema è lo zio Nabu il quale, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito (da qui il riferimento all’alcool del titolo originale), ha ben pensato di utilizzare una potente bacchetta magica condannando l’intero regno a un’esistenza antropomorfa. Trasformato in un maialino, il nostro eroe è così chiamato a fermare la scelleratezza di Nabu, riportando alla forma umana tutti coloro fossero stati colpiti da questo malefico incantesimo, mutando forma in diversi animali per superare le mille peripezie di un viaggio epico.
La maledizione lanciata da Nabu su Jin, e che ha colpito anche gli abitanti mondo di gioco, diventa quindi l’ingranaggio principale su cui ruotano interamente le meccaniche di gameplay. Ha così inizio l’avventura vera e propria del giocatore, che viene indirizzato attraverso una storyline principale abbastanza lineare e che non si snoda, purtroppo, in missioni secondarie e situazioni affini. Di per sé, lo sviluppo narrativo è godibile: oltre a riproporre la classica figura dell’eroe indomito e relative virtù, la campagna può contare sui brillanti dialoghi con i vari NPC che riescono a strappare più di un sorriso, anche grazie all’ottima localizzazione in italiano.
UN EROE, CINQUE TRASFORMAZIONI
Come accennato poc’anzi, quella di Monster Boy è un’esperienza guidata nei tempi e nei modi, in cui ci viene chiesto di recuperare quell’artefatto o raggiungere un determinato luogo grazie all’abilità di quel personaggio. Trasformazioni diverse danno vita a poteri, abilità e attacchi differenti, su cui Jin può fare affidamento tanto nel combattimento quanto nella risoluzione dei puzzle ambientali, entrambi proposti in quantità industriale. Questi diventano man mano più articolati e complessi, chiamando in causa tutte le trasformazioni sbloccate in quel momento. Quasi sempre si tratta di raggiungere determinati punti dello scenario, sfruttando specifici oggetti come stivali per camminare sulle nuvole o spade ghiacciate con cui farsi spazio tra cascate di lava o creando piattaforme dopo aver congelato torrenti d’acqua. Prendendo in esame la mutazione del ragazzo in un grugnante maialino, potremo lanciare sfere di fuoco, boomerang, piccoli tornado e fulmini, oltre a sfoderare attacchi in grado di stordire i nemici. Grazie al suo olfatto sviluppato inoltre potremo sbloccare porte e piattaforme altrimenti nascoste o ricevere dei suggerimenti utili nel superamento di alcune sezioni.
Sconfiggendo i relativi boss vengono sbloccate le varie trasformazioni: ecco che potremo così mutare le nostre sembianze in un serpente, in grado di rimanere ancorato a superfici muschiate o avvelenare i nemici sputando veleno. E ancora, Jin potrà trasformarsi in una rana capace sfruttare appigli e ganci per spostarsi lungo lo scenario o diventare un potente leone con cui rompere blocchi di pietra anche grazie alla poderosa velocità. Precisa al millimetro la risposta ai comandi, un aspetto decisamente fondamentale in un contesto dove un minimo errore può portare inevitabilmente al dover ripetere interi passaggi più e più volte. Con la gestione delle magie (messe a disposizione solo assumendo le sembianze della controparte suina) e delle trasformazioni relegate alle due coppie di trigger, con la possibilità di passare velocemente da una all’altra con la pressione dei grilletti anteriori e posteriori o attivando un menu radiale in tempo reale.
UN ROSTER BESTIALE
Se le fasi platform prevedono l’uso di determinati personaggi, senza sostanziali possibilità di improvvisare, i momenti action invece sono a puro appannaggio del giocatore, che potrà così scegliere quale trasformazione usare sia in base alla tipologia di nemico che del suo pattern offensivo. Se un fungo velenoso potrà avvelenarci con una nube tossica, trasformando Jin un in serpente potremo ricambiare il favore sui malcapitati nemici che incontreremo sul nostro cammino. Quello che sorprende è la quantità di variabili paventate da un sistema di combattimento che cela una profondità quasi inaspettata: mutando la nostra forma in rana, potremo addirittura inghiottire nemici come le zanzare o sfruttare la lunga lingua per raccogliere bombe da far detonare per accedere a zone segrete. In questo modo i giocatori vengono invogliati a fare uso di equipaggiamenti, trasformazioni e abilità diverse a seconda della situazione. Alcune zanzare potranno congelare temporaneamente Jin o elettrizzarlo, allo stesso modo il protagonista incontrerà pipistrelli in grado di lanciare sfere di fuoco o dispettose nuvole capaci di mandarlo in confusione, con tanto di tasti invertiti per un breve lasso di tempo.
