Picchiaduro e cabinati arcade rappresentano tutt’ora uno di quei binomi indissolubili che, nonostante l’incedere degli anni, sopravvive ancora oggi principalmente grazie agli appassionati di retrogaming. Proprio grazie a luoghi come le sale giochi, alcune serie videoludiche sono diventate col tempo dei veri e propri cult tra gli appassionati, su tutti quei giochi di lotta che impazzavano sui cabinati dell’epoca. 26 anni fa, la voce fuori dal coro dei picchiaduro tra gli arcade di fattura giapponese aveva un nome ben preciso: Samurai Shodown, meglio conosciuto nel Sol Levante con il nome di Samurai Spirits.
Cosa aveva di differente il picchiaduro di SNK rispetto al più quotato Street Fighter? Ebbene, più che affidarsi alla sacra arte del riempirsi di botte a suon di calci e pugni, Samurai Shodown donava a tutti i combattenti armi bianche con le quali sfidarsi. Dopo oltre un quarto di secolo l’azienda giapponese che allora aveva fatto lanciato la serie in sala giochi tenta di donargli nuova vita con un capitolo inedito, disponibile dallo scorso 24 giugno su PlayStation 4 e Xbox One.
L’ULTIMO SAMURAI
Data la risicata durata dalla Storia non entreremo nel dettaglio di questa modalità, ma è bene sapere che completare la breve campagna con differenti personaggi non apporta chissà quali radicali cambiamenti né alla narrazione né alla struttura di gioco, eccezion fatta per alcune linee di dialogo dopo una vittoria e leggere variazioni nei combattenti che si sfidano prima dello scontro finale. La formula adoperata in questa sorta di reboot è quella tipica del genere con avversari da mandare al tappeto al meglio di tre round fino ad arrivare allo scontro con l’unico boss del gioco; non è un’offerta particolarmente ricca, ma Samurai Shodown propone comunque differenti modalità online e offline in cui cimentarsi.
In tutto il roster è composto da sedici lottatori di cui tre rappresentano le new entry e tredici invece sono quelli che potremmo definire storici per la saga. Con uno stile che ricorda molto quello di Dragon Ball, a metà tra anime e cel shading, ben presto si riesce ad apprezzarne la nuova veste grafica colorata e dove anche i nuovi lottatori sono stati fortemente ispirati nel design dalla cultura di stampo giapponese, praticamente onnipresente in Samurai Shodown.
SCIABOLA E FIORETTO
Il sistema di combattimento presente in questo capitolo è pressappoco il medesimo visto negli altri episodi della serie, scindibile in tecniche di base, e quelle più avanzate che diventa di vitale importanza contro avversari più ostici da affrontare. Il movimento è regolato da azioni come salti, spostamenti veloci all’indietro o sprint in avanti, con cui avanzare o indietreggiare durante la fase di combattimento o di studio dell’avversario. Tre sono i tipi di fendenti che è possibile portare a segno: leggero, medio e pesante, a cui si aggiunge il calcio, ognuno di questi attacchi poi caratterizzato da un quantitativo di danno e un range specifico a seconda del personaggio scelto. A questo si aggiungono tecniche come prese e pugni per spezzare la guardia di avversari troppo sulla difensiva, anche se adottare un atteggiamento prudente e non esporsi troppo evita di subire quei pochi colpi necessari a perdere il round, specialmente se si subisce un fendente pesante in grado di polverizzare anche un terzo della barra della salute.
Non mancano azioni difensive che risultano fondamentali se utilizzate nel modo giusto durante i combattimenti, in grado di garantire un vantaggio che, se sfruttato a dovere, può indirizzare lo scontro a proprio favore. Bisogna precisare che anche parando i colpi si subisce un piccolo quantitativo di danni, a meno che non sia effettuata con il giusto tempismo in modo da non riceverne alcuno, riempiendo al contempo l’indicatore della rabbia. Schivare ad esempio è un buon modo per mandare fuori tempo il nostro sfidante e provare un contrattacco, facendo però attenzione ai frame dell’animazione che garantiscono l’invulnerabilità solo in momenti specifici. In effetti il tenersi a debita distanza dagli attacchi intermedi, la combinazione di parate e schivate, unite alla ricerca di un’apertura nella difesa a oltranza del proprio sfidante o portandolo a compiere un passo falso, rimandano a quella che è la nobile arte della scherma, o i più antichi duelli cavallereschi.
Prendere subito una certa dimestichezza con tecniche di contrattacco come il disarmo aiuta poi a guadagnare una posizione di vantaggio che vede l’avversario poter affidarsi esclusivamente a pugni e calci che ovviamente arrecano meno danno, viceversa una parata senza arma non sarà così efficace e avrà un impatto ben peggiore sulla propria salute. Ma c’è dell’altro: quando disarmati è altresì possibile effettuare un contrattacco grazie alla quale togliere spade e affini dalle mani dagli avversari e approfittarne per attaccare o recuperare l’arma persa in precedenza.
RAGE MODE
Non sono esclusivamente i combattimenti all’arma bianca ad aver reso Samurai Shodown estraneo alla massa degli altri picchiaduro capitanata da pesi massimi del genere come Street Fighter, Tekken, Mortal Kombat, The King of Fighters (altra serie targata SNK) e via discorrendo, ma anche la sua componente strategica applicata ai combattimenti. Già un quarto di secolo fa approcciarsi a Samurai Shodown significava confrontarsi con un figthing game incentrato principalmente sullo sfruttare il minimo errore altrui per mettere a segno anche un solo e unico colpo che però aveva effetti devastanti, cosa che fortunatamente non è cambiata in questo capitolo.
Essere attendisti e studiare l’avversario, pronti ad approfittarne di ogni minimo errore è la chiave per essere competitivi, ma non è di fatto l’unica strategia da ponderare per aggiudicarsi i due round necessari per essere decretati vincitori. Questo perché ogni lottatore ha a disposizione una barra posta in basso che indica la rabbia accumulata, pronta a riempirsi in proporzione al danno subito o effettuando una parata precisa.
Una volta riempita, potrete decidere se attivarla subito al fine di ottenere un incremento sostanziale per quanto riguarda i danni inflitti colpendo l’avversario o strategicamente si può scegliere il momento propizio per attivarla e cogliere di sorpresa il nostro sfidante. Le tecniche legate all’attivazione di questa meccanica sono differenti e capaci di fare la differenza, tra la possibilità di disarmare l’avversario con un potente attacco o affidarsi a un medesimo ancora più devastante, la Lama di Fulmine. Salvo qualche rara eccezione, la nota positiva consiste nel poter evitare queste stesse mosse se ci si muove col giusto tempismo, così da mandare in fumo il tentativo avversario di infliggere danni ingenti o mandarci al tappeto.
POCHE COMBO MA BUONE
Chi ha una più che discreta esperienza con i giochi di lotta non ha di certo bisogno di sapere quali sono i fondamentali alla base di questo genere: conoscere a memoria combo e mosse speciali è la prerogativa di ogni buon appassionato di picchiaduro che si rispetti. Samurai Shodown non è mai stato sinonimo di numerose concatenazioni di attacchi da far partire pigiando furiosamente sequenze di tasti uno dietro l’altra, e questo capitolo non mescola certamente le carte in tavola ma piuttosto porta avanti una tradizione ormai radicata nel DNA della serie. Ciò non vuol dire che ci troviamo davanti a un titolo povero dal punto di vista tecnico o dotato di un sistema di combattimento basilare, piuttosto su un gioco che punta su un numero di combo non così vasto. Gran parte delle tecniche avanzate si basa su combinazioni fisse uguali per tutti i personaggi, vedi il disarmo o l’attacco speciale, ma ciononostante ogni lottatore ha attacchi e combo differenti da memorizzare per poterlo usare al meglio soprattutto nei match online.
Questo a sua volta non implica che Samurai Shodown sia un picchiaduro semplice da padroneggiare, la complessità di alcune parti del sistema di combattimento riescono inizialmente a creare qualche grattacapo anche ai giocatori più esperti. Il premere tasti a caso, il classico button smashing, non paga mai quando si parla di picchiaduro classici, figuriamoci in uno dove basta un singolo colpo piazzato per vedere la salute del proprio avversario o la nostra dimezzarsi con una facilità disarmante. Come consuetudine vuole con impegno, abnegazione e pratica anche i giocatori non espertissimi nel genere col tempo vedranno migliorare le relative performance, a patto di dedicare del tempo alla causa, sfruttando all’occorrenza l’esauriente tutorial o provando e riprovando le varie tecniche nella modalità allenamento. Samurai Shodown non è quindi adatto a tutti, e di certo non mancano alternative ideali per coloro che fossero alla ricerca di un prodotto meno hardcore.
WAKE UP SAMURAI, WE HAVE A DOJO TO BURN
Affinate le proprie abilità è poi tempo di affilare le lame per battersi onorevolmente contro altri giocatori all’interno della classico multiplayer online che prevede in linea di massima scontri classificati per tentare di scalare il ranking o allenarsi in maniera più rilassata e senza pressioni. Trovato il proprio avversario, non in tempi rapidissimi dobbiamo dire, l’infrastruttura online si attesta su buoni livelli con partite che filano via senza intoppi a seconda della regione del nostro avversario, con qualche leggero fenomeno di lag sfidando giocatori dall’altro capo del mondo. Non mancano comunque modi per dilettarsi in solitaria oltre alla campagna principale scegliendo tra la modalità Survival, dove sopravvivere il più a lungo possibile contro avversari gestiti dalla CPU, o tentando di battere il record di nemici sconfitti nella Prova a tempo. Chiaramente è presente il multiplayer locale per sfidare un amico o giocare liberamente contro la CPU settando vari parametri come difficoltà o numero di round. L’offerta in questo caso è senza infamia e senza lode; certo, si poteva fare qualcosa in più specialmente per quanto riguarda la modalità Storia che tra quelle presenti è forse quella più debole.
Vi avevamo parlato di deep learning proprio qualche giorno fa in occasione della nostra anteprima di Scavengers, è giunto il momento di citare nuovamente questa futuristica tecnologia per parlarvi di un’interessante (perlomeno sulla carta) modalità di Samurai Shodown: il Dojo. Teoricamente lo è perché al suo interno è possibile sfidare dei ghost controllati dalla CPU, generati seguendo lo stile di combattimento analizzato nelle partite online, in un match singolo oppure decidere di affrontarne dieci, cinquanta o cento nella modalità survival. Ci troviamo dinanzi alla classica idea che pare avere tutti i crismi per rivelarsi innovativa, che però non trova fondamento quando dalla teoria si passa all’applicazione pratica. Ci siamo così imbattuti in ghost di altri giocatori intenti principalmente poco preoccupati di difendersi dagli attacchi e generalmente tutt’altro che impegnativi da affrontare. Al momento quindi il nostro non è stato un test probante per poter confermare la bontà di questa modalità, e abbiamo trovato decisamente più stuzzicante sfidare quelli in carne e ossa che almeno danno vita a partite in cui le mosse degli avversari avvengono secondo una logica che agisce in tempo reale. Ci auguriamo che con qualche accorgimento agli algoritmi che regolano i ghost, e analizzando più match, il tasso di bravura di queste “proiezioni” controllate dall’intelligenza artificiale venga sensibilmente migliorato in futuro.
A TUTTO GIAPPONE
Ogni componente di Samurai Shodown è pervasa da spirito nipponico e d’altronde non poteva essere altrimenti considerando che il tema portante della serie è proprio uno degli emblemi simbolo della cultura del Sol Levante. Voci, musiche, level e character design sono stati improntati interamente sullo stile giapponese, sebbene sia presente la localizzazione italiana per quanto riguarda i testi, ed è meglio non essere andati oltre proprio perché la caratterizzazione squisitamente nipponica nel picchiaduro sviluppato da SNK avrebbe rischiato opzionalmente di essere messa in secondo piano. Chi ama sia i picchiaduro che il Giappone non potrà che sentirsi a suo agio ascoltando le oniriche musiche della colonna sonora mentre tira precisi fendenti in una delle dodici arene, caratterizzate da sprite molto evocativi e ripresi dall’immaginario giapponese.
L’aspetto dove Samurai Shodown lascia scoperto il fianco a sacrosanti critiche è un comparto tecnico buono ma che fatica a tenere il passo con altri esponenti del genere. Character design a parte, non bisogna sforzarsi poi tanto per notare elementi degli scenari in bassa risoluzione che stonano con i valori produttivi tendenzialmente alti che invece riguardano l’aspetto artistico e quello sonoro. Un po’ piange il cuore vedendo la cura riposta invece dal punto di vista stilistico, e queste imperfezioni limitano un lavoro da parte degli sviluppatori che altrimenti sarebbe stato encomiabile.