Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan non è il gioco che ti aspetteresti da un team come Platinum Games. La precisione chirurgica richiesta da Bayonetta, la frenesia di Vanquish, l’esperienza vivace e colorata di The Wonderful 101 sono lontani parenti di ciò che questo nuovo prodotto ispirato alle Tartarughe Ninja ha saputo dimostrare nel corso delle cinque o sei ore necessarie al completamento della sua campagna. Una durata già di per sé esigua, che il team di sviluppo ha allungato artificialmente con escamotage discutibili, come la continua ripetizione delle stesse missioni per completare un livello e scontrarsi con il boss di turno, un riciclo evidente della stessa ambientazione per almeno due livelli di fila e, come se non bastasse, la riproposizione dei combattimenti contro tutti i boss (avete capito bene) qualche momento più tardi. Non che sia poco piacevole prendere a calci Rocksteady e Bebop per l’ennesima volta, oppure dimostrare a Krang e Shredder che, insieme, le quattro Tartarughe Ninja siano imbattibili, ma a tutto c’è un limite.

A poco serve che TMNT: Mutanti a Manhattan sia un gioco venduto a prezzo “budget” (ma mica tanto), perché avremmo preferito di gran lunga un prodotto venduto a prezzo pieno ma meritevole e realizzato con tutti i crismi, piuttosto che uno spreco di risorse e potenziale tale da far rimpiangere l’epoca dei discutibili Transformers: Devastation e The Legend of Korra, due degli ultimi controversi prodotti della software house. Ed è un peccato, perché il franchise Teenage Mutant Ninja Turtles meriterebbe davvero un prodotto fatto bene, un gioco d’azione sì frenetico, ma non caotico e confusionario com’è, invece, questo Mutanti a Manhattan.

QUATTRO TARTARUGHE NEL CAOS

I problemi di Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan partono dal suo sistema di combattimento che, rispetto alle elevate aspettative, si rivela piuttosto piatto, mai effettivamente in grado di premiare la precisione e le capacità del giocatore, senza una reale distinzione fra attacchi leggeri e pesanti (il cui peso sembra non avere particolare rilevanza nel sistema di combo). Il sistema di schivata e parry è spesso impreciso e la continua presenza su schermo di un numero probabilmente esagerato di nemici (e di tre Tartarughe Ninja controllate dalla discutibile IA) rendono il tutto estremamente confusionario. Aggiungiamo al tutto uno stile di combattimento che, super mosse a parte, non prevede troppe differenze fra i personaggi: Donatello, Leonardo, Michelangelo e Raffaello sono tutti in grado di realizzare le stesse mosse.

Ogni personaggio ha a disposizione quattro slot a cui affidare altrettante abilità speciali, selezionabili da un elenco che include oltre trenta varianti, con la possibilità di migliorarne le statistiche, il tempo di recupero e l’efficacia raccogliendo gli immancabili punti XP nel corso dei nove livelli che compongono l’avventura. Tutto molto bello, se non fosse che il giocatore è costretto a passare continuamente da un personaggio all’altro (possibile rapidamente con la pressione di un tasto), ritrovandosi ogni volta di fronte a un set di abilità differente, impossibile da memorizzare in mezzo a tutta quella confusione, sopratutto considerato che l’IA degli alleati ha una propensione al combattimento esasperato ed estremamente caotico.

Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan

La presenza di una modalità cooperativa locale avrebbe permesso di affrontare la campagna in compagnia di tre amici, scegliere con oculatezza quali abilità affidare a un determinato personaggio e sfruttare il sistema di combo cooperative che permette, ad esempio, a Leonardo e Raffaelo di eseguire un attacco combinato devastante, ma Platinum Games ha preferito evitare una soluzione simile per favorire la fluidità del gameplay. Peccato che, nonostante questa decisione, TMNT: Mutanti a Manhattan faccia fatica spesso a mantenersi stabilmente sui 30fps e non riesca minimamente a trasmettere quella sensazione di frenesia a cui il team ci ha abituato negli altri progetti, in cui i 60fps erano un must imprescindibile. A meno di non trovare altri tre amici disposti ad acquistare una copia del gioco per sfruttare la cooperativa online per quattro giocatori, la sola opzione è quella di optare per il matchmaking e trovarsi in squadra con tre compagni random, senza possibilità di cambiare personaggio una volta partita l’avventura.

In questo caso la situazione migliora tantissimo, ed è più semplice sincronizzarsi sfruttando le rispettive abilità speciali (che è possibile attivare dopo il consueto cooldown), che aggiungono un po’ di tattica e strategia al sistema di gioco. Nel caso in cui un alleato sia stato messo al tappeto, si ritroverà in una stanza speciale che gli permetterà di rientrare in combattimento mangiando l’immancabile pizza: maggiore sarà il button-smashing da parte dell’utente, più veloce risulterà il ritorno in azione del giocatore, mentre nel caso in cui tre alleati si trovino nella stanza della pizza e l’ultimo utente venga ucciso, apparirà la classica schermata di Game Over e sarà necessario ricominciare dall’ultimo checkpoint. Questo aspetto sarà molto frequente negli scontri contro i boss, caratterizzati da un’incredibile quantità di vita (composta da sette barre d’energia!) che costringe il giocatore a sfruttare adeguatamente tutte le risorse a disposizione per avere la meglio contro dei pattern d’attacco molto intriganti.

Sono proprio le sfide contro i boss storici della serie animata Tartarughe Ninja a risollevare le sorti di un gioco che, altrimenti, avrebbe rischiato una bocciatura ben più evidente. Quello che più ci provoca dispiacere è proprio l’inadeguatezza del contorno, perché non sarebbe stato poi tanto difficile realizzare una campagna dalla varietà maggiore, un altro paio di scenari per spezzare la monotonia e rendere meno caotico il sistema che gestisce i combattimenti, magari riducendo anche il numero di personaggi su schermo, una soluzione che avrebbe permesso di optare per un approccio più tattico e un minimo di strategia. Platinum Games invece ha optato per la strada più semplice, realizzando un prodotto inadeguato agli standard a cui la casa nipponica ci ha abituato negli anni, finendo per realizzare un prodotto mediocre, tanto nei contenuti quanto nel suo comparto tecnico, che non brilla né per la bontà del suo lato estetico (realizzato come sempre con la tecnica del cel-shading) né per la bontà della colonna sonora o dell’audio in generale.

GIUDIZIO

Allo stato attuale è difficile consigliare l’acquisto di Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutanti a Manhattan se non a un fan sfegatato delle Tartarughe Ninja. Anche in questo caso, però, c’è da fare i conti con una ripetitività di fondo che rende l’esperienza di gioco monotona già dopo pochi minuti, complice anche un gameplay confusionario, la mancanza di una cooperativa locale con cui condividere il gioco assieme agli amici, ma sopratutto di un sistema di combattimento degno della firma di Platinum Games: impreciso, caotico e ben lontano dai fasti a cui la software house ci ha abituato con produzioni ben più rilevanti di questo promettente, ma sfortunatamente mediocre, gioco d’azione.