Vista la cura generale riversata dagli sviluppatori nel combattimento, ci saremmo aspettati qualche sforzo in più in occasione delle boss fight. Ogni scontor si differenzia in maniera più o meno netta dalle altrem ma difficilmente ne ricorderete una in particolare perché troppo impegnativa o caratterizzata da particolari pattern di attacco, salvo qualche rara eccezione. Se a questo aggiungiamo una certa facilità nell’avere la meglio su molluschi e funghi giganti, allora appare chiaro quale sia uno dei pochi difetti riscontrati nel titolo di Game Atelier, con gli scontri finali coi boss che non risultano avvincenti come le sezioni che precedono i combattimenti contro questi imponenti nemici. Pur non toccando picchi di diabolica difficoltà che hanno caratterizzato il genere fin dagli albori, il livello di sfida proposto in questo titolo è mediamente stimolante. Talvolta però si assiste a un innalzamento della difficoltà di gioco, con sezioni che richiedono svariati tentativi per essere superata: tempismo e una certa velocità sono le due abilità maggiormente richieste nei frangenti. Il più delle volte il completamento un determinato enigma ambientale è semplice, a tratti scontato, in altre vanno messi in atto una serie di tentativi a vuoto prima di riuscire nell’intento.
POZIONI, POTERI E ARMATURE
Basterebbero questi elementi per rendere felici i nostalgici dei platform vecchio stile o chi ha trascorso interi pomeriggi giocando a Wonder Boy, ma Game Atelier ha ricalcato perfettamente le orme dell’opera magna di Nishizawa, inserendo una componente RPG che appare molto solida e ben stratificata, seppur secondaria nell’economia di gioco. Mettendo da parte abilità e oggetti indispensabili nel corso dell’avventura, che il titolo prontamente fornisce in corso d’opera, alcune tipologie di spade, armature o bracciali andranno acquistate con le monete ricevute dopo aver sconfitto nemici e boss, oppure forgiate presso un fabbro. Questi oggetti possono essere migliorati con rare gemme trovate all’interno di alcuni scrigni, con tanto di bonus aggiuntivi sbloccati dopo averne aumentato il livello. In questo modo si è comunque invogliati a esplorare zone prima inaccessibili, potendo contare sulle abilità specifiche di trasformazioni acquisite in un secondo momento, al fine di ottenere i preziosi materiale con cui migliorare statistiche e caratteristiche di armature, stivali e spade.
Definire ciò un sistema di grinding è con tutta probabilità eccessivo, considerando che non è prevista alcuna crescita del personaggio, le cui statistiche come attacco, difesa e velocità vengono influenzate esclusivamente dall’equipaggiamento indossato, che è comunque possibile cambiare a proprio piacimento. Con le monete guadagnate è possibile anche ripristinare alcune abilità o acquistare pozioni curative, che ripristinano automaticamente parte dell’energia quando finiremo al tappeto o che rendono immuni a stati negativi come avvelenamenti causati da nemici o nuotando in zone tossiche. Non tutte le trasformazioni però possono contare su determinate magie o usare armi ed equipaggiamenti. Solo alcune come quella della rana, del leone o del drago sono adibite all’uso di questi oggetti, facendosi preferire alle altre soprattutto nelle fasi di combattimento. Data la struttura “aperta”, capiterà di visitare sezioni già visitate, anche se l’effetto backtracking viene in qualche modo annullato dalla possibilità di teletrasportasi grazie ad alcuni portali sparsi in giro. Come annunciato dagli sviluppatori, la longevità si attesta dalle dieci alle quindici ore, a seconda del grado di completamento e delle eventuali difficoltà incontrante durante il gioco.
UN REGNO MALEDETTAMENTE BELLO
Il filmato introduttivo di Monster Boy e il Regno Maledetto rientra nella schiera di quelli preservano la stessa magia della prima volta, anche dopo averlo ammirato più volte. La rinnovata direzione artistica strizza l’occhio a uno stile assimilabile a quello giapponese, a metà tra un anime e un manga, proprio come lascia intendere la sequenza in apertura. Il villaggio di Lupia di non è solo un tributo alla pucciosità animale, ma ammalia il giocatore con fondali animati e ricchi di dettagli. Anche il resto degli stage non è esente da questa straordinaria concezione artistica, laddove gli standard qualitativi si mantengono comunque su buoni livelli. Tale risultato è da attribuirsi anche alla scelta di non scendere a compresso per quanto riguarda la risoluzione e il frame-rate, che permettono di godersi il gioco a una risoluzione in Full-HD a 60fps, mantenuti perfettamente in ogni frangente. Chiaramente una risoluzione nativa in 4K su PS4 Pro e Xbox One X avrebbe fatto la felicità dei possessori delle suddette console, ma resta il fatto che Monster Boy e il Regno Maledetto appare splendido così com’è anche sulle macchine da gioco standard.
La scelta di rifare personaggi, sprite e animazioni, questa volta disegnandoli interamente a mano, ha cambiato volto al comparto grafico, conferendogli una maggiore qualità grafica e artistica. Oltre alla supervisione di Nishizawa, Monster Boy e il Regno Maledetto può farsi fregio di una colonna sonora realizzata da alcuni dei più grandi compositori nipponici del settore videoludico del calibro di Yuzo Koshiro, Motoi Sakuraba, Michiru Yamane, Keiki Kobayashi e Takeshi Yanagawa. A loro è stato affidato il compito di plasmare il giusto accompagnamento sonoro per le avventure di Jin. Anche su questo aspetto l’impegno non è stato di certo lesinato, con la creazione di motivetti ovviamente ispirati all’originale Wonder Boy. Tra l’altro, recuperando pezzi di spartiti in giro per gli scenari e consegnandoli a un musicista di nome Ollie, darà accesso a musiche extra.