The Spectrum Retreat
Versione testata: PS4 Pro

The Spectrum Retreat

Quando venne premiato ai BAFTA 2016 nella categoria Young Game Designer, Daniel Smith probabilmente non credeva che il prototipo giocabile di Spectrum avrebbe avuto un tale successo. Il concept del gioco, che in questo lasso di tempo si è evoluto fino a raggiungere lo status di prodotto completo, colpì a tal punto la giuria del premio britannico da permettere a Smith di avviare la sua carriera nel mondo videoludico. Un incredibile salto di qualità per un progetto nato come semplice “visione” e che, nel frattempo, si è evoluto con sezioni puzzle migliorate, una trama ricca di misteri e un comparto tecnico-artistico stilisticamente interessante.

Nato dalla collaborazione tra Dan Smith Studios, studio fondato nel 2016 dallo stesso sviluppatore, e Ripstone Games, The Spectrum Retreat segna il debutto del giovane Daniel nell’industria con un titolo molto atteso che mescola elementi tipici di giochi come Portal a un’ambientazione in un hotel arredato in stile art déco, corredato da una componente narrativa che si preannuncia decisamente intrigante. Abbiamo trascorso qualche giorno nella intrigante cornice del Penrose Hotel per parlarvi dell’opera prima del talentuoso designer.

The Spectrum Retreat

BENVENUTI AL PENROSE HOTEL

Quello che si presenta davanti ai nostri occhi è un titolo diverso dagli altri: lo si capisce dai primi istanti di gioco, quando a presentarsi fuori dalla nostra camera d’albergo è un inquietante manichino parlante. Arrivati nella hall capiremo che questi eleganti fantocci saranno a nostra completa disposizione… perché saremo l’unico ospite del Penrose Hotel! Per fortuna a guidarci all’interno della struttura troveremo una misteriosa donna che sembra saper bene ciò che sta accadendo e farà di tutto per tirarci fuori da lì. Con queste premesse ha inizio la storia di The Spectrum Retreat, con flashback e indizi che faranno luce sul reale motivo della nostra presenza all’interno della struttura.

Presupposti che inizialmente ci hanno dato l’impressione di trovarci di fronte a un titolo fortemente story-driven ma che si rivela tale solo dopo aver superato abbondantemente la metà del canovaccio, quando i pezzi del puzzle iniziano a incastrarsi uno dopo l’altro nel piano narrativo. Pur celandosi dietro un alone di mistero e facendo emergere anche l’annosa questione morale su quanto la tecnologia possa effettivamente migliorare le nostre vite, una volta giunti ai titoli di coda si viene lasciati un po’ con l’amaro in bocca. Insomma, anche se ben raccontata e con qualche picco emotivo degno di nota, avremmo preferito una maggiore profondità della trama e qualche approfondimento su alcuni aspetti rimasti avvolti nel mistero una volta terminato il gioco.

The Spectrum Retreat

MANGIA, RISOLVI, DORMI, RIPETI

L’altro aspetto che salta subito all’occhio è la struttura che si cela dietro a The Spectrum Retreat, basata su una sorte di routine quotidiana che saremo chiamati a eseguire nel proseguo dell’avventura. Routine che per forza di cose non brilla per varietà, dal momento che è prevista una sequenza ben definita di azioni: seguire uno schema ben preciso e uguale in ogni sua parte, specie in un videogioco, finisce nella stragrande maggioranza dei casi per risultare noioso ma fortunatamente non è questo il caso. È presenta una sorta di backtracking, con il giocatore chiamato a percorrere più volte i corridoi e le stanze dell’hotel prima di cimentarsi in nuovi puzzle e fare ritorno nella propria stanza prima di ripetere le stesse identiche azioni. Anche se giustificata in maniera plausibile dagli eventi di gioco, la routine videoludica avrebbe potuto approfondire alcuni aspetti del gameplay, su tutti la ricerca dei codici per l’accesso alle stanze in cui avvengono le fasi dedicate al puzzle solving.

Parliamo invece degli enigmi, sicuramente l’aspetto più riuscito, le meccaniche ricordano inevitabilmente quelle della serie Q.U.B.E. e Portal, ma riuscendo comunque a differenziarsi sotto alcuni aspetti. Grazie a uno speciale dispositivo elettronico, il giocatore potrà infatti assorbire i colori con cui risolvere i vari rompicapi. Questa azione è possibile semplicemente puntando il mirino sul colore desiderato e premere il grilletto di destra, facendo però attenzione a non incappare in ostacoli o barriere tra noi e i colori. Si potrebbe ridurre il tutto all’attraversamento di porte colorate che saranno accessibili solo se il nostro speciale dispositivo avrà assorbito il colore richiesto, fino ad arrivare alla stanza successiva dove ci verrà sottoposta una nuova sfida. In realtà le meccaniche si rivelano ben più profonde andando avanti nel gioco con elementi gameplay che ricordano quelli già visti nei vari episodi di Portal. Se inizialmente ci verrà solo chiesto di misurarci con tre colori, proseguendo nel gioco entreranno in scena altri colori e piattaforme che modificheranno la fisica delle stanze, permettendoci di camminare sulle pareti e raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.

