Remnant: From the Ashes

La nuova fatica di Gunfire Games è uno sparatutto action ricco di sorprese ispirato ai soulslike.

Nell’ultima parte di un torrido agosto ormai alle spalle, caratterizzato da un caldo asfissiante che ci ha accompagnato in eventi come la Gamescom di Colonia e attraverso una serie di uscite degne di nota come Control e The Dark Pictures Anthology: Man of Medan, c’è stato l’arrivo di un titolo passato (colpevolmente) in sordina e di cui si è parlato poco in questi mesi, Remnant: From the Ashes. La scelta di renderlo disponibile dal 20 agosto su PC, PlayStation 4 e Xbox One non ha di certo aiutato i ragazzi di Gunfire Games nel farsi pubblicità, rinfrancati per fortuna dai pareri molto positivi di chi ha deciso di dare fiducia agli sviluppatori texani.

Questo aspetto l’avevamo già notato nel succedersi delle interminabili sequenze di trailer visti dal vivo durante il PC Gaming Show allo scorso E3 di Los Angeles, attirati più dalla componente cooperativa e dalle meccaniche simili agli sparatutto che da alcuni tratti caratteristici presi in prestito dai cosiddetti soulslike. Un ibrido che non si vede tutti i giorni in effetti, ma che proprio per questo ha destato non poca curiosità tra gli appassionati dei vari Dark Souls e addetti ai lavori.

Remnant offre ai giocatori un comparto narrativo piacevole da seguire, ma non di certo memorabile.

RINASCERE DALLE CENERI

L’uomo è così affascinato dalle storie post-apocalittiche da aver quasi saturato il genere proponendo film, serie televisive e videogiochi in cui possiamo vivere il nostro “sogno catastrofico” in formati e situazioni diverse. In Remnant: From the Ashes il genere umano è stato ancora una volta accontentato riguardo questo desiderio recondito, ritrovandosi a dover sopravvivere all’ennesima ecatombe che li ha decimati a causa dei Roots, creature sovrannaturali provenienti da un’altra dimensione. Per far fronte alla tragica situazione i sopravvissuti si sono riuniti nei Ward, grandi strutture dove si tira a campare in attesa dell’inevitabile epilogo. Tutto questo fino all’entrata in scena del nostro personaggio, customizzabile tramite l’editor all’inizio di ogni nuova partita, che decide di combattere il male e dopo varie peripezie parte alla ricerca del Fondatore, apparentemente la chiave verso la soluzione di tanti misteri e unica arma in grado di fermare la minaccia mortale rappresentata dai Roots.

L’incipit narrativo di Remnant non si discosta poi da altre produzioni simili, ma si sviluppa nel corso dell’avventura con una lore abbastanza elaborata e non priva di momenti spiazzanti. Gli eventi che tengono impegnato il giocatore fanno quindi da collante tra una missione e l’altra, con l’aggiunta di tutta una serie di dialoghi e risposte a scelta multipla (che non hanno influenze di sorta nella catena narrativa), atte a riempire i vuoti narrativi lasciati dai misteri riguardanti l’identità dei personaggi o le cause fondanti degli avvenimenti catastrofici.

BELLO E IMPOSSIBILE

Se siete neofiti del genere, potreste pensare di avere a che fare con uno sparatutto action in terza persona, in cui si uccidono mostri e creature deformi in solitaria o coadiuvati da altri due compagni d’armi. Ma una volta selezionato il personaggio tra i tre disponibili, in cui purtroppo l’IA gioca male le sue carte, comincia a prendere forma la natura ibrida del titolo in un mix di combattimenti con armi da fuoco, sfumature GdR e una struttura soulslike. Per il resto vengono rispettati tutti i canoni ruolistici e tipici del genere, con oggetti rapidi da assegnare alla croce direzionale, una barra della resistenza che si esaurisce schivando e correndo, ma non eseguendo attacchi corpo a corpo.

Troviamo inoltre cristalli magici rosso fuoco utili a ripristinare munizioni e salute, ma che per essere utilizzati richiedono che l’area venga ripulita dalle creature nemiche a suon di piombo. A tal proposito quello di Remnant è un gunplay che bada al sodo e che da solo potrebbe brillantemente essere parte di un gioco a sé stante, grazie a un arsenale che include pistole, fucili da caccia e shotgun, oltre ad armi speciali dotate ad esempio di proiettili incendiari. Manca un sistema di coperture tipico degli shooter con visuale in terza persona, ma tra rottami di auto e costruzioni diroccate, nonché manovre di evasione come le schivate, vi verrà chiesto di rimanere sempre in movimento e sfruttare l’ambiente circostante.

Tutto molto bello, fino a quando non ci si accorge di come sia complicato sopravvivere contro nemici che con un paio di colpi ben assestati, vi costringono a ripartire da un punto specifico. Eppure nelle fasi iniziali si ha quasi l’impressione che il team di sviluppo sia stato magnanimo nei confronti del giocatore, nel non privarlo delle risorse accumulate fino a quel momento e nel ripristinare l’energia per tre volte. Solo dopo aver maledetto a più riprese il primo dei numerosi boss che proveranno a sbarrarci la strada, comprendiamo che senza i due elementi succitati probabilmente ci saremmo trovati faccia a faccia con un vero e proprio incubo a occhi aperti. In soccorso dei giocatori vengono però le mod da applicare all’arma principale e quella secondaria, attivabili dopo aver riempito un apposito contatore, che forniscono bonus variabili e temporanei (come una maggiore resistenza agli attacchi melee) o che evidenziano i nemici più inclini a subire danni.

