Shadow Tactics: Blades of the Shogun
Versione testata: PS4

Shadow Tactics: Blades of the Shogun

Quella degli RTT, i tattici in tempo reale in stile Commandos, era un’assenza che i fan avevano ormai imparato ad accettare con una nostalgica rassegnazione. È toccato alla campagna di crowdfunding messa in piedi da veterani della gloriosa Bullfrog per Satellite Reign (PC, 2015) mostrare che il genere, nel mercato attuale, aveva ancora qualcosa da offrire, e non solo ai fan di vecchia data. La scommessa, ripresa oggi dal piccolo team tedesco Mimimi Productions, era che i giocatori cresciuti col culto del “git gud” e del “prepare to die” dei vari Dark Souls avrebbero digerito più facilmente della generazione del disimpegno sparacchino i tempi lunghi e il blefarospasmo da quicksave connaturati al genere, e che magari, una volta snellito nei controlli e nella struttura, il genere poteva persino riuscire a sbarcare su console con qualcosa di più che una versione in sedicesimo come accaduto per Commandos 2.

Scommesse vinte in entrambi i casi, perché Shadow Tactics: Blades of the Shogun, uscito ormai due mesi fa su PS4 in una versione godibilissima, caratterizzata da pochi e sensati adattamenti tra controlli e interfaccia, ha ricevuto un’accoglienza di critica eccellente e pienamente meritata. Meno felici le sorti commerciali del titolo, anche a causa, apparentemente, di una tiratura un po’ troppo prudente, ed è questa la ragione per cui vale la pena spendere qualche riga al riguardo persino in elegante quanto colossale ritardo. Quando su console arrivano titoli come Shadow Tactics o Divinity, o ancora Pillars of Eternity, generi custoditi con una gelosia quasi maniacale dalla parte più talebana dell’utenza PC, piacerebbe che la risposta fosse proporzionata alla qualità dei giochi citati, o quantomeno comparabile ai numeri fatti registrare da SteamSpy, visto che appena qualche anno fa si trattava di una situazione quasi inconcepibile.

Shadow Tactics: Blades of the Shogun

NATALE IN CASA MIMIMI

Con grande gusto per il dettaglio grafico minuto e una notevole abilità di level design, il semisconosciuto sviluppatore tedesco ha messo insieme 13 piccoli, sanguinosi presepi nipponici nei quali va in scena la ribellione di un misterioso signore della guerra contro lo Shogun e la risposta militare di quest’ultimo, portata avanti tra le ombre da un manipolo di cinque lame ben assortite. Come in tutti i presepi che si rispettino, il carattere definito e l’unicità delle figurine sono la chiave per suscitare la curiosità nei visitatori, il posizionamento indovinato negli scenari il requisito fondamentale, e l’equilibrio tra coralità e individualità il viatico per il successo della rappresentazione. I novelli Re Magi, controllati in numero variabile dal giocatore (non accadrà fino a buoni due terzi della storia che si vada oltre i tre membri di prammatica), portano i loro affilati doni qua e là sfruttando le loro abilità (le shuriken di Hayato, i travestimenti di Aiko, le trappole e i richiami di Yuki, la forza e le spade di Mugen, il prezioso archibugio e il procione ammaestrato di Takuma) e tenendo in equilibrio i rispettivi limiti grazie a tanta pianificazione e una buona dose di azione corale.

La fortuna dalle parti di Edo non favorisce gli audaci ma i prudenti, e il quicksave costante non è un basso trucchetto ma la chiave di volta del gioco come dell’intero genere. Peccato, questo sì, che abusandone sia possibile, in modo del tutto incongruo, mettere insieme medaglie pensate per escludersi a vicenda al fine di stimolare la rigiocabilità. Meglio non dare peso ai requisiti di speedrunning di alcune medaglie, che parlano di 10 e 20 minuti a scenario: in alcuni dei livelli più ostici capiterà anche di trattenersi per 2 ore e passa, mettendo uno sull’altro qualcosa come 50-100 quickload, il che, obiettivamente, può risultare estenuante.

STEALTH AND ZEN

Non bisogna pensare, però, che rompere la copertura significhi morte certa. Un gioco stealth ben riuscito dovrebbe sempre poggiare solidamente su due gambe: premiare realmente l’invisibilità e il pensiero creativo ma al tempo stesso concedere una possibilità di uscita dalle brutte situazioni, purché non sia l’abusabilissimo scontro frontale. Il team di sviluppo mostra di condividere quest’idea: fuggire è possibile, anche con penalità relativamente ridotte (le pattuglie aumentano per un breve periodo), e salvo non si cerchi una run da perfezionista per la conquista di una o più medaglie, alcune delle quali sono di una difficoltà francamente delirante, o si stia giocando al massimo della difficoltà, dove la morte è quasi sempre la pena della rottura della copertura, ricaricare per ogni errore non è strettamente necessario. Al contrario, le prime volte è vivamente consigliato godersi l’azione senza troppi pensieri, andare avanti anche in modo “sporco”, perdonando qualche occasionale bug, le prevedibili, ma per fortuna rare stranezze dell’IA nemica, e soprattutto una gestione della telecamera che è il vero, grande nemico da sconfiggere, con la sua incomprensibile incapacità a dirigersi e tenersi sul movimento del personaggio selezionato.