The Spectrum Retreat

SBAGLIANDO S’IMPARA

Salvo rari casi, gli oltre trenta puzzle presenti nel gioco offrono un discreto livello di sfida e ci sono parsi molti guidati inizialmente per poi diventare sempre più complessi a tal punto di dover ponderare bene ogni mossa per non essere costretti a ravviare la sfida (è possibile farlo in qualsiasi momento entrano nel menu di pausa). Alla fine, per quanto semplici abbiamo apprezzato i puzzle ideati da Dan Smith, che in più di un’occasione ci ha messo in difficoltà con enigmi davvero creativi. Niente a che vedere con altri titoli del genere come The Talos Principle e The Witness, ma The Spectrum Retreat riesce nell’intento di far sì che il giocatore possa sperimentare, sbagliare e soprattutto ragionare per risolvere le diverse sfide. Non nascondiamo che siamo quasi impazziti nel risolvere un puzzle all’apparenza semplice in cui bisognava raggiungere un punto situato nel lato opposto della stanza tramite una sorta di teletrasporto ma non prima di aver selezionato il colore corrispondente. Ebbene, dopo una mezz’ora abbondante di tentativi andati a vuoto siamo giunti finalmente alla conclusione del puzzle, chiedendoci come diavolo avessimo fatto a non risolverlo velocemente.

Per portare a termine The Spectrum Retreat sono state necessarie circa otto ore, ma la durata può variare in base all’abilità del giocatore di venire a capo delle sfide, anche se a crearci non pochi grattacapi è stata la sfida finale a causa della mancanza di un checkpoint che ci ha costretto più volte a ripetere l’intera sezione dall’inizio. Vista la complessità di quel particolare passaggio avremmo gradito la presenza di un punto di salvataggio da cui ripartire in caso di fallimento, ma si tratta di un errore di gioventù comprensibile per il giovane designer. Peccato per la mancanza di collezionabili da raccogliere nelle varie aree dell’hotel, che avrebbero in parte esteso la longevità del gioco: l’unico motivo per iniziare una nuova partita è legata alla presenza di un trofeo ottenibile completando la campagna una seconda volta; unici oggetti che ricordano dei collezionabili sono dei cubi disseminati all’interno dell’hotel, che aiutano a comprendere meglio ciò che sta accadendo all’interno della struttura.

The Spectrum Retreat

L’ELEGANZA DELL’ART DÈCO

Come da consuetudine dei walking simulator, la scelta di utilizzare una visuale in prima persona ha permesso agli sviluppatori di concentrarsi sul level design e offrire una maggiore cura nei dettagli. Lo stile elegante e raffinato da art déco caratterizza gli interni del Penrose Hotel, dove ampie vetrate lasciano trasparire luce soffusa e lunghi corridoi sono tappezzati da ampi quadri rettangolari. Il particolare stile che ha caratterizzato il secolo scorso, la cui estetica ha segnato in modo inscindibile i cosiddetti “ruggenti anni Venti”, si riversa anche nelle sezioni puzzle impreziosendo ulteriormente il design. In queste stanze assistiamo a un continuo gioco di contrasti tra le tonalità scure degli ambienti e la luminosità dei vari cubi colorati, con quest’ultimi che creano gradevolissime esplosioni di colore a illuminare le anguste pareti.

Il modo in cui è stato impiegato l’impianto di illuminazione è il punto più alto dal punto di vista non solo tecnico ma anche artistico, supportato da una buona qualità delle texture e una certa attenzione per i dettagli. Tra architetture kitsch ed enormi cubi colorati trovano spazio anche forme e geometrie appartenenti a un futuro non troppo lontano, completando così un trittico ispiratissimo e quasi mai banale.

Siamo rimasti piacevolmente sorpresi anche dalle atmosfere sonore che rimarcano il senso di inquietudine e austerità che si avverte tra i corridoi e le sale del sinistro hotel. Abbiamo particolarmente apprezzato poi l’ottima resa audio dei dialoghi ed effetti sonori, con una spazialità dei suoni che aiuta il giocatore a immergersi a fondo nelle atmosfere di gioco. Da segnalare anche dell’ottimo doppiaggio inglese, con dialoghi ben recitati, ma tuttavia è possibile attivare i sottotitoli in italiano.

The Spectrum Retreat
The Spectrum Retreat
GIUDIZIO
Non si trionfa per caso ai BAFTA e Daniel Smith lo sa meglio di chiunque altro. Quello messo in piedi dal giovane sviluppatore britannico, in collaborazione con Ripstone Games, è un puzzle game in prima persona che mette in risalto il suo talento anche se non mancano dei piccoli difetti attribuibili all’inesperienza. The Spectrum Retreat è un gioco interessante nel proporre una serie di puzzle ben congegnati che offrono sostanzialmente un buon tasso di sfida, corredati da un ottimo level design e una trama che offre spunti interessanti, senza tuttavia stupire più di tanto. Sommando insieme questi elementi è facile affermare che The Spectrum Retreat sia un acquisto caldamente consigliato per i neofiti e gli amanti del genere, anche di fronte all’interessante prezzo di lancio. Ci sentiamo quindi di promuovere il debutto nel settore di Dan Smith, non senza qualche riserva, curiosi di capire se il talento del giovane sviluppatore riuscirà a emergere ancora più prepotentemente nel suo prossimo progetto.
GRAFICA
7.8
SONORO
7.4
LONGEVITÀ
7.2
GAMEPLAY
7.5
PRO
Stiloso, elegante e mai banale
Puzzle divertenti e ben strutturati
Il prezzo è un buon incentivo per acquistarlo
CONTRO
La trama poteva essere sviluppata meglio
Alcune fasi di gioco tendono a ripetersi troppo
Dei puzzle più impegnativi non avrebbero guastato
7.5
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Senior Editor