In certi frangenti vi sembrerà anche semplice sbarazzarvi dei nemici più deboli che infestano le cinque grandi aree di gioco, generate proceduralmente a ogni sessione, a patto di aver speso un buon quantitativo di punti per migliorare le varie statistiche. Ma è nelle boss fight che gli equilibri vengono azzerati, propendendo a favore delle infide creature da fronteggiare. Non mancano picchi di difficoltà estrema, che aggiungono ulteriore frustrazione a un gameplay già non semplice di suo, mettendo a dura prova pazienza e l’autocontrollo.

DIVERTIRSI (E SOCCOMBERE) IN COMPAGNIA

Le oltre venti ore necessarie per completare la prima run non sono certamente una passeggiata di salute, offrendo comunque un ottimo tasso di sfida. Sta di fatto che per non soccombere di continuo ed evitare di passare tranquillamente dieci ore nel tentativo di battere il primo boss, dovrete migliorare continuamente le statistiche del personaggio. In questo circolo vizioso di morte e resurrezione, si inserisce una meccanica di grinding aggressivo che placa la sete di sangue (il vostro) da parte dei nemici più impegnativi. Spendendo i punti accumulati, investendo scarti (la moneta di gioco) per l’acquisto di oggetti e materiali per migliorare il livello delle armi, sarete più efficaci in combattimento lasciando il resto alle vostre doti di pistolero. L’anima da shooter non oscura completamente quella più action, tant’è che martelli, lame e asce di fortuna rappresentano il miglior modo per tenere a bada coloro che tenteranno di avvicinarsi troppo.

L’altro aspetto di Remnant che esalta in particolare le sue meccaniche sparatutto è la possibilità di giocare online sfruttando la modalità cooperativa. Affidarsi all’aiuto di altri due giocatori non sposta però l’ago della bilancia verso un’esperienza più malleabile, ma rende nettamente più piacevole uccidere un boss o morire provandoci, arrivando a sbarazzarsi delle creature più arcigne più facilmente. In ogni caso, il sistema con cui viene gestita la coop funziona bene, senza il ricorso a campane e oggettistica varia per richiamare giocatori da altri mondi come FromSoftware ci ha abituato. I giocatori hanno la possibilitò di accumulare esperienza e risorse più rapidamente, ma correndo un rischio: entrando nelle partite di altri giocatori, potreste incorrere in anticipazioni forzate della storia. Potrete però affidarvi ad altre soluzioni meno invasive, come fare da host o farvi aiutare da altri due amici creando una sessione privata.

Nonostante tutto alcune aree di gioco mettono in mostra un buon level design.

NON PROPRIO ROSE E FIORI

A questo punto, una battuta d’arresto è quella sperimentata sul comparto tecnico. Sappiamo bene di trovarci di fronte a un gioco sviluppato con un budget molto risicato, fattore limitante per un gioco di questa portata dove il concept tira fuori diversi spunti creativi non sfruttati a dovere. Non ci riferiamo alle buone atmosfere che mescolano fantascienza apocalittica a toni dark fantasy, ma di un level design che si limita a offrire scorci di città distrutte o cittadelle nel deserto, gallerie fognarie povere di dettagli, incapaci di reggere il confronto con le produzioni di riferimento del genere. La generazione procedurale in questo caso premia più il mix di situazioni che non di scenari, un vero peccato.

Su PlayStation 4 Pro il titolo in questione gira in maniera fluida, seppur ogni tanto non manchino fugaci rallentamenti che non gravano sul frame-rate, bloccato sui 30fps. Nelle prime battute avevamo fatto un breve cenno ai dialoghi presenti nel gioco, con un doppiaggio purtroppo inefficace rispetto alle immagini, dove la pecca principale è da attribuire alle animazioni, minate da difetti non trascurabili. I dialoghi in italiano dei vari NPC che popolano il Ward 13 e il mondo esterno sono spesso fuori sincrono, tramutandosi in alcuni casi in una sorta di ventriloquismo. Non è poi la fine del mondo, ma abbiamo buone ragioni per credere che con un budget più ampio a disposizione, a quest’ora parleremmo di una delle rivelazioni di questa generazione ormai sul viale del tramonto.

Remnant: From the Ashes
GIUDIZIO
L’essere stati sollevati da grandi aspettative in fin dei conti ha perfino giovato ai ragazzi di Gunfire Games. Remnant: From the Ashes si è rivelato una gradita sorpresa videoludica: il connubio tra soulslike e sparatutto in terza persona ha dimostrato di funzionare in maniera (quasi) impeccabile, nonostante una difficoltà a tratti eccessiva. Tra le note positive, una buona componente cooperativa e una generazione procedurale promettente. Come spesso succede con questo tipo di produzioni, l’eccellenza non viene raggiunta per questioni economiche o motivi tecnici, ma valutando il gioco nel complesso vi assicuriamo che sarete ben disposti a sorvolare su questi aspetti. Se katane, spadoni a due mani a e archibugi vi hanno stancato e volete semplicemente provare una nuova formula, il gioco potrebbe fare al caso vostro.
GRAFICA
7.8
SONORO
7.9
LONGEVITÀ
8.7
GAMEPLAY
8.9
PRO
L'esperimento ibrido funziona a dovere
La modalità cooperativa aggiunge ulteriore divertimento
Sarete stimolati ad affrontare boss e situazioni impegnative...
CONTRO
...talvolta mal calibrate a causa dell'assurda difficoltà
Si poteva osare di più nel level design
Qualche problema di troppo con la sicronia audio dei dialoghi
8.3
7966