Far Cry Primal

Far Cry Primal

Scommessa. Perché di questo si tratta: stravolgere la serie di Far Cry, privandola dei suoi capisaldi – mezzi di trasporto ed armi da fuoco – è stata sicuramente una scelta coraggiosa. In questo nuovo capitolo della saga, siamo chiamati a interpretare Takkar: abile cacciatore e domatore di belve, deciso ad aiutare la tribù primitiva dei Wenja, nella bellissima e vastissima valle primitiva di Oros. Primitiva? Sì, avete capito bene.

Dimenticate i paesaggi montuosi e verdeggianti del Kyrat, Far Cry Primal torna alle origini dell’umanità, più precisamente all’Età della Pietra: il Mesolitico sarà un’epoca difficile da affrontare. Minacciati dalle belve feroci che popolano Oros, e da alcune Tribù ostili, dovremmo diventare abili utilizzatori di arco, lance e clave per poter sopravvivere.

DALL’ALBA AL CREPUSCOLO

Una delle sfide più importanti – e riuscite – dell’intera produzione riguarda sicuramente il lato tecnico e di level design. Ricostruire una valle primitiva del periodo Mesolitico non è certo cosa facile: il rischio di cadere nella “piattezza” a livello visivo era dietro l’angolo, ma fortunatamente ci troviamo di fronte a un colpo d’occhio incredibilmente suggestivo. Oros è stupenda, la creatività e la cura dei particolari hanno fatto la differenza.
Passando dai laghi e fiumi delle regioni centrali, arrivando alle montagne innevate e il clima rigido del nord, sarà facile perdersi nell’ammirare la cura e la minuziosità con la quale Ubisoft ha realizzato il suo piccolo quadro primitivo. Capita spesso di fermarsi sui promontori per osservare in religioso silenzio la bellezza dei panorami, rubare qualche screenshot e immergersi completamente nell’atmosfera di Oros. Scoprire e studiare le zone sarà un piacere, oltre che un dovere.

Quando ci sembrerà di conoscere a menadito ogni minuzioso dettaglio della mappa però, Far Cry Primal torna a stupire: ogni “regione” di Oros è incredibilmente caratterizzata, e avventurarci in quest secondarie ci permetterà di scoprire altri luoghi incredibili. Caverne abitate da belve feroci e insaziabili, tetri e inquietanti cimiteri di mammuth sono solo alcune delle chicche che scopriremo immergendoci nell’esplorazione. È facile dedurre, quindi, come il lato tecnico (e l’originalità nel realizzarlo) costituiscano il vero punto di forza del gioco: mancava da tempo un contesto primitivo nel panorama videoludico (escludendo il discutibile ARK: Survival Evolved) realizzato con così tanta cura storica, e vista la saturazione di ambienti  futuristici, Primal rappresenta senza dubbio una gradita sorpresa.

SCONTRI PRIMITIVI

L’arsenale dell’agguerrito Takkar, come detto in precedenza, sarà composto da arco, lancia e clava. Far Cry è sempre stato un FPS, e questo cambio di formula aggiunge sicuramente pepe nell’approcciarsi a Primal. Entusiasmo però, che svanisce fin troppo in fretta. Certo, annientare i nemici con una freccia ben indirizzata alla testa o scagliando una lancia molto precisa regala sicuramente soddisfazioni, ma spesso e volentieri ci ritroveremo costretti a utilizzare il corpo a corpo della nostra clava per uscire dalle situazioni più difficili. Questo perché costruire le nostre armi “costa” materie prime (legno, roccia, etc.) che si esauriscono ben presto negli scontri, a meno che non si dedichi del tempo prezioso per la ricerca e raccolta di tutti i materiali sparsi nel territorio di Oros. Le alternative sono l’utilizzo di attacchi ravvicinati sfruttando la clava, o la fuga a gambe levate, considerando che il nostro Takkar non possiede alcuna abilità specifiche che gli consenta di lottare senza l’ausilio di armi.

Ed è qui che iniziano problemi: il sistema di combattimento risulta, gioco di parole, troppo primitivo. Animazioni poco varie e convincenti e un feedback dei colpi non perfetto rendono lo scontro ravvicinato poco godibile e a tratti frustrante. Un vero peccato, non c’è dubbio, perché il feeling con l’equipaggiamento è ottimo, soprattutto una volta che inizieremo a potenziare le armi a nostra disposizione.

Sistema di sviluppo delle armi e skill tree, che in questo capitolo è improntato completamente – o quasi – nella raccolta di risorse, svolgimento di quest e sviluppo del nostro villaggio. Migliorare l’architettura delle capanne dei vari NPC, tramite quest (o come detto prima, risorse) sblocca varie abilità per il nostro Takkar, che saranno utilissime nel prosieguo dell’avventura.  Saremo così invogliati a intraprendere lunghi viaggi, nei quali sarà fondamentale raccogliere risorse, tanto quanto conquistare nuove pire (le torri del Kyrat, che possono essere utilizzate per accumulare risorse e muoversi rapidamente nei punti nevralgici della mappa) o insediamenti, che oltre a fornirci punti abilità da usare per sbloccare nuove competenze per Takkar, serviranno anche e soprattutto per aumentare la popolazione del nostro villaggio.

Sarà possibile anche essere affiancati da una belva nelle nostre avventure. Takkar è famoso per essere un abile e indomito domatore di belve: con molta astuzia e la giuste dose di pazienza potremmo domare belve di volta in volta più forti e letali, arrivando addirittura a cavalcarle (cosa che vi consiglio di evitare, a causa di un sistema davvero mal studiato che risulta spesso brutto da vedere e poco divertente da utilizzare) o a sfruttarle per combattere un numero nutrito di nemici da più fronti: domando un lupo sarà possibile ordinargli di attaccare un nemico via terra, mentre con una semplice pressione di un tasto sul D-Pad si potrà utilizzare il proprio gufo, e scagliare portentosi attacchi dal cielo.

TRIBÙ RIVALI

Lo dicevamo all’inizio, lo scopo del gioco è quello di difendere e “ricreare” la tribù dei Wenja, difendendola dalle tribù avversarie degli Udam e Izila. Perché però parliamo della trama proprio alla fine? In fin dei conti, la storia affascinante e il carisma dei villain di turno sono spesso stati i migliori pregi della serie Ubisoft. Ma Primal è uno spin-off – primitivo, tra l’altro – e in quanto tale sente la necessità di reinventare anche questo aspetto. Come dare carisma a un nemico, consci del fatto che all’epoca non esisteva una lingua così “espressiva” da permettere ragionamenti e sfaccettature caratterialmente intriganti?

La scelta è ricaduta su una trama orizzontale, che si sviluppa tramite diversi NPC – quelli sopracitati che permettono a Takkar di apprendere nuove abilità – che incontreremo durante la nostra avventura e che porteremo nel nostro villaggio Wenja. La lingua è stata completamente inventata da un team di esperti, che ha creato per Primal un linguaggio protoindoeuropeo, pur contribuendo in maniera estremamente efficace nell’immersione e nel rendere credibile la situazione (immaginate dei primitivi che parlano in un perfetto inglese?), tende a ridurre il carisma dei personaggi, che risultano obbligati a esprimersi attraverso un linguaggio molto istintivo, tramite versi gutturali e parole improbabili. Il risultato è una narrazione piatta, che ci porterà ad affrontare missioni principali e secondarie con lo stesso entusiasmo, senza mai coinvolgerci davvero nel susseguirsi degli eventi, ma piuttosto spingendoci a migliorare e allargare il nostro villaggio con il solo fine di ottenere una nuova abilità o un potenziamento utile. La poca varietà di tipologie di quest rischia di annoiare dopo dieci, venti ore di gioco. Qualche scelta più originale in tal senso, sarebbe stata davvero azzeccata.

GIUDIZIO

Far Cry Primal è un gioco coraggioso: al netto di un gameplay non perfetto ma comunque divertente, e una narrazione lenta e dispersiva, il titolo Ubisoft ci regala un’ambientazione mozzafiato e un sistema di progressione del personaggio e del villaggio stimolante e discretamente vario. Certo, una maggiore varietà nella tipologie di quest e qualche spunto narrativo più d’effetto avrebbe reso il tutto davvero soddisfacente. Il risultato finale invece è un ottimo esperimento, condotto e realizzato con cura e fedeltà storica nei dettagli, capace di regalarci dieci o venti ore (a seconda dei gusti) di divertimento e immersione in una Età della Pietra che, diciamoci la verità, ci è piaciuta molto.