NiOh

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Chiunque abbia amato Demon’s Souls, la saga di Dark Souls o in ultima battuta lo spin-off Bloodborne, avrà di sicuro buttato l’occhio anche su NiOh, action-RPG ambientato nel Giappone del sedicesimo secolo che, per certi versi, cerca di riprendere alcuni tratti dei capolavori sviluppato da Hidetaka Miyazaki.

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DARK SOULS NEL GIAPPONE FEUDALE?

Di fatto però lo sviluppo di NiOh è iniziato ben prima della serie targata From Software: se cerchiamo infatti di ripercorrere la sua storia, per sentire parlare per la prima volta di NiOh dobbiamo tornare indietro addirittura al 2004, quando Koei Tecmo annunciò il titolo come esclusiva PS3; l’esordio di Demon’s Souls, prima opera della serie Souls creata da Miyazaki, avvenne soltanto cinque anni più tardi, nel 2009. La verità è che inizialmente il progetto non aveva nulla a che fare con Demon’s o Dark Souls: la prima versione della sceneggiatura era stata ideata sulla falsariga di una pellicola giapponese che però non vide mai la luce. 
Il travagliato sviluppo di NiOh è comunque continuato fino al 2010, quando l’intero progetto è passato nelle mani di Team Ninja e ha iniziato a prendere la deriva che oggi tutti conosciamo per approdare però, in esclusiva su PlayStation 4, solo nel 2017.

Le similitudini tra NiOh e le produzioni di Miyazaki esistono realmente ed emergono principalmente a causa di un elevato livello di difficoltà, soprattutto quando è necessario affrontare i boss. Gli accostamenti sono parecchi e NiOh rientra di diritto tra i cosiddetti titoli del genere soulslike, ma fortunatamente la produzione di Team Ninja riesce a distinguersi per meriti che vanno al di là della semplice somiglianza con la saga Souls.

OGNI SCUSA È BUONA PER COMBATTERE

William Adams, il protagonista di NiOh, è un combattente dotato di enormi poteri, che gli permettono di venire a contatto con gli Spiriti Guerrieri, esseri la cui essenza va al di là della banale mortalità umana. In seguito a una furiosa battaglia uno spirito guerriero amico gli viene sottratto, e William viene rinchiuso nella Torre di Londra, lugubre prigione che si racconta riesca a stare in piedi solo grazie a migliaia di corvi che la popolano dall’alba dei tempi. 
Tra lo spirito amico perduto e William si frappone l’antagonista Edward Kelley, il quale vuole accaparrarsi le Amrita, particolari sostanze magiche che sembrano parenti molto strette delle anime create dal buon Miyazaki.

Le Amrita sono sostanzialmente delle pietre speciali che si disperdono sui campi di battaglia, a maggior ragione nel periodo storico dove NiOh si sviluppa, il Giappone feudale, in un contesto fortemente influenzato da scontri di potere e battaglie all’ultimo sangue. 
Attenzione però: se pensate che NiOh possa offrire una lore simile a quella dei titoli From Software, vi sbagliate di grosso. NiOh non propone nulla di tutto ciò, nemmeno lontanamente, ma predilige una narrazione limpida e sempre piuttosto chiara, scandita da cutscene e avvenimenti specifici.

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Scordiamoci dunque la mitologia interpretativa vista tanto nei tre episodi di Dark Souls quanto nello spin-off per PlayStation 4 Bloodborne, e dimentichiamone anche gli elevatissimi picchi qualitativi, perché la trama del titolo Team Ninja è probabilmente il punto più debole dell’intera produzione. 
La storia raccontata dalla software house rappresenta solo un pretesto per giustificare le varie missioni che il protagonista dovrà affrontare (che, come da tradizione, si dividono in principali e secondarie) anche se dobbiamo ammettere che al di là di una trama priva di particolare mordente, il background dell’universo di gioco si rivela ben caratterizzato grazie anche alle citazioni piuttosto frequenti di note leggende giapponesi del periodo.

UNA MIRIADE DI MISSIONI

NiOh propone una struttura molto differente rispetto al concetto di open world visto nei titoli From Software. Se in questi ultimi ogni percorso e ogni area destinata a far raggiungere un boss è sempre esplorabile e accessibile, qui le cose funzionano diversamente. Questo perché l’ossatura del titolo Team Ninja si basa sul fatto che ciascuna missione ricade in un’area a sé stante e porta sempre a uno scontro conclusivo.

Se si abbandona la missione, ogni progresso, scorciatoia o checkpoint sbloccati vengono irrimediabilmente persi (mantenendo però armi e Amrita) e si deve ricominciare da capo. È dunque evidente che se si ha la sfortuna di arrivare a un boss con uno sviluppo del personaggio non adeguato, lo scotto da pagare è molto alto, perché al fine di potenziare le proprie abilità e salire di livello è necessario proseguire con la stessa missione fino a terminarla, onde evitare di sprecare il tempo speso fino a quel momento e perdere tutti i progressi conquistati duramente.

Ed è altrettanto chiaro come NiOh non sia caratterizzato da un universo di gioco coeso e collegato, ma piuttosto su una semplice struttura procedurale a missioni, mai legate tra di loro, oltretutto condite da un backtracking che in più di un’occasione può essere abbastanza ridondante.

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WILLIAM IN CONTINUA EVOLUZIONE

L’aspetto di cui abbiamo appena parlato è ulteriormente decisivo se si analizza l’importanza dello sviluppo delle abilità di William, sulle quali non è possibile sindacare. Inutile quasi precisarlo, la raccolta delle Amrita consente lo sviluppo del personaggio alla stessa stregua di un Dark Souls, con un’interfaccia molto simile ed effetti sonori praticamente identici che è possibile avvertire quando si sblocca un punto abilità. Ovviamente, a ogni morte di William corrisponde la perdita di tutte le Amrita trovate fino a quell’istante, ma anche in questo caso è possibile recuperarle tornando sul luogo della sconfitta e raccoglierle.

Sbloccare le abilità e spingere l’acceleratore sul crafting degli oggetti è una pratica indispensabile nell’approccio a NiOh. Un’importanza seconda solamente al suo gameplay, vero fiore all’occhiello della produzione di Team Ninja ed estremamente soulslike per quanto concerne il livello di difficoltà, in particolare per quanto riguarda i boss di fine missione. 
Chi ha sudato le proverbiali sette camice alle prese con le produzioni di Miyazaki per guadagnare l’ambito trofeo di Platino sa cosa vuol dire morire centinaia di volte prima di arrivare a vedere i titoli di coda. E NiOh fa parte di questa categoria, che da un lato comporta enormi soddisfazioni quando le cose vanno bene, ma dall’altra può essere fonte di insopportabili frustrazioni. Questa caratteristica è impreziosita da un sistema di controllo del personaggio molto approfondito, rigorosamente in terza persona, che permette tante variabili a livello di gameplay.

L’IMPORTANZA DELL’IMPUGNATURA

Scegliere il proprio equipaggiamento preferito non è semplice, complice anche le numerose armi a disposizione. Proprio su queste si fonda il sistema di combattimento di NiOh, che propone due tipologie di armamenti: quelle ravvicinate per il corpo a corpo, e quelle utilizzabili dalla distanza. 
A prescindere dalla scelta precedente avremo sempre a disposizione il classico sistema di lock, indispensabile per permettere a William di dedicare la propria prospettiva verso un singolo nemico. Una volta bloccata la visuale su chi ci sta davanti, è possibile fare un’altra modifica, ossia cambiare l’impugnatura dell’arma equipaggiata attraverso una rapida combinazione. A seconda del modo in cui si vuole colpire il nemico, si può quindi alzare o abbassare l’impugnatura.

Tutte queste opzioni fanno sì che il sistema di combattimento di Nioh risulti estremamente appagante e molto più personalizzabile di quanto preventivato, sebbene la curva d’apprendimento sia in sé piuttosto sofisticata. 
Procedendo con l’avventura e sbloccando ulteriori abilità questo aspetto viene ulteriormente alimentato, e fa sì che ogni personaggio risulti molto differente tra un giocatore e l’altro, pur trattandosi essenzialmente sempre di William.

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UNA PS3 SULLA COSCIENZA

Il travagliato sviluppo di Nioh ha pesato soprattutto sul comparto grafico, dato che la base del motore di gioco è probabilmente stato costruito come se il prodotto dovesse uscire la scorsa generazione su PlayStation 3. A conti fatti, il colpo d’occhio non è male, ma la mole poligonale e molte texture sono ben al di sotto di ciò che ci siamo abituati a veder girare su PS4. 
A dispetto di ciò, gli sviluppatori hanno deciso comunque di inserire una feature interessante, che consente di scegliere le proprie preferenze grafiche prima di iniziare l’avventura, un po’ come se ci trovassimo su un PC da gioco. Le modalità a disposizione sono tre, che corrispondono su PS4 standard a una risoluzione dinamica con frame-rate a 60 fps, risoluzione fissa e frame-rate a 30 fps, oppure una via di mezzo tra le due. Non manca il supporto a PS4 Pro, che chiaramente migliora tutti i valori appena citati, in particolare sul versante frame-rate, che su PS4 standard, a prescindere dall’opzione di visualizzazione selezionata, fatica in più di un’occasione.

NiOh propone anche un comparto online, nel quale è possibile effettuare delle missioni in cooperativa con gli amici oppure sfruttando il pratico matchmaking online. Durante i nostri test il sistema si è dimostrato agile e performante, perfetto quindi per farsi dare una mano nel caso un boss si dimostrasse troppo ostico per le nostre capacità e livello attuale.

NiOh
NIOH
GIUDIZIO
NiOh non è certo una ventata d'aria fresca, ma è certamente una produzione soulslike di ottimo livello, accompagnata da un gameplay molto soddisfacente e da una longevità di rilievo. Un backtracking fin troppo spinto, un comparto grafico sottotono e una narrazione a conti fatti un po’ debole non consentono al titolo Team Nina di raggiungere l’eccellenza maturata dai capolavori di Miyazaki, ma non possiamo che consigliarne l’acquisto a tutti i patiti del genere, soprattutto se volete divertirvi con un gameplay molto curato e intrigante, a patto però di essere disposti a... soffrire!
GRAFICA
7
SONORO
7.5
LONGEVITÀ
8.5
GAMEPLAY
8.5
PRO
Ambientazione nel Giappone feudale affascinante

Scontri con i boss molto difficili e appaganti
Tantissime missioni da affrontare
Gameplay magnetico e profondo
CONTRO
Motore grafico obsoleto e cali di fluidità su PS4 standard
Trama e narrazione sottotono
Struttura delle missioni troppo rigida
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