Rilassarsi, per quanto consentito dalla difficoltà generale (discretamente alta anche a livello normale) consentirà anche di prestare attenzione alla deliziosa caratterizzazione dei personaggi, costruita tramite dei dialoghi contestuali sempre indovinati. Livello dopo livello i personaggi acquistano spessore e si svelano nelle loro motivazioni anche solo con due parole, e per quanto la trama non riservi chissà quali sorprese, tenendosi sui binari del tradimento e dell’onore, tutto resta molto piacevole, senza mai perdersi, caso raro, in derive mistiche da anime di serie B. Consigliamo per la massima immedesimazione il doppiaggio nipponico (quello inglese ha delle voci davvero fuori parte) corredato da sottotitoli inglesi, visto che quelli italiani sono caratterizzati da alcuni errori fattuali nei consigli di gioco.

NO SAMURAI WITHOUT “I”

Se la coralità è importante, l’individualità non è affatto bandita: la complessità raggiunta ben presto dai livelli, tutti caratterizzati da sfide specifiche legate all’ambientazione (fango e risaie che amplificano i passi, la notte che modifica la visuale dei nemici, la neve che conserva scomoda e traditrice memoria di ogni movimento) fa sì che quasi tutte le situazioni siano superabili anche con uno solo dei personaggi cardine senza saltare ogni due secondi da uno all’altro, a patto di adattarsi alla situazione. Capire in quale momento sia necessario passare dal “me” al “noi” garantisce una notevole rigiocabilità anche tacendo i diversi modi di concludere le missioni chiave. E se alcune “strettoie” vedono le guardie tenersi reciprocamente al sicuro o con la vicinanza o con la visuale, arrivano in soccorso prima la Modalità Ombra, e in seguito le armi da fuoco donate a ogni personaggio, per fortuna con netti limiti e munizioni limitate, a fare da “apriscatole” per forzare i passaggi più ostici.

Se su queste ultime c’è poco da dire, la prima merita qualche riga di spiegazione, visto che rappresenta l’anima “corale” del gioco, la colla che tiene insieme il presepe. Grazie alla Modalità Ombra è possibile fare agire i vari personaggi in contemporanea designando un’azione, un luogo e una eventuale vittima per ciascuno dei membri del team, creando coreografiche quanto pratiche uccisioni sincronizzate o elaborate “catene di montaggio” dell’omicidio in cui un personaggio distrae, il secondo pugnala, il terzo nasconde il corpo con efficienza, appunto, nipponica. Nel corso delle prime ore di gioco la semplicità d’uso la penalizza, dando l’impressione di una scarsa utilità (non è possibile mettere “in coda” più azioni, per esempio) ma già a metà del gioco ci si rende conto che proprio la sua accessibilità è uno dei passi avanti più concreti per il genere, tanto che nel corso della pianificazione lo sviluppatore non ha nemmeno ritenuto necessario bloccare l’azione, che viene solo rallentata. Una scelta, anche qui, severa ma condivisibile.

Shadow Tactics: Blades of the Shogun
Shadow Tactics: Blades of the Shogun
GIUDIZIO
Mimimi ha riportato sotto i riflettori i tattici in tempo reale con una cura certosina per il dettaglio e un amore per il genere e l'ambientazione che traboccano da ogni schermata. La curva di difficoltà eccellente, per quanto alta, e la possibilità di affrontare ogni sfida in modo diverso, dovrebbero convincere anche i più strenui fautori del disimpegno ludico a dargli una possibilità. Un dovere ancor più sentito per i giocatori monopiattaforma Xbox One o PS4, visto che, sulle console Sony e Microsoft, la sua unicità spicca in modo ancor più netto. Le demo disponibili sugli store digitali contengono i primi due livelli del gioco, che consentono di farsi un'idea di massima dei pregi e difetti del gioco.
GRAFICA
7
SONORO
6
LONGEVITÀ
8
GAMEPLAY
8
PRO
Struttura di gioco solida, profonda e flessibile
Grande cura dei dettagli
Esperienza unica nel panorama attuale
CONTRO
Telecamera spesso imprevedibile
Solo tre slot quicksave per tutto il gioco
Alcune medaglie sono gratuitamente difficili
8
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