Call of Duty: WWII
Versione testata: PS4 Pro

Call of Duty: WWII – Provato il multiplayer all’E3 2017

Lontani dalla folla che ha preso d’assalto il Convention Center di Los Angeles per la prima edizione dell’E3 aperta al pubblico, nelle scorse ore Activision ci ha ospitato nell’area riservata alla stampa per provare il comparto PvP di Call of Duty: WWII, nuovo capitolo della saga bellica in lavorazione presso gli studi Sledgehammer Games. L’atteso ritorno alle origini del franchise passa non solo dall’ambientazione, che è ovviamente la stessa vista nei primissimi capitoli, ma anche dal concept del multiplayer online, che abbandona tutti i fronzoli ultra-tecnologici per concentrarsi su un’esperienza più tradizionale, scandita da un ritmo più realistico e serrato.

La nostra prova di circa trenta minuti ci ha permesso di testare tre delle modalità che saranno incluse nel gioco in uscita a novembre: Team Deathmatch, Domination e la nuovissima War, senza dubbio la più interessante di tutto il pacchetto. Ecco le nostre prime impressioni.

Call of Duty: WWII

RITORNO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE

La prima modalità, che ve lo diciamo a fare, è la classica deathmatch a squadre dove un team di sei giocatori deve vedersela con una squadra di altrettanti elementi. L’occasione è stata buona per adattarsi a un ritmo che per forza di cose non è più quello, frenetico e asfissiante, dei Call of Duty moderni usciti negli ultimi anni. Come dicevamo in apertura, l’azione è molto classica e mancano tutti i fronzoli che avevano reso la saga di Activision decisamente diversa rispetto alle sue origini. Una volta formata la propria squadra dall’inedito campo di battaglia, hub social che strizza l’occhio a Destiny, sarà possibile scegliere una delle nuove Divisioni: si tratta sostanzialmente di classi specializzate in un particolare stile di gioco, che avranno un armamentario specifico con tanto di abilità che poi si potranno potenziare o espandere in base alle proprie performance nel gioco, ottenendo armi affini alla classe ma più potenti. Le Divisioni disponibili nella build provata all’E3 erano Airbone, Armored, Expeditionary, Infantry e Mountain, ciascuna disponibile in almeno una variante diversa con armi o abilità. Nella lobby, in attesa di partire con il match multiplayer, avrete modo di visualizzare armi e abilità in possesso, con un piccolo banco di prova per verificare lo stile di gioco.

La prima partita si è svolta all’interno di una trincea nella mappa chiamata Pointe du Hoc, scenario molto ridotto che rende l’approccio al combattimento piuttosto diretto. Qui abbiamo potuto sperimentare un ritmo molto più ragionato, dato che andare allo sbaraglio senza un po’ di acume tattico corrisponde a morire ripetutamente dopo pochi istanti. Il time-to-kill è sensibilmente differente rispetto ai capitoli recenti di Call of Duty è più simile a ciò che ha caratterizzato il franchise nelle sue prime iterazioni, con armi che risultano ben caratterizzate e diverse tra di loro, sebbene una in particolare abbia catturato la nostra attenzione (e ci abbia spinto a provarla per tentare di contrastare il dominio di alcuni colleghi giornalisti che si divertivano particolarmente a utilizzarla): il fucile della fanteria chiamato M1 Garand, probabilmente la prima arma su cui Sledgehammer dovrà tentare di bilanciare.

L’ESSENZA DELLA GUERRA

La seconda modalità, invece, è la classica Domination, che prevede la presenza di tre aree da conquistare in tre punti differenti della mappa: due perfettamente speculari, e uno posizionato in una zona decentrata ed esterna al combattimento. La mappa su cui abbiamo provato questa modalità era uno scenario innevato nelle foreste delle Ardenne, anch’essa piuttosto piccola in termine di estensione verticale (tanto da permettere di passare dalla zona A a quella C in 15-20 secondi), ma piuttosto estesa sui fianchi e caratterizzata da cunicoli e corridoi che offrono un approccio diverso alla conquista delle zone. Questa richiede la presenza di almeno un giocatore nell’area per un totale di dieci secondi, e nel caso in cui riusciate a conquistare più di una zona in successione, condita magari da qualche uccisione, attiverete una sorta di killstreak che ci permetterà, ad esempio, di richiedere un supporto aereo in grado di bombardare l’area circostante ed effettuare qualche uccisione gratuita.

Prima di congedarci dalla prova, abbiamo avuto la possibilità di testare con mano la nuova modalità War: questa mette due squadre da 6 giocatori ciascuna alle prese con una serie di obiettivi di attacco e difesa. Nello scenario Operation Breakdown, abbiamo iniziato la sfida nei panni della squadra in difesa. L’obiettivo era di difendere il nostro avamposto dall’attacco dei nemici entro un determinato lasso di tempo. In caso affermativo, avremmo portato a casa la vittoria, mentre in caso negativo la squadra avversaria avrebbe proseguito la propria avanzata, costringendoci alla resa. Il tutto avviene in quattro fasi, a patto ovviamente che la squadra di attaccanti riesca a completare gli obiettivi prefissati entro il tempo limite. Inizialmente, non siamo riusciti a impedire che il team nemico invadesse l’avamposto, complice un momento particolare in cui tutti i membri della nostra squadra sono stati messi al tappeto, permettendo a un gruppetto di avversari di posizionarsi all’interno dell’avamposto mentre attendevamo il respawn. Questo aspetto ci ha costretto a ritirarci in una seconda zona (che ha di fatto esteso in modo considerevole la mappa), spostando il conflitto in un’area che prevedeva la difesa di un ponte incompleto, dando agli avversari l’obiettivo di costruirlo per proseguire con l’ascesa. Nel primo match, quello in difesa, siamo riusciti a impedire l’avanzata dei nemici e la costruzione del ponte prima del tempo limite, portando la vittoria a casa e invertendo i ruoli.

Nel ruolo di attaccanti, siamo riusciti a sperimentare tutte le fasi del combattimento: dopo aver conquistato la roccaforte dei nemici e aver costruito il ponte, il terzo obiettivo era quello di scortare un carro armato fino a un punto preciso del campo nemico per poi attaccare gli avversari e costringerli alla resa. È importante sottolineare che, anche in presenza di un blindato all’apparenza invincibile, in questi frangenti è decisamente sconsigliato un approccio eccessivamente spavaldo: la strategia è apparsa fondamentale nell’economia di gioco di WWII e spinge il giocatore a tentare approcci alternativi. Lo testimonia la possibilità, nella terza fase, di costruire barricate che il team di attaccanti potrà fare esplodere con delle cariche esplosive per sorprendere le truppe avversarie, offrendo così un vantaggio e una superiorità numerica notevole, considerando che dopo ogni morte bisognerà attendere un breve tempo di respawn e saremo costretti a ripartire dal punto iniziale della mappa.

Dopo aver completato la sessione, non possiamo che ritenerci soddisfatti dalla nostra prova di Call of Duty: WW2 su PlayStation 4 Pro: la modalità War è senza dubbio la più interessante del pacchetto e può contare su un buon tasso di sfida, impreziosito dalla presenza di obiettivi e un minimo di narrazione che rende l’esperienza intrigante anche per coloro che amano meno gettarsi nella mischia di modalità più ossessive e frenetiche. A livello tecnico, la build provata a Los Angeles era già piuttosto avanzata sotto un profilo prettamente grafico, con una resa finale di buon livello e un frame-rate già ancorato ai canonici 60fps. Nelle prossime ore avremo modo di vedere più da vicino la campagna single-player e vi informeremo su quelle che sono le peculiarità del ritorno alla Seconda Guerra Mondiale a cura di Sledgehammer Games.