Lone Echo 2

Lone Echo 2 provato in anteprima all’E3 2019

Ci siamo calati nella nuova avventura sci-fi creata da Ready at Dawn per gli headset VR di Oculus.

Dopo aver esplorato la stazione spaziale dell’avventura horror Moons of Madness, l’E3 di Los Angeles ci ha permesso di scoprire un progetto che in un certo senso propone un setting molto simile, al netto di un’esperienza di gioco totalmente diversa. Ci riferiamo ovviamente a Lone Echo 2, secondo capitolo della serie d’avventura in realtà virtuale, il cui primo capitolo ha riscosso un notevole successo.

Sulla scia degli ottimi risultati ottenuti due anni fa, Ready at Dawn tenta nuovamente di convincere pubblico e critica con un sequel che punta a migliorarsi sotto tanti aspetti, pur rimanendo fedele all’impostazione che ne ha decretato il successo. Ospiti di Oculus Studios a Los Angeles, abbiamo messo le “mani” sulla nuova avventura creata dal team capitanato da Ru Weerasuriya e dal nostro Andrea Pessino, che ha dato i natali a giochi del calibro di God of War: Chains of Olympus e The Order: 1886.

Lone Echo 2

IL RITORNO DI JACK E LIV

Abbiamo trascorso circa mezz’ora in compagnia di Lone Echo 2, impersonando ancora una volta i panni di un androide dalle fattezze umane ribattezzato Jack, in compagnia dell’astronauta Olivia “Liv” Rhodes, entrambi a bordo della stazione mineraria Kronos 2. Sin dai primi istanti di gioco si nota la natura story-driven del titolo, in particolar modo quando ci sono state sottoposte una o più scelte di dialogo che ampliano il background narrativo. Sotto questo aspetto è chiara la continuità che il team di sviluppo ha tentato di mantenere al fine di raccontare una storia interessante e mai banale. Tuttavia, oltre a interessanti scambi di battute tra Jack e Liv ci siamo messi alla prova in alcuni puzzle che hanno previsto l’attivazione di pulsanti, leve da tirare e oggetti da raccogliere e inserire in appositi terminali.

A livello di meccaniche, Lone Echo 2 riprende sostanzialmente quanto di buono fatto nel primo capitolo, migliorando come dicevamo il comparto narrativo e rendendo ancora più profondo il gameplay di base, aumentando al contempo la longevità. Si è dunque ripartiti dalla totale libertà di poter fluttuare all’interno di ambientazioni sfruttando la totale assenza di gravità, simulata ancora una volta egregiamente, spostandosi tramite l’uso di piccoli propulsori inseriti sui polsi o aggrappandosi alle superfici per poi darsi uno slancio nella direzione che si vuole raggiungere. Avvicinando il controller alla testa ad esempio è possibile accendere la torcia, utile per orientarsi nelle zone più buie della stazione spaziale in cui non c’è corrente elettrica.

GRAVITÀ ZERO  

Il nostro viaggio all’interno della stazione Kronos 2 ci ha portato presto a imbatterci in organismi viventi assimilabili a delle biomasse fluttuanti all’interno di alcune zone della stazione mineraria, che ben presto si rivelano essere molto pericolosi per l’androide antropomorfo. Fatto sta che su questi organismi si sono basate alcune situazione da risolvere, tra cui trovare un modo per attirare queste minacce all’interno di una sorta di incubatrice ed evitare successivamente di essere attaccati, pena la disattivazione del nostro personaggio.

Lone Echo 2

Così come avveniva nel primo capitolo in Lone Echo 2 le dinamiche che regolano il game over prevedono l’attivazione di un nuovo androide, mentre la carcassa di quello messo fuori uso volteggerà liberamente nel punto in cui è stato colpito. Al pari di Stormland, il comparto grafico (qui ancora più performante) aiuta fortemente a calarsi nel vivo della realtà virtuale per un’esperienza ancora più coinvolgente. Tralasciando per un attimo l’ottimo lavoro fatto con la fisica di gioco, a colpirci in positivo è stato l’ispirato level design della stazione spaziale e dai vari ambienti da cui è composta, senza dimenticare i modelli poligonali come nel caso del personaggio di Liv.

Sul finire della demo però abbiamo accusato un po’ di nausea imputabile al famigerato motion sickess, causato probabilmente dalla totale libertà di muoversi all’interno della stazione orbitante, soprattutto compiendo azioni brusche come spingersi con forza da un appiglio all’altro. Nulla di particolarmente fastidioso in ogni caso, ma si tratta di una pecca che potrebbe comportare problemi se si ha intenzione di dedicarsi a sessioni di gioco particolarmente lunghe.

Con Lone Echo 2 gli sviluppatori di Ready at Dawn vogliono ripartire dalla stessa formula che nel 2017 ha permesso loro di ottenere diversi apprezzamenti da parte di giocatori e addetti ai lavori, ampliandola su più fronti. Sfortunatamente, considerato l’esiguo tempo a disposizione per il nostra test, non siamo riusciti ad approfondire alcune delle novità annunciate dalla software house statunitense, ma da quanto visto finora siamo certi che Lone Echo 2 abbia tutte le potenzialità per bissare il successo di due anni fa.

Chiunque aspettasse con trepidazione la nuova avventura sci-fi dovrà pazientare ancora qualche mese, a causa di uno slittamento nella data di lancio del gioco che di recente è stata rinviata al primo quadrimestre del 2020 a causa di progetti paralleli portati avanti dalla